Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16436 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 04/02/2016, dep. 05/08/2016), n.16436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14542-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.I., EQUITALIA NOMOS SPA;

– intimati –

Nonchè da:

A.I., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE MAZZINI 114-B,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO MELUCCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MICHELE ATTANASIO giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, EQUITALIA NOMOS SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 31/2009 della COMM.TRIB.REG. del Veneto,

depositata il 20/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per il controricorrente l’Avvocato ATTANASIO che si riporta

agli scritti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Commissione tributaria regionale del Veneto con sentenza n. 31 del 14 gennaio 2009, non notificata, rigettava l’appello principale e quello incidentale proposti rispettivamente dall’Agenzia delle entrate e dalla contribuente A.I., quale socia della Azzurra s.n.c. di A.G. & C., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Treviso n. 197/03/2006, sostenendo, quanto all’appello proposto dall’Ufficio, che il diritto dell’Erario alla riscossione delle sanzioni amministrative inflitte alla predetta società per omesso versamento dell’IVA risultante dalle dichiarazioni relative agli anni 1988 e 1989, alla data del 2 dicembre 2005, di notifica delle cartelle esattoriali, era prescritto per essere decorso il termine prescrizionale quinquennale decorrente dal giorno della commissione dell’illecito, previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 75, e dalla L. n. 4 del 1929, applicabili ratione temporis; quanto all’appello incidentale, proposto dalla contribuente con riferimento al rigetto della domanda di condanna dell’Ufficio al risarcimento dei danni per lite temeraria, che la complessità della questione ed un orientamento giurisprudenziale in materia non del tutto pacifico, giustificasse la compensazione delle spese processuali.

Avverso detta statuizione propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, deducendo un unico motivo, cui replica la contribuente con controricorso e ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi. Non spiega difese la società concessionaria per la riscossione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ opportuno premettere in fatto che:

– alla Azzurra s.n.c. di A.G. & C. vennero notificati due avvisi di accertamento rispettivamente in data 19 giugno 1991 e 5 marzo 1992;

– entrambi gli avvisi vennero impugnati dinanzi alla CTP di Treviso che con ordinanza del 2 aprile 1998 dichiarò l’interruzione del processo per intervenuta dichiarazione di fallimento della società;

– con successivo decreto presidenziale del 26 maggio 1999 venne dichiarata l’estinzione del giudizio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43, per mancata riassunzione del processo;

– in data 2 dicembre 2005 il concessionario del servizio di riscossione notificò alla ricorrente due cartelle di pagamento emesse a seguito di iscrizione a ruolo delle somme dovute in forza dei due predetti avvisi di accertamento, divenuti oramai definitivi.

2. Questi i fatti pacifici tra le parti, l’Agenzia delle entrate impugna la sentenza della Commissione tributaria regionale veneta per violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 58 e 61, alla L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 17, agli artt. 1310, 2935 e 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice d’appello erroneamente ritenuto applicabile, in tema di riscossione delle sanzioni amministrative, il termine di prescrizione speciale quinquennale di cui alla L. n. 4 del 1929, art. 17, in luogo di quello ordinario decennale previsto dall’art. 2946 c.c..

Sostiene l’Agenzia ricorrente che nell’ipotesi di estinzione del giudizio di impugnazione del provvedimento irrogativo di sanzioni amministrative, il termine prescrizionale, interrotto dalla notifica del ricorso introduttivo, ricomincia a decorrere dalla data di deposito del provvedimento che dichiara l’estinzione in quanto fino a quella data sarebbe preclusa all’Erario l’attività di riscossione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 61 vigente ratione temporis. Sostiene, inoltre, che il termine prescrizionale è quello decennale previsto dall’art. 2946 c.c., e non quello quinquennale di cui alla L. n. 4 del 1929, art. 17 sia perchè tale disposizione, facendo riferimento esclusivamente all’accertamento delle violazioni in via amministrativa, non è applicabile estensivamente alla successiva fase della riscossione delle sanzioni, sia perchè la norma deve ritenersi implicitamente abrogata per incompatibilità con il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58, che ha introdotto un espresso termine di decadenza per l’accertamento delle violazioni in materia di IVA.

3. Il motivo è infondato.

3.1. Questa Corte, esaminando un caso di estinzione del processo per omessa riassunzione della causa avanti al giudice di rinvii ha affermato il condivisibile principio che “nel giudizio tributario, l’omessa riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio determina l’estinzione del processo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, comma 2, e la definitività dell’avviso di accertamento impugnato, sicchè il termine di prescrizione della pretesa tributaria, necessariamente incorporata nell’atto impositivo, decorre dalla data di scadenza del termine utile per la non attuata riassunzione, momento dal quale l’Amministrazione finanziaria può attivare la procedura di riscossione”, a prescindere dalla previsione di cui all’art. 2945 c.c., comma 3 (cfr. Cass., sez. 5, sent. n. 556 del 15/01/2016).

