Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1645 del 23/01/2018
Civile Sent. Sez. L Num. 1645 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI
SENTENZA
sul ricorso 18571-2012 proposto da:
GUZZO LUCIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
COLA DI RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO ZAZZA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PALMIRO FRANCO TOSINI, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
2017
3867
contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo
Data pubblicazione: 23/01/2018
studio TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa
dall’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, giusta delega in
atti;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 716/2011 della CORTE D’APPELLO
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/10/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per
inammissibilità, in subordine rigetto;
udito l’Avvocato SEBASTIANO CASOLINO per delega
verbale Avvocato ROBERTO ZAZZA;
udito l’Avvocato GUIDO CHIODETTI per delega verbale
Avvocato SALVATORE TRIFIRO’.
di VENEZIA, depositata il 14/02/2012 R.G.N. 202/2008;
RG 18571/2012
FATTI DI CAUSA
Con sentenza 14 febbraio 2012, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello
proposto da Lucio Guzzo avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva
respinto la domanda risarcitoria per danno conseguente da condotte configuranti
In esito ad analitica e argomentata valutazione, anche in via complessiva, dei
singoli episodi denunciati dal lavoratore, la Corte territoriale ne escludeva
l’intento persecutorio datoriale.
Con atto notificato il 26 luglio (6 agosto) 2012 il lavoratore ricorreva per
cassazione con due motivi, cui resisteva la società con controricorso e memoria ai
sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 2043, 2087, 2103, c.c., 151 disp. att. c.c., 3, 24, 32 Cost., per la mancata
riunione al presente di altro giudizio pendente tra le stesse parti (avente ad
oggetto l’accertamento di dequalificazione professionale del lavoratore per effetto
di un provvedimento datoriale di provvisoria applicazione ad altro ufficio,
integrante anche condotta mobbizzante e le conseguenti domande risarcitorie),
preclusiva di una valutazione unitaria della vicenda pregiudicante, in relazione
alla domanda di accertamento di
mobbing in proprio danno, un compiuto
esercizio del diritto di difesa e della garanzia dell’integrità psico-fisica e della
personalità morale nell’ambiente lavorativo e del diritto alla salute.
2. Con il secondo, il ricorrente deduce omessa e insufficiente motivazione su fatti
controversi e decisivi del giudizio, emergenti dalle allegazioni e dalle risultanze
istruttorie non considerati nell’esame disgiunto e parcellizzato dei singoli (nove)
episodi denunciati come persecutori.
3. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,
2087, 2103, c.c., 151 disp. att. c.c., 3, 24, 32 Cost. per la mancata riunione al
presente di altro giudizio pendente tra le stesse parti, è inammissibile.
mobbing della datrice Poste Italiane s.p.a.
RG 18571/2012
3.1. La mancata riunione di cause in materia di lavoro e previdenza non è, infatti,
prevista dalla legge come causa di nullità processuale estesa agli atti successivi,
fino alla sentenza: e pertanto non può essere dedotta come motivo di ricorso per
Cassazione. La relativa facoltà configura comunque un potere discrezionale del
gravosità della riunione, o l’eccessivo ritardo del processo che ne conseguirebbe,
non è censurabile in sede di legittimità (Cass. 11 febbraio 2004, n. 2649; Cass.
23 giugno 2006, n. 14612; Cass. 21 maggio 2009, n. 11847).
Sicchè, sono insindacabili in sede di legittimità i provvedimenti di riunione, in
quanto di natura ordinatoria ovvero dettati da motivi di economia processuale,
essendo strumentali e preparatori rispetto alla futura definizione della
controversia, pertanto rimessi al potere discrezionale del giudice di merito (Cass.
4 ottobre 2004, n. 19840; Cass. 27 maggio 2010, n. 12989; Cass. 18 novembre
2014, n. 24496).
4. Il secondo motivo, relativo a omessa e insufficiente motivazione su fatti
controversi e decisivi del giudizio emergenti da allegazioni e risultanze istruttorie,
è parimenti inammissibile.
4.1. Reputa questa Corte di dover escludere alcuna omissione o insufficienza, ma
neppure contraddittorietà (come denunciato non nella rubrica, ma al primo
capoverso di pg. 45 del ricorso) motivazione. Essa ricorre, infatti, solo quando nel
ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile
una obiettiva deficienza del criterio logico che lo abbia condotto alla formazione
del proprio convincimento, ovvero le ragioni poste a fondamento della decisione
risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non
consentire l’individuazione della
ratio decidendi,
ossia l’identificazione del
procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata (Cass. 6
marzo 2008, n. 6064; Cass. s.u. 21 dicembre 2009, n. 26825).
La Corte territoriale ha anzi diffusamente e criticamente argomentato il proprio
convincimento, in riferimento ad ognuno dei nove episodi denunciati (per le
ragioni esposte dal primo periodo di pg. 4 al terzo capoverso di pg. 14 della
giudice di merito, il cui mancato uso, implicante una valutazione di fatto circa la
RG 18571/2012
sentenza) anche nella valutazione complessiva sollecitata dal lavoratore
appellante (dal quarto capoverso di pg. 14 al primo di pg. 15 della sentenza).
4.2. Sicchè, il mezzo si risolve in una critica del ragionamento decisorio, sotto il
principale profilo valutativo degli elementi probatori acquisiti, ridondante in una
del merito decisorio, non consentita in sede di legittimità (Cass. 16 dicembre
2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694),
a fronte di una motivazione del provvedimento impugnato assolutamente
adeguata per le ragioni dette.
5. Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente l’inammissibilità del
ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso e condanna Lucio Guzzo alla rifusione, in favore
della controricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in C 200,00 per esborsi
e C 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in
misura del 1 5 % e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2017
Il consigli
est.
Il Presidente
sollecitazione alla rivisitazione, in contrapposizione con la ricostruzione giudiziale,