Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16447 del 01/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16447 Anno 2013
Presidente: IANNIELLO ANTONIO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 20852-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1520

ANGELINI MAURIZIO NGLMRZ56R14H501C;
– intimato

Nonché da:

Data pubblicazione: 01/07/2013

ANGELINI MAURIZIO NGLMRZ56R14H501C,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CIPRO 77, presso lo studio
dell’avvocato RUSSILLO GERARDO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controri corrente e ricorrente incidentale –

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585;
– intimata –

avverso la sentenza n. 7498/2008 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/09/2009 R.G.N.
2294/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/04/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito l’Avvocato MARTORANA ANTONINO per delega
RUSSILLO GERARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale, assorbimento
dell’incidentale.

contro

FATTO
Angelini Maurizio, dipendente di Poste Italiane s.p.a. assunto il 1°.12.1984
con inquadramento nella VI categoria e qualifica di perito, conveniva detta
società innanzi al Tribunale di Roma chiedendo che, accertata la illegittimità
del demansionamento da lui subito a decorrere dal 1°.4.1999, l’azienda
venisse condannata a reintegrarlo nelle mansioni espletate fino alla indicata

data o in mansioni equivalenti nonché al risarcimento del danno alla
professionalità, quantificato nelle mensilità maturate dall’aprile 1999 alla
data della assegnazione a mansioni equivalenti. In particolare, esponeva
che fino all’aprile 1999 era stato adibito a mansioni consistenti in interventi
sull’elettronica di controllo e governo di impianti di lettori automatici di
indirizzi, riparazione degli stessi, avviamento dei sistemi di controllo etc.,
mentre, dopo tale data, era stato destinato presso il CMP alla chiusura
sacchi, traino carrelli da un reparto ad un altro, carico e scarico dei carrelli,
ripartizione manuale di lettere e cartoline ed al controllo ed allo
smistamento delle stesse.
L’adito giudice rigettava la domand9 decisione questa riformata dalla
Corte territoriale che, con sentenza del 16 settembre 2009, dichiarava il
diritto dell’appellante all’attribuzione di mansioni equivalenti a quelle proprie
del livello di inquadramento ( Area Operativa ex art. 43 CCNL)
condannando Poste Italiane a risarcire all’Angelini il danno a lui derivato dal
demansionamento, liquidato nella misura pari ad un terzo della retribuzione
di fatto percepita al 30.3.1999 per il numero di mensilità maturate dal
1°.4.99 alla pronunzia.
Ad avviso della Corte dalla espletata istruttoria era emerso che i compiti
assegnati al lavoratore a decorrere dal 1° aprile 1999, per il loro contenuto
puramente esecutivo, non erano riconducibili all’Area Operativa – in cui era
confluita la VI categoria, nella quale il predetto era inquadrato, che
ricomprendeva i lavoratori dotati di maggiori conoscenze professionali e
tecniche e che svolgevano i loro compiti con una certa autonomia e
responsabilità – bensì nella Area di Base perché semplici e manuali, in cui
non vi era spazio alcuno per l’esercizio di quella professionalità tecnica in
precedenza espletatal mansioni inferiori queste che avevano causato un
danno al dipendente, valutato equitativamente nella misura sopra indicata.
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Per la cassazione della sentenza propone ricorso Poste Italiane s.p.a.
affidato a sette motivi.
L’ Angelini resiste con controricorso e propone ricorso incidentale fondato su
un motivo, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..
DIRITTO
Preliminarmente, i ricorsi, principale ed incidentale, vanno riuniti perché
proposti avverso la medesima sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce omessa motivazione per