Tale principio può essere senz’altro applicato al caso in esame essendo del tutto analoghi gli effetti. Infatti, come nel caso scrutinato nella sopra citata pronuncia, l’omessa ripresa (per usare la terminologia del Legislatore) del processo interrotto nel termine di sei mesi dalla dichiarazione di interruzione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43, comma 2, comporta l’estinzione del giudizio e la conseguente definitività dell’atto impositivo impugnato (e della pretesa tributaria in esso incorporata), che non è un atto processuale, ma l’oggetto del giudizio (cfr. Cass. n. 556/16, che richiama 21143/15, 16689/13, 5044/12, 3040/08). Definitività che anche nel caso in esame deve ritenersi essersi verificata alla data di scadenza del termine utile per la presentazione dell’istanza di trattazione, che è momento dal quale “l’Amministrazione finanziaria, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68 e D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 14 e 15, può far valere in modo definitivo e compiuto il proprio credito, attivando la relativa procedura di riscossione” (cfr. Cass. n. 556/16 citata).

Considerato, pertanto, che il termine semestrale D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 43, comma 2, decorrente dal 2 aprile 1998, di pronuncia del provvedimento di interruzione del processo, scadeva (computando anche il periodo di sospensione feriale dei termini) il 14 novembre 1998, è in questa data che i due avvisi di accertamento sono divenuti definitivi ed è da questa data che deve calcolarsi il termine prescrizionale per l’esercizio da parte dell’Erario della pretesa tributaria incorporati in detti atti.

3.2. La questione, allora, si sposta sul piano del termine prescrizionale, non essendo indifferente stabilire se tale termine sia quinquennale, come ha affermato il giudice di appello, oppure decennale, come invece sostiene l’Agenzia ricorrente, perchè soltanto in tale ultimo caso la notifica delle cartelle esattoriali, effettuata in data 2 dicembre 2005, sarebbe tempestiva, perchè nel caso opposto il termine prescrizionale si compiva il 14 novembre 2003.

3.3. Ritiene questa Corte che il termine di prescrizione applicabile al caso di specie sia quello quinquennale previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20.

Deve innanzitutto precisarsi che, secondo il condivisibile principio giurisprudenziale affermato da Cass. S.U. n. 25790 del 10/12/2009, il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie si prescrive nel termine di dieci anni soltanto se derivante da sentenza passata in giudicato, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile ma a seguito di acquiescenza, tacita o espressa, del contribuente, vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20 atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario (V. Cass. n,. 15665 del 2014).

Occorre, altresì, precisare che la fattispecie in esame ricade nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, di riforma del sistema sanzionatorio fiscale, entrato in vigore il 1 aprile 1998 (art. 30), in forza del combinato disposto dall’art. 25, comma 2 (recante la disciplina transitoria) e art. 3, comma 3 (recante il principio del favor rei).

La citata norma transitoria (art. 25, comma 2), infatti, prevede l’applicabilità del principio del favor rei enunciato all’art. 3, comma 3, “ai procedimenti in corso alla data indicata nel comma 1”, intendendosi per “procedimenti in corso” solo quelli che abbiano ad oggetto l’applicabilità della sanzione (quanto a sussistenza del fatto, corrispondenza alla violazione sanzionata e mancanza di esimenti) e che non siano stati ancora definiti alla data di entrata in vigore del decreto, in quanto il provvedimento di contestazione o irrogazione della sanzione non è divenuto definitivo (Cass., Sez. 5, sent. n. 17970 del 24/07/2013; sent. n. 17506 del 12/10/2012; sent. n. 16099 del 22 luglio 2011; conf. Cass. n. 23035 del 2012, n. 17528 del 2009, n. 16699 del 2007, n. 26292 del 2005), come nel caso in esame, in cui gli avvisi di accertamento (notificati nel 1991 e nel 1992) sono divenuti definitivi, a seguito di estinzione del giudizio di impugnazione, il 14 novembre 1998, in piena vigenza del nuovo sistema sanzionatorio fiscale.

Ne consegue che al 2 dicembre 2005, data di notifica delle cartelle di pagamento, il diritto dell’Erario alla riscossione delle sanzioni amministrative inflitte alla società contribuente era irrimediabilmente prescritto, perchè poteva essere esercitato al massimo entro il 14 novembre 2003.

3.4. Peraltro, non a diverso risultato si giungerebbe nell’ipotesi in cui si volesse escludere l’applicabilità al caso di specie del D.Lgs. n. 472 del 1997, posto che questa Corte ha affermato, con pronuncia che si condivide, che “In materia di IVA, il diritto alla riscossione delle sanzioni pecuniarie, che derivi da provvedimento divenuto definitivo per acquiescenza del contribuente (e non da sentenza passata in giudicato), si prescrive, anche ove non sia applicabile la nuova disciplina di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20 nel termine quinquennale in forza del combinato disposto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 75 e della L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 17 disposizione, quest’ultima, non implicitamente abrogata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58 che fissa il termine di decadenza per la notificazione del provvedimento di irrogazione della sanzione e non anche quello di prescrizione del diritto alla riscossione della pena pecuniaria”.

4. Il ricorso principale, quindi, deve essere rigettato, restando assorbito quello incidentale, la cui proposizione è stata espressamente subordinata all’accoglimento del primo.

5. L’Agenzia ricorrente, rimasta soccombente, va condannata al pagamento delle spese processuali, liquidate in dispositivo, solo in favore della società contribuente, avendo l’Equitalia Nomos s.p.a. medesima posizione processuale della ricorrente principale e non avendo, comunque, svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale dichiarando assorbito quello incidentale e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori dovuti per legge.

Così deciso nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 4 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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