Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16450 del 01/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16450 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 4916-2011 proposto da:
INTESA SAN PAOLO S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18 (PALAZZO VALADIER),
presso lo studio dell’avvocato DI GENNARO FRANCESCA e
COSTA MARCELLA, rappresentata e difesa dall’avvocato
2013

RIZZO GAETANO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1698
4

contro

LEPRETTI FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato MASSANO

Data pubblicazione: 01/07/2013

%

MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato INGANGI ALESSANDRA, giusta delega in
atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 5870/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato RIZZO GAETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO / che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

di NAPOLI, depositata il 24/11/2010 R.G.N. 3477/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 24 novembre 2010 la Corte d’appello di Napoli, in
riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 24 ottobre 2006, ha
dichiarato il diritto di Lepretti Francesco, dipendente del Banco di Napoli
s.p.a. isuccessivamente fusa per incorporazione nella San Paolo IMI s.p.a.,

funzionario, geometra capo, grado 7°, con decorrenza dal 5 febbraio 1992,
condannando la convenuta banca al pagamento delle conseguenti
differenze retributive nei limiti della prescrizione quinquennale e, quindi,
dal 6 ottobre 1994. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia
considerando la declaratoria contenuta nell’Ordinamento interno del Banco
di Napoli, vigente all’epoca dei fatti dedotti in giudizio, che prevedeva la
categoria dei geometri e periti agrari contemplando, per quanto rileva ai
fini della controversia, il grado 7°, che prevede genericamente la
collaborazione con i superiori in grado nella esplicazione della speciale
attività, ed il grado 8° che prevede l’esplicazione di compiti impiegatizi di
maggior rilievo inerenti la speciale attività tecnica o agraria ed in
collaborazione o in base a disposizioni o direttive dei superiori svolgente
anche specifiche mansioni dettagliatamente indicate nella norma. La Corte
ha considerato, sulla base della prova testimoniale assunta, che il Lepretti
ha svolto mansioni non limitate a quelle di tipo impiegatizio delineate nella
declaratoria del grado 8°, avendo collaborato strettamente con il suo diretto
superiore, funzionario di grado 6° successivamente passato al 5°, nella
speciale attività tecnica a questi assegnata, anche con compiti di
rappresentanza della Banca in riunioni di condominio.
Intesa San Paolo s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza
affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso il Lepretti.

/(

successivamente Intesa San Paolo s.p.a., al superiore inquadramento come

.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.
La Corte ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta omessa o insufficiente o contraddittoria

falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. e 2103 cod. civ., in relazione
all’art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce l’erroneo
accertamento eseguito dal giudice di appello nella determinazione,
interpretazione ed applicazione della normativa contrattuale applicabile al
rapporto in questione, in particolare non interpretando sistematicamente le
declaratorie del 7° ed 8° grado in particolare sul punto della collaborazione
determinante ai fini del discrimine tra i due gradi.
Con il secondo motivo si assume omessa o insufficiente o contraddittoria
motivazione su un fatto controverso e decisivo implicante violazione e
falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. e 2103 cod. civ., in relazione
all’art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce l’erronea
determinazione della mansioni svolte di fatto dal lavoratore per erronea
interpretazione delle prove testimoniali assunte.
Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2103
cod. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. con riferimento
allo statuito riconoscimento del grado superiore per effetto del suddetto
dedotto errore nella determinazione delle qualifiche o gradi previsti dalla
normativa applicabile al rapporto.
Il primo motivo è infondato. Questa Corte con riferimento a questioni di
inquadramento del personale del Banco di Napoli ha più volte avuto
occasione di affermare che il regolamento per il personale del Banco di
Napoli è atto equiparabile a un contratto collettivo di diritto comune e

motivazione su un fatto controverso e decisivo implicante violazione e

quindi l’interpretazione delle sue clausole è riservata al giudice di merito
quale accertamento di fatto ed è censurabile in sede di legittimità soltanto
sotto il profilo della violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale
e dei vizi di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Nel caso
in esame il ricorrente denuncia la violazione delle regole di ermeneutica

dal giudice dell’appello che ha ben evidenziato la distinzione tra grado 7° e
grado 8° considerando correttamente che il superiore grado è riferito al
personale tecnico mentre l’inferiore al personale esplicante compiti
impiegatizi; tale interpretazione logica non è censurabile in questa sede
stante l’osservanza dei canoni di ermeneutica contrattuale e la congruità e
logicità della relativa motivazione.
Il secondo motivo si riferisce all’accertamento in fatto delle mansioni
svolte dal Lepretti sulla base delle risultanze istruttorie. Tale accertamento
è riservato al giudice del merito il quale ha dettagliatamente considerato le
deposizioni testimoniali non rivisitabili in questa sede.
Il terzo motivo è infondato riferendosi al riconoscimento della superiore
qualifica ed è risultante dei due precedenti motivi.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in €
50,00 per esborsi oltre ad € 3.000,00 per compensi professionali oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 14 maggio 2013.

contrattuale contrapponendo una propria interpretazione a quella adottata

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