non avere la Corte di merito valutato la deposizione del teste Carlo Clina
che, invece, aveva descritto i compiti svolti dall’Angelini dall’aprile 1999
(addetto alla sezione meccanizzata del CMP con mansioni di caposquadra
con il coordinamento di una decina di operatori i quali controllavano le
macchine smistatrici e caricavano e scaricavano la posta dalle macchine,
nonché al controllo di qualità della macchina) ben diversi da quelli descritti in
sentenza ( traino carrelli e ripartizione manuale della posta).
Con il secondo motivo viene dedotta erronea motivazione per aver il
giudice del gravame ritenuto non contestata da parte di Poste Italiane la
circostanza che il lavoratore, dopo l’aprile 1999, era stato addetto alla
chiusura dei sacchi, traino carrelli e carico e scarico dei sacchi dai carrelli
laddove, invece, nella memoria di risposta innanzi al primo giudice era stato
specificamente eccepito che all’Angelini erano stati affidati compiti di
caposquadra.
Con il terzo motivo si denuncia omessa motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio nella parte in cui era stato affermato che
le mansioni affidate al dipendente, per il loro contenuto meramente
esecutivo, erano inquadrabili nell’Area di Base, omettendo completamente di
raffrontarle con le declaratori 4 contrattuali, neppure riportate.
Con il quarto motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt.
2103 e 1362 c.c. anche con riferimento agli artt. 37, 41, 43, 46, 47 e 53 ed
all’Accordo integrativo del 23.5.95 al CCNL Poste.
In particolare, si assume che il giudice del merito non aveva tenuto conto
delle disposizioni contrattuali sopra indicate laddove aveva affermato che il
prowedimento di assegnazione dell’Angelini alle nuove mansioni doveva
ritenersi demansionante. Ed infatti dette norme contrattuali avevano previsto
la fungibilità tra settori operativi, la individuazione di “filoni operativi
omogenei” e la possibilità per il personale del filone “tecnico” di essere
adibito al filone “gestionale”. Peraltro, la ricorrente ha evidenziato che
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numerose pronunce di questa Corte avevano considerato il nuovo sistema di
classificazione previsto dalla richiamata contrattazione collettiva in linea con
il principio di tutela della professionalità del lavoratore contenuto nell’art.
2103 c.c.
Con il quinto motivo si denuncia omessa motivazione su un fatto
controverso e decisivo per il giudizio non essendo stato considerato che le
mansioni in precedenza svolte dall’Angelini, all’esito della ristrutturazione
aziendale, erano state soppresse a seguito dell’affidamento ad imprese

esterne della manutenzione degli impianti, come specificamente evidenziato
sin nella memoria di costituzione innanzi al Tribunale. Viene sottolineata la
decisìvità di tale circostanza in quanto, proprio in casi analoghi a quello in
esame in cui vi era stata una soppressione delle mansioni dovuta alla
esternalizzazione del servizio degli impianti di corrispondenza, questa Corte
aveva ritenuto che l’adibizione del lavoratore a mansioni diverse, anche
inferiori a quelle precedentemente svolte, restando immutato il livello
retributivo, non si poneva in contrasto con il dettato codicistico se essa
rappresentava l’unica alternativa praticabile in luogo del licenziamento per
giustificato motivo oggettivo (vengono richiamate Cass. n. 6971/2009 e
Cass. n. 8596 del 05/04/2007).
Con il sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697
c.c. in riferimento al risarcimento del danno avendo il giudice del gravame
riconosciuto sussistente il danno liquidandolo equitativamente pur ” in
mancanza di allegazioni e di prova puntuali e specifiche in merito all’entità
del danno subito” e ritenendolo, quindi, erroneamente sussistente “in re
ipsa”.
Con il settimo motivo la censura di cui al motivo che precede viene dedotta
anche sotto il profilo di omessa motivazione sulla necessità per il lavoratore
di provare il danno subito evidenziata dalla società sin dalla costituzione nel
giudizio di primo grado.
Orbene, osserva il Collegio che il primo motivo è inammissibile risolvendosi
in una critica all’apprezzamento del fatto compiuto dal giudice di appello, non
reiterabile in sede di legittimità, dove è esclusivamente consentito il controllo
dell’iter logico mediante il quale il giudice è pervenuto alla propria decisione,
censurabile solo se il ragionamento si rilevi incompleto, incoerente o illogico
e non anche quando – come nella specie – il giudice abbia, con motivazione
congrua, semplicemente attribuito agli elementi vagliati un valore ed un
3

significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni della parte (cfr. Cass
6288 del 18/03/2011; Cass.nn. 10657/2010, 9908/2010, 27162/2009,
13157/2009, 6694/2009, 18885/2008, 6064/2008).
Ed infatti, la Corte di merito ha vagliato le deposizioni dei testi escussi,
dando rilevanza, con giudizio insindacabile in questa sede, prevalenza ad
alcune ( quelle dei testi Bucci e Brandi) rispetto ad altre ( teste Clima) e,
peraltro, dando anche atto che l’Angelini aveva svolto, per un periodo,t4tAAQA >0)
ricorrente del tutto pretermessa nella valutazione delle risultanze istruttorie appare rivestire il carattere della decisività visto che il demansionamento è
stato ritenuto sussistente avuto riguardo al complesso delle attività svolte dal
dipendente, di carattere manuale, e non solo con riferimento al fatto che lo
stesso svolgesse attività di chiusura sacchi e carico e scarico dei carrelli.
Infondato è il secondo motivo.
Sulla circostanza che si assume essere stata considerata erroneamente
pacifica dalla Corte di appello, comunque, è stata ammessa ed espletata la
prova testimoniale sulle cui risultanze, come esposto, si è, poi, fondata
l’impugnata decisione.
Del pari destituito di fondamento è il terzo motivo.
Si rileva che il giudice non è tenuto, in sentenza, a riportare integralmente il

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contenuto delle declaratorie di riferimento, essendo sufficiente, come ha
correttamente fatto la Corte di merito, valutare se le mansioni in concreto
svolte presentino o meno gli elementi propri qualifica rivestita o, piuttosto,
siano riferibili ad una qualifica inferiore. Nel caso in esame l’impugnata
decisione ha evidenziato che i nuovi compiti assegnati all’Angelini erano
semplici e manuali mentre le precedenti, secondo la declaratoria,
implicavano maggiori conoscenze professionali e tecniche oltre che una
certa autonomia e responsabilità.
Infondato è anche il quarto motivo. Invero, nel caso de quo la
dequalificazione non è avvenuta nell’ambito della medesima area ma ha
determinato l’assegnazione di mansioni proprie di un’Area inferiore mentre
tutto l’argomentare del motivo concerne il mutamento di mansioni all’interno
della medesima area e le decisioni di questa Corte richiamate a sostegno
dell’assunto non sono riferibili alla fattispecie in esame ( più specificamente:
Cass. SU. 24 novembre 2006 n. 25033 e Cass. 23 marzo 2009 n 6971
concernono casi di mobilità orizzontale, mentre Cass. 5 aprile 2007 n. 8596
4

mansioni di capo-squadra. Né la testimonianza del Clima – nell’assunto della

riguarda un demansionamento ma fa riferimento ai principi affermati dalle
sezioni unite in materia di mobilità orizzontale) .
Parimenti infondato è il quinto motivo.
La ricorrente, dopo aver riportato una serie di principi giurisprudenziali,
omette di indicare se e dove abbia allegato, prima ancora di provare, la
circostanza che non vi fosse la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni
equivalente e che, dunque, il demansionamento si presentava come l’unica
alternativa alla perdita del posto di lavoro. E, comunque, i precedenti

