Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16445 del 13/07/2010

Cassazione civile sez. I, 13/07/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 13/07/2010), n.16445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28272/2008 proposto da:

M.G. (c.f. (OMISSIS)), M.R.

M. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE G. MAZZINI 6, presso l’avvocato VITALE Elio, che li rappresenta

e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il

05/10/2007; N. 651/06 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/06/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso alla Corte d’Appello di Perugia, G., R.M. e M.G.M. hanno proposto nei confronti del Ministero della Giustizia ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione del danno patrimoniale e non patrimoniale sofferto in conseguenza della irragionevole durata dell’esecuzione di un provvedimento di sfratto dal 1986 (data del primo accesso dell’Ufficiale Giudiziario di Roma) al 20.9.2006 (data questa fissata per l’ultimo accesso di programma).

Nel gennaio 2003 i ricorrenti avevano proposto altro ricorso alla medesima Corte d’Appello per ottenere il risarcimento del danno subito per l’irragionevole durata del procedimento di sfratto. Detta Corte con decreto del 26.4.2004 aveva loro riconosciuto il risarcimento del danno morale e patrimoniale.

Siccome il procedimento esecutivo era proceduto inutilmente, i ricorrenti chiedevano alla Corte d’Appello, con il nuovo ricorso, il risarcimento dei danni subiti dal luglio 2002.

Con decreto del 23.4.2007 la Corte d’Appello di Perugia condannava il Ministero della Giustizia al pagamento, a favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma di Euro 3.000,00 (tremila), oltre interessi legali dal dì della domanda a quello del saldo.

A sostegno della decisione la Corte osservava che dopo il precedente ricorso la violazione del termine ragionevole di durata si era protratta per oltre tre anni e mezzo, giungendo così alla durata complessiva di circa 20 anni; che alla stregua della giurisprudenza della CEDU il danno patrimoniale – costituito secondo i ricorrenti dalla differenza tra la somma pagata dal conduttore nel periodo in cui aveva resistito allo sfratto e quanto i ricorrenti avrebbero potuto ricevere nel caso di nuova locazione – avrebbe dovuto essere richiesto al conduttore, essendo questo inadempiente all’obbligo di rilascio dell’immobile, e non allo Stato; che per detta ulteriore durata irragionevole dello sfratto poteva essere riconosciuto invece il danno morale, liquidato nella somma summenzionata in considerazione dei parametri CEDU. Avverso detto decreto M.G. e M.R.M. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

Il Ministero della Giustizia non ha spiegato difese.

Denunciano i ricorrenti con l’unico motivo la violazione e/o falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni ed integrazioni e dell’art. 1 del Protocollo n. 1 e dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per avere la Corte di merito respinto la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, sostenendo che i locatori avrebbero potuto adire la giurisdizione civile ai sensi dell’art. 1591 c.c., essendo il danno riconducibile ad un comportamento illegittimo del conduttore, che, indipendentemente dalla cooperazione dello Stato nella messa in esecuzione della decisione giudiziaria, avrebbe dovuto restituire l’immobile al proprietario.

Il ricorso è infondato.

Questa Suprema Corte ha già avuto occasione di esaminare la medesima questione oggetto del presente ricorso ed al riguardo ha affermato che, ai fini del diritto ad un’equa riparazione ai sensi della L. 24 maggio 2001, n. 89, il giudice, nell’accertare la durata del procedimento onde verificarne la ragionevolezza, deve considerare anche il ritardo conseguente alla (doverosa) applicazione di atti legislativi (o normativi in genere), e ciò non già per sindacare tali atti, ma per apprezzare se la durata del singolo procedimento, come conformato in base a quegli atti, si riveli in concreto compatibile con il precetto di cui alla citata L. n. 89 del 2001, art. 2 e, tramite questo, con il precetto di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU. Tuttavia, qualora il giudice accerti che la durata di un procedimento di rilascio coattivo di immobile da finita locazione ad uso abitativo, come conformato in base a quegli atti, sia in concreto incompatibile con il precetto di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, il danno patrimoniale subito dal locatore non può essere individuato nella perdita, correlata alla temporanea indisponibilità dell’immobile locato ad uso abitativo, dei vantaggi economici tratti dal suo valore locativo al canone di mercato rispetto alla minore misura del corrispettivo dovuto sino al rilascio dal conduttore, in quanto tale pregiudizio non trova diretta causa nella durata del processo, bensì nella violazione da parte del medesimo conduttore dell’obbligo di restituzione del bene alla scadenza della locazione abitativa, sanzionata dall’art. 1591 cod. civ., e nei riflessi negativi conseguenti alla emanazione dei provvedimenti legislativi di sospensione degli sfratti o di devoluzione all’autorità amministrativa della graduazione dell’assistenza della forza pubblica (cfr. in tal senso Cass. n. 2250 del 2007).

Tale orientamento giurisprudenziale merita di essere condiviso, non ravvisando il Collegio nè essendo state indicate dai ricorrenti plausibili ragioni per discostarsene.

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto. Non v’è materia per una pronuncia sulle spese, non essendosi controparte difesa in questa fase del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2010

 

 

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