Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16434 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. II, 30/07/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 30/07/2020), n.16434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17716/2017 proposto da:

REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA SACCHETTI

9, presso lo studio dell’avvocato ULISSE COREA, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1149/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/01/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Ulisse Corea, difensore della ricorrente, che si è

riportato agli atti depositati;

udito l’Avvocato Tito Varrone, per l’Avvocatura Generale dello Stato,

difensore del resistente, che si è riportato agli atti depositati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza pubblicata il 23 maggio 2017, ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’interno avverso la sentenza del Tribunale di Torino n. 6330 del 2014, e nei confronti della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste.

1.1. Il giudizio di primo grado era stato introdotto dalla Regione per vedersi attribuita, ai sensi dell’art. 6 dello Statuto di autonomia, la proprietà del complesso immobiliare denominato (OMISSIS), situato nel territorio regionale, che il Ministero dell’interno aveva messo in vendita.

1.2. Il Tribunale aveva accolto la domanda e condannato il Ministero al rilascio.

2. La Corte d’appello ha riformato la decisione sul rilievo che il bene, in quanto parte della Riserva Fondo lire U.N.R.R.A. (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) costituita in attuazione dell’Accordo internazionale 8 marzo 1945, è assoggettato a vincolo di destinazione non disponibile dallo Stato, e perciò non può rientrare tra i beni patrimoniali che l’art. 6 dello Statuto di autonomia attribuisce alla Regione.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre la Regione Autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste, sulla base di due motivi, ai quali resiste con controricorso il Ministero dell’interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 5 e 6 dello Statuto di autonomia regionale, approvato con Legge Costituzionale n. 4 del 1948, nonchè degli artt. 3 e 4 del medesimo Statuto.

1.1. La ricorrente richiama il contenuto delle norme statutarie che prevedono il trasferimento alla Regione autonoma dei beni del demanio dello Stato (art. 5) e dei beni immobili patrimoniali dello Stato (art. 6), situati nel territorio regionale, con la differenza che per il trasferimento dei beni immobili patrimoniali l’art. 6 citato non contempla limitazioni per ragioni connesse alla destinazione dei beni stessi, e poichè il complesso immobiliare in oggetto costituisce bene patrimoniale, come anche affermato nella sentenza della Corte costituzionale n. 102 del 2010, il vincolo di destinazione dell’immobile alla Riserva fondo lire UNRRA non sarebbe di ostacolo al suo trasferimento.

Alla stessa conclusione si dovrebbe pervenire ragionando sul piano del rapporto tra fonti, poichè la norma statutaria di rango costituzionale prevarrebbe sia sul decreto con il quale era stato reso esecutivo in Italia l’Accordo Internazionale istitutivo del fondo, sia sull’Accordo, ed ancora non poteva non considerarsi che il vincolo di destinazione non aveva impedito allo Stato di trasferire alle Regioni ordinarie alcuni beni mobili ed immobili del fondo lire, con il D.P.C.M. n. 1363 del 1982.

A tale ultimo proposito la ricorrente evidenzia che, essendo l’assistenza materia di competenza statutaria, il trasferimento dell’immobile in oggetto non farebbe venire meno il vincolo assistenzialistico impresso dall’Accordo internazionale, nè contravverrebbe l’Accordo, mentre la sentenza impugnata, nel ritenere non trasferibile il bene, avrebbe violato anche gli artt. 3 e 4 dello Statuto di autonomia.

2. Con il secondo motivo, che denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente e manifestamente illogica, in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 e art. 132 c.p.c., n. 4, la ricorrente lamenta che la Corte d’appello non avrebbe dato conto delle ragioni per le quali i beni assoggettati al vincolo di destinazione dall’Accordo internazionale sarebbero esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 6 dello Statuto di autonomia.

3. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

3.1. La Regione autonoma Valle d’Aosta ha agito dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 120 del 2010, ha dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione tra enti promosso dalla stessa Regione, a seguito dell’avviso di asta pubblica 3 dicembre 2008 del Ministero dell’interno-Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, con il quale è stata disposta la vendita del complesso immobiliare de quo.

Nella sentenza citata, la Corte costituzionale ha ritenuto che l’atto con il quale il Ministero aveva avviato la procedura di vendita del complesso