Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1645 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2020, (ud. 25/09/2019, dep. 24/01/2020), n.1645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27989-2018 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

80185250588, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 224/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 04/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte di appello di Palermo dichiarava improcedibile l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca avverso la sentenza di primo grado che aveva affermato il diritto di D.M.A. ad essere assunto con contratto a tempo indeterminato nel profilo di Assistente Tecnico, con decorrenza dall’anno scolastico 2008-2009;

la Corte d’appello riteneva fondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso formulata dalla parte appellata in ragione della dedotta inesistenza della notifica a mezzo pec dell’impugnazione, inviata il 24/5/2017 al procuratore costituito in primo grado, non contenente l’atto di appello con il decreto di comparizione;

rilevava la Corte territoriale che la parte appellata aveva prodotto la relazione Pec originale ricevuta, sulla quale era riportato che i documenti allegati al messaggio di spedizione telematica (atto di appello, decreto di fissazione e relata) avevano ciascuno il peso informatico di 1 byte, corrispondente a quello di un documento vuoto e che l’argomento addotto a giustificazione dalla difesa erariale (ipotetico malfunzionamento del sistema) non poteva essere ritenuto idoneo a giustificare la rinnovazione della notifica ex art. 291 c.p.c., stante l’inesistenza (e non la nullità) della medesima, essendo il programma informatico per l’esecuzione della procedura di notificazione telematica dotato di apposita funzione che consente la visualizzazione dell’allegato in formato pdf prima dell’invio, al fine di verificarne l’integrità, così da consentire alla parte diligente di individuare eventuali errori e porvi rimedio, con conseguente imputabilità alla parte appellante dell’omissione di verifica della completezza della procedura e del difetto degli elementi costitutivi essenziali idonei a qualificare l’attività compiuta come di notificazione;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero sulla base di tre motivi;

il D.M. non ha svolto attività difensiva;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo il ricorrente deduce regolarità della notificazione, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 11 febbraio 2015, n. 68 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e rileva, richiamando Cass. 25819 del 31/10/2017 che “giammai… il giudice d’appello avrebbe potuto – a fronte della mera rilevazione della non leggibilità dei documenti allegati alla notifica – dichiarare l’inesistenza della notificazione e, con essa, l’improcedibilità dell’appello”;

con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che, anche in caso di dimostrata sussistenza di una irregolarità o disfunzione nel caricamento dei files allegati al messaggio di notifica spedito, non avrebbe potuto determinarsi una declaratoria di inesistenza della notifica e di improcedibilità del gravame;

i motivi, da esaminare congiuntamente in ragione dell’intima connessione, sono manifestamente infondati, poichè nel caso in disamina non è dedotta una mera difficoltà di lettura degli allegati (riferibile, nel caso esaminato nella sentenza citata in ricorso, a difficoltà del difensore destinatario per malfunzionamento del suo computer) ma la totale mancanza degli stessi, con conseguente inesistenza della notificazione, specificamente con riferimento alla “fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento” (Cass. SU 14916/2016), posto che nessuno degli elementi essenziali dell’impugnazione (atto di appello, decreto di fissazione e relata) è stato trasmesso, con sostanziale omissione della notificazione, meramente tentata ma non compiuta;

con il terzo motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, sotto il profilo del raggiungimento dello scopo, dell’art. 156 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, sostenendo che l’avvenuta costituzione in giudizio di tutti gli appellati aveva sanato l’ipotetica nullità della notificazione;

anche la predetta censura è priva di fondamento, poichè, una volta stabilito che si verte in un’ipotesi di inesistenza della notificazione, per quanto in precedenza argomentato, non può verificarsi alcun raggiungimento dello scopo dell’atto e, conseguentemente, alcuna sanatoria del vizio, come, peraltro, in tutte le ipotesi in cui il medesimo attenga alla editio actionis (Cass. n. 19083 del 18/07/2018);

con l’ultimo motivo parte ricorrente deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 436 c.p.c., rilevando che il collegio non avrebbe dovuto prendere in considerazione la documentazione tardivamente prodotta da controparte in data 20/2/2018, oltre il termine di dieci giorni prima dell’udienza previsto dall’art. 436 c.p.c.;

anche l’ultima censura è manifestamente infondata, essendo la regolarità della notificazione rimessa alla verifica officiosa di cui all’art. 164 c.p.c., comma 2, applicabile anche in appello ai sensi dell’art. 359 c.p.c., con la conseguenza che le contestazioni della predetta regolarità e la produzione dei documenti a sostegno della medesima non devono necessariamente essere sollevate entro il termine previsto per il deposito degli atti ad opera della parte convenuta, non essendo tale attività soggetta a preclusioni;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato, senza provvedimento alcuno in ordine alle spese, in mancanza di svolgimento di attività difensiva ad opera del convenuto;

non ricorrono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis (Cass. n. 1778 del 29/01/2016 “Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo”);

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 24 gennaio 2020

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