Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16435 del 18/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16435 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 6493-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – Società con socio unico in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
DI MIERO CRISTINA DMRCST71B65G482V, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GUIDO ALFANI 29, presso lo studio
dell’avvocato PANETTA GIANMARCO, rappresentata e difesa
dall’avvocato FAUGNO MASSIMO, giusta procura speciale a margine
del controricorso e ricorso incidentale;

Data pubblicazione: 18/07/2014

,

– controricorrente e ricorrente incidentale – ricorrenti inddentali

avverso la sentenza n. 10146/2009 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 17.12.09, depositata il 09/03/2010;

12/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA
PAGETTA.
Fatto e diritto
Il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ.,

ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc.
civ. e 375 cod. proc. civ. :
” Poste italiane chiede l’annullamento della sentenza della Corte
d’appello di Roma, pubblicata il 9 marzo 2010, che, in riforma parziale
della decisione del Tribunale, ha dichiarato la nullità del termine
apposto al contratto a tempo determinato stipulato con Cristina Di
Mieto, per ‘esigenze eccezionali’, il 15 luglio 1999 (scadenza 30
ottobre 1999), ma negando il diritto al risarcimento del danno.
Poste italiane propone un ricorso articolato in tre motivi, il primo in
materia di mutuo consenso alla risoluzione del rapporto, gli altri
concernenti la legittimità della apposizione del termine in base a
quanto previsto dalla contrattazione collettiva.
La lavoratrice si difende con controricorso e propone ricorso
incidentale contro la parte della sentenza che ha negato il risarcimento
del danno.
Il primo motivo, concernente il mancato accoglimento
dell’eccezione di mutuo consenso alla estinzione del contratto, è
privo di fondamento. La relativa censura viene proposta come vizio
di “erronea motivazione”.
In effetti, come questa Corte ha costantemente rilevato, il giudizio sulla
sussistenza di un accordo per facta concludentia, sulla estinzione del
contratto, viene devoluto al giudice di merito, la cui valutazione si
sottrae a censure in sede di controllo di legittimità della decisione,
se la motivazione non presenta i vizi indicati dall’art. 360, n. 5 (tra le
molte e tra le ultime, cfr. Cass. 1 febbraio 2010, n. 2279, cui si rinvia
per ulteriori richiami).
Ric. 2011 n. 06493 sez. ML – ud. 12-05-2014
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

La posizione articolata da Poste italiane in ordine alla legittimità del
termine non è conforme alla giurisprudenza costante di questa
Corte in controversie del tipo di quella in esame: contratto a termine,
stipulato ai sensi dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, dopo
la data del 30 aprile 1998.
Cass. n. 18272 del 2006; Cass. n. 13728 del 2009 e una lunga serie di
altre decisioni ricordano che l’art. 23 della legge 28 febbraio
1987 n. 56, nel demandare alla contrattazione collettiva la
possibilità di individuare -oltre le fattispecie
tassativamente previste dall’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230 e
successive modifiche nonché dall’art. 8 bis del d.l. 29 gennaio 1983
n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1983 n. 79nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del
rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco
all’autonomia collettiva, la quale, pertanto, non è vincolata
all’individuazione di figure di contratto a termine comunque
omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle
Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006
n. 4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti
collettive hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a
termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25 settembre
1997.
Partendo da questo principio la giurisprudenza di questa Corte,
dopo aver ribadito la legittimità della formula adottata
nell’accordo integrativo, caratterizzata, in particolare, dalla
mancata previsione di un termine finale, ha ritenuto tuttavia viziate
le decisioni dei giudici di merito che avevano affermato la
natura meramente ricognitiva dei c.d. accordi attuativi e
conseguentemente il carattere non vincolante degli stessi quanto alla
determinazione della data entro la quale era legittimo ricorrere a
contratti a termine, atteso che con tale interpretazione dei suddetti
accordi si sono discostate dal chiaro significato letterale delle
espressioni usate – ed in particolare di quella secondo cui .. per far
fronte alle predette esige/Re si potrà procedere ad assunzioni di personale
straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30/ 4/ 98 (cfr.
accordo del 16 gennaio 1998); ciò, fra l’altro, in violazione del
principio secondo cui nell’interpretazione delle clausole dei
Ric. 2011 n. 06493 sez. ML – ud. 12-05-2014
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Nel caso in esame la motivazione sussiste, è sufficientemente articolata
ed è priva di contraddizioni. Le critiche della società non integrano
uno di questi vizi, i soli idonei a comportare l’annullamento della
decisioni ai sensi dell’art. 360, n. 5 cpc, ma propongono una diversa
valutazione nel merito, il che non è possibile in sede di legittimità.

contratti collettivi di diritto comune, nel cui ambito rientrano
sicuramente gli accordi sindacali sopra riferiti, si deve fare
innanzitutto riferimento al significato letterale delle espressioni
usate e, quando esso risulti univoco, è precluso il ricorso a
ulteriori criteri interpretativi, i quali esplicano solo una
funzione sussidiaria e complementare nel caso in cui il
contenuto del contratto si presti a interpretazioni contrastanti (cfr.,
expberimis, Cass. n. 28 agosto 2003 n. 12245, Cass. 25 agosto 2003
n. 12453).
La stessa giurisprudenza ha ritenuto inoltre la sussistenza, nelle
suddette sentenze, di una violazione del canone ermeneutico di cui
all’art. 1367 cod. civ. a norma del quale, nel dubbio, il contratto o
le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano
avere qualche effetto, anziché in quello per cui non ne avrebbero
alcuno; ed infatti la statuizione secondo cui le parti non
avevano inteso introdurre limiti temporali alla previsione di
cui all’accordo del 25 settembre 1997 implica la conseguenza
che gli accordi attuativi, così definiti dalle parti sindacali, erano
“senza senso” (così testualmente Cass. n. 14 febbraio 2004 n. 2866).
La giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr., ex pluninis, Cass. 23
agosto 2006 n. 18378) ha, per contro, ritenuto corretta, nella
ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di
merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo del 18 gennaio 2001 in quanto
stipulato dopo circa due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè
quando il diritto del soggetto si era già perfezionato; ed infatti,
ammesso che le parti abbiano espresso l’intento di interpretare
autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di
sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura
dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi
attuativi), la. suddetta conclusione deve comunque ritenersi
conforme alla regula iuris dell’indisponibilità dei diritti dei
lavoratori già perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti
stipulanti avessero il potere, anche mediante lo
strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo
speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel
d.lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la
stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della
durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004 n.
5141).
L’appello incidentale contro la decisione nella parte in cui ha negato il
diritto al risarcimento del danno è invece fondato e pertanto la
Ric. 2011 n. 06493 sez. ML – ud. 12-05-2014
-4-

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sentenza sul punto dovrà essere cassata con rimessione ad altro
giudice di merito.”.

Consegue il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso
incidentale con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla
Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale e rinvia,
anche per le spese del giudizio di legittimità 2112 Corte di appello di
Roma, in diversa composizione.
Roma 12 maggio 2014

Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono
del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata
giurisprudenza in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto
dell’art. 375, comma 1 °, n. 5 cod. proc. civ. , per la definizione
camerale.

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