Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16436 del 27/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/07/2011, (ud. 31/05/2011, dep. 27/07/2011), n.16436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

già (ALLIEDSIGNAL AUTOMOTIVE ITALIA SPA) HONEYWELL AFTERMARKET

EUROPE S.P.A. in persona del procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio

dell’avvocato BOZZI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato COLAVOLPE RENATO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 122/2000 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 16/05/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/05/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di verifica fiscale effettuata in data 17.1.1994 veniva elevato a carico della s.p.a. Alliedsignal Automotive Italia, in qualità di incorporante della Benevix Ricambi, processo verbale di contestazione relativamente agli anni 1992 e 1993, avente ad oggetto tra l’altro l’omessa regolarizzazione di prestazioni di servivi ricevuti da soggetto estero, con evasione IVA per L. 21.333.000, onde la notifica alla contribuente di avviso di rettifica per il recupero dell’Iva e le conseguenti sanzioni.

Avverso tale atto proponeva ricorso la società ritenendo infondata la pretesa in virtù del principio di territorialità dell’imposta, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 7 e comunque invocando il più favorevole regime sanzionatorio previsto con il D.Lgs. n. 471 del 1997.

Il Giudice adito rigettava il ricorso, la società proponeva gravame e la C.T.R. della Lombardia, con sentenza n. 122/62/00 depositata il 16.5.2000 e non notificata, in accoglimento dell’appello annullava l’atto impugnato ritenendo che il rilievo in questione scaturisse dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 3 “e dalla conseguente contestazione, in capo al cessionario, della sanzione prevista dall’art. 41, comma 4, nel testo allora vigente, all’epoca dell’infrazione”, onde, attesa la natura sanzionatoria dell’imposta da quest’ultima norma prevista, l’applicazione della nuova disciplina di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997 e la non debenza dell’imposta.

Per la cassazione della sentenza di appello proponevano ricorso il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando un unico complesso motivo, all’accoglimento del quale si opponeva la società con controricorso, e successiva memoria aggiunta.

La discussione del ricorso, fissata inizialmente per il 13.12.2006, e successivamente per il 28.4.2010 veniva in entrambe le occasioni seguita da rinvio della causa a nuovo ruolo, prima in attesa della decisione della Corte di Giustizia sulla questione relativa alla qualità di debitore d’imposta del cessionario non nazionale (soggetto IVA), e poi in attesa della decisione delle Sezioni Unite della Corte sulla diversa questione relativa alla natura sanzionatoria o meno dell’obbligo di pagamento dell’IVA da parte del beneficiario del servizio, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41.

Intervenute entrambe e decisioni di cui innanzi, all’udienza del 31 maggio 2011 la Corte decideva come da dispositivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico complesso motivo articolato deducono i ricorrenti i vizi di violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 3, motivazione contraddittoria della sentenza e violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, lamentando in particolare che l’obbligo di pagamento dell’Iva sussisterebbe nella fattispecie ex art. 7, comma 3, lett. d), e sarebbe a carico del beneficiario de servizio, ex art. 17, comma 3 cit. onde l’irrilevanza sotto tale profilo dell’abrogazione della sanzione prevista dall’art. 41 del citato D.P.R..

li ricorso è fondato, ricorrendo nella fattispecie le violazioni di legge denunciate.

E’ pacifico tra le parti che si discute di prestazioni di servizi (marketing) svolte da personale delle Benevix Europe Aftermarket, società francese senza stabile organizzazione in Italia, in favore della Benevix Ricambi, che i ricorrenti lamentano non aver costituito oggetto di autofatturazione da parte della società beneficiaria del servizio.

La contribuente invoca al riguardo il principio di territorialità dell’imposta e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7 concludendo che non vi sarebbe stato obbligo di pagamento dell’imposta trattandosi di servizi resi da società francese.

In proposito osserva la Corte che l’art. 7, comma 3 citato effettivamente prevede per la prestazione di servizi che essa si considera effettuata in Italia, ed è quindi soggetta a Iva, solo quando sia resa da “soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, nonchè quando sono rese da stabili organizzazioni in Italia di soggetto domiciliati e residenti all’estero …”; ipotesi queste che non si realizzano nel caso in esame.

E però il successivo comma 4, lett. d) espressamente prevede che, in deroga a quanto innanzi, “le prestazioni pubblicitarie, di consulenza e assistenza tecnica … si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso …”, ed è questo il caso che ricorre nel caso di specie, così che le operazioni di consulenza della quali ha beneficiato la Benevix Ricambi s.p.a. dovevano ritenersi soggette a IVA. Nè nella risoluzione della controversia può a questo punto trovare ingresso la problematica esposta nella memoria di discussione depositata dalla contribuente, in ordine alla natura dei servizi di cui si discute, in quanto nuova perchè, a quel che risulta, proposta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità.

Passando quindi all’individuazione del soggetto passivo dell’imposta, posto che i servizi in questione risultano prestati da soggetto residente all’estero, esso va individuato D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 17, comma 3, nel soggetto che ha utilizzato i servizi, e quindi nella Benevix, soggetto pertanto tenuto al pagamento dell’imposta in forza della citata norma, e delle sanzioni conseguenti all’accertata evasione a norma dell’art. 41, comma 1, che nel testo vigente all’epoca dell’irregolarità prevedeva il pagamento di una somma pari da 2 a 4 volte l’imposta evasa.

Nella controversia in esame ha dunque errato il giudice di merito nel ritenere applicabile l’art. 41, comma 4, che sanziona la diversa ipotesi del cessionario o beneficiario del servizio che non abbia regolarizzato l’operazione, in presenza di un obbligo di fatturazione della controparte che nel caso di specie, invece, per quanto innanzi osservato non sussisteva, ed ancor più ha errato nell’escludere il debito d’imposta in capo alla contribuente, in quanto discendente dall’art. 17, comma 3, come tra l’altro dalla stessa CTR esposto in sentenza. L’errore del giudice, in particolare, è consistito nel non rilevare che soggetto passivo dell’imposta doveva comunque ritenersi la beneficiaria delle prestazioni, la cui condotta evasiva, conseguentemente, risultava sanzionabile D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 41, comma 1 e non ai sensi del comma 4, come affermato dal giudice del gravame.

Nessun rilievo assume, infine, nella controversia la problematica relativa alla detraibilità dell’imposta, sulla quale diffusamente si sofferma la difesa della contribuente nella memoria depositata, in quanto estranea al thema decidendum.

In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve dunque essere cassata, con successiva rimessione della controversia al giudice di merito che deciderà in proposito adeguandosi ai principi di diritto innanzi esposti, riconoscendo la legittimità dell’avviso di rettifica nei limiti dell’imposta liquidata (oltre interessi) e delle sanzioni conseguenti, da determinarsi eventualmente in virtù del regime più favorevole di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, D.Lgs. n. 472 del 1997 e D.Lgs. 473 del 1997, invocato dalla debitrice, avuto anche riguardo alle altre irregolarità accertate.

La regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità va anch’essa opportunamente riservata al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della C.T.R. della Lombardia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2011

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