Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16443 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 30/03/2016, dep. 05/08/2016), n.16443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21788-2009 proposto da:

VIP SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA GAVINANA 2, presso lo studio

dell’avvocato MAURIZIO OLIVA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DOMENICO POTENZA giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AMMINISTRAZIONE ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 86/2008 della COMM.TRIB.REG. di POTENZA,

depositata il 07/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto del 27 giugno 2003 VIP srl impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva accertato per l’anno 1998 un maggior reddito d’impresa, sulla base di gravi incongruenze fra i ricavi dichiarati e le condizioni di esercizio dell’attività, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette. La CTP di Potenza accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo al 50% la percentuale di ricarico accertata. La CTR della Basilicata, con sentenza n. 86/3/08 dep. 7.7.2008, ha confermato la decisione impugnata, ritenendo congrua la percentuale di ricarico determinata dai primi giudici.

Vip srl impugna con quattro motivi la indicata sentenza, Si costituisce con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso VIP srl deduce violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), art. 2729 c.c., D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies) contestando la mancata applicazione della percentuale di ricarico ponderata e la determinazione del ricarico basata su presunzioni. A conclusione del motivo propone il seguente quesito di diritto, chiedendo che la Corte dica: “se l’amministrazione finanziaria possa rettificare la dichiarazione dei redditi del contribuente fondando il proprio accertamento soltanto su percentuali di ricarico non supportate da circostanze gravi, precise e concordanti”.

2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 lett. d), art. 2729 c.c., D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies), per illegittimità dell’accertamento, in presenza di contabilità regolare. A conclusione del motivo si chiede che la Corte dica: “se in presenza di contabilità regolarmente tenuta, l’amministrazione possa procedere.. ad accertamento induttivo, solo in presenza di una contabilità considerata inattendibile sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, da indicare esplicitamente nell’atto impositivo”.

3. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono entrambi inammissibili, per inidoneità dei quesiti di diritto (ex art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis in relazione alla suindicata data di deposito della sentenza), posti a corredo di essi.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questo giudice di legittimità, infatti, l’art. 366 bis c.p.c. richiede, quanto alle censure di violazione di legge, che il quesito di diritto sia formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata, al fine, quindi, del miglior esercizio della funzione nomofilattica. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesiti, come quelli su riportati, la cui formulazione si rivela inidonea a chiarire quale siano gli errori di diritto asseritamente compiuti dal giudice di merito e quale la regola da applicare, in relazione alla concreta fattispecie (per tutte, Cass., sez. un., n. 26020 del 2008 e n. 19444 del 2009).

4. Col terzo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e omessa pronuncia sulla eccepita nullità della verifica fiscale (come da atto del Garante del contribuente in Basilicata). Il motivo non è concluso dal prescritto quesito di diritto, limitandosi la contribuente a rilevare la mancata disamina da parte della CTR “della sussistenza in concreto delle presunzioni gravi precise e concordanti”, avendo essa ritenuto corretta “la pronunzia di primo grado in ordine all’insussistenza dei vizi dell’accertamento impugnato”.

5. Il motivo è conseguentemente inammissibile, non essendo concluso dalla formulazione di un quesito di diritto idoneo, tale cioè da integrare il punto di congiunzione tra l’enunciazione del principio giuridico generale richiamato e la soluzione del caso specifico, necessario anche quando un error in procedendo sia dedotto in rapporto alla affermata violazione dell’art. 112 c.p.c. (ex multis Cass. n. 10758 del 08/05/2013).

6. Col quarto motivo si lamenta insufficiente motivazione sulle modalità di calcolo della percentuale di ricarico applicata, quale fatto controverso e decisivo.

7. Anche questo motivo è inammissibile, non essendo concluso dal momento di sintesi (prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale), che consenta di identificare dalla sua sola lettura il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria o insufficiente la motivazione, e le ragioni per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione (cfr. fra le altre Cass. n. 30707/2011; n. 4311/08, n. 4309/08, n. 20603/07, n. 16002/07).

8. Il ricorso è pertanto inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente società al pagamento delle spese, liquidate in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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