richiamati concernono tutti casi di demansionamento lamentato nell’ambito
della medesima Area (e, quindi, in ipotesi di mobilità orizzontale).
Infine, anche il sesto e settimo motivo, da trattare congiuntamente in quanto
tra loro connessi, sono infondati.
Questa Corte, in riferimento ad una fattispecie simile alla presente, ha
evidenziato che, con valutazione di merito non censurabile in questa sede, il
giudice del merito può considerare una serie di elementi da cui dedurre
presuntivamente la esistenza di un danno risarcibile. E tali elementi sono
stati valutati nella sentenza impugnata, quali: la concreta incidenza sul
patrimonio professionale acquisito dall’Angelini nell’arco temporale – (
quindici anni ) in cui era stato adibito ad interventi tecnici di riparazione ed
assistenza sugli impianti – dall’essere stato, poi, destinato all’espletamento di
mansioni meramente manuali; l’essergli stata così impedita la possibilità di
un apprendimento professionale relegandolo in un un’area diversa e di
minore impegno qualitativo.
La Corte di appello, quindi, ha correttamente desunto l’esistenza del danno
in base ad una valutazione presuntiva, riferendosi alle circostanze concrete
della operata dequalificazione; e ciò è conforme al principio enunciato da
questa Corte secondo cui il danno conseguente al demansionamento va
dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento,
assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla
complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata,
gravità, frustrazione professionale) si possa, attraverso un prudente
apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all’esistenza del
danno, facendo ricorso, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., a quelle nozioni generali
derivanti dall’esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e
nella valutazione delle prove (cfr. Cass., sez. un. n. 6572 del 2006; Cass. n.
29832 del 2008; n. 28274 del 2008; Sez. un. n. 4063 del 2010).
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Passando, quindi, all’esame del ricorso incidentale con l’unico motivo si
deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto e accordi collettivi
nazionali di lavoro avendo la Corte di merito, nello statuire in ordine alla
conseguenze del demansionamento e nell’affermare il diritto dell’Angelini
all’attribuzione delle mansioni equivalenti a quelle proprie del livello di
inquadramento ( Area Operativa ex art. 43 CCNL), violato l’art. 2103 c.c. . Ed
infatti, essendo confluite nell’Area Operativa le categorie IV, V e VI della
precedente classificazione, l’aver disposto l’attribuzione di mansioni proprie

della detta Area Operativa non valeva a individuare l’effettivo grado di
professionalità delle mansioni espletate dall’Angelini prima del
demansionamento ‘corrispondenti, invece, all’inquadramento iniziale nella VI
categoria. E, dunque, doveva essere disposta espressamente l’attribuzione
delle mansioni equivalenti a quelle svolte fino all’aprile 1999.
Il motivo è infondato.
Correttamente la Corte di appello ha dichiarato il diritto dell’Angelini
all’attribuzione di mansioni equivalenti a quelle proprie del livello di
inquadramento, con riferimento alla Area Operativa, ciò anche con
riferimento a quanto affermato da questa Corte in tema di mobilità
orizzontale, proprio riguardo a Poste Italiane s.p.a., secondo cui la
contrattazione collettiva, muovendosi nell’ambito, e nel rispetto, della
prescrizione posta dal primo comma dell’art. 2103 cod.civ. – che fa divieto di
un’indiscriminata fungibilità di mansioni che esprimano in concreto una
diversa professionalità, pur confluendo nella medesima declaratoria
contrattuale ed essendo riconducibili alla matrice comune che connota la
declaratoria contrattuale – è autorizzata a porre meccanismi convenzionali di
mobilità orizzontale prevedendo, con apposita clausola, la fungibilità
funzionale tra le mansioni per sopperire a contingenti esigenze aziendali
ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti
i lavoratori inquadrati in quella qualifica, senza incorrere nella sanzione della
nullità comminata dal secondo comma del citato art. 2103 cod.civ. (Cass.
Sez un. n. 25033 del 24/11/2006).
Da quanto esposto discende il rigetto del ricorso principale e di quello
incidentale.
Le spese del presente giudizio stante la reciproca soccombenza vanno
interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
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La Corte, riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi; compensa tra le parti le spese
del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, 24 aprile 2013
Il

• sident

Il Consigliere est.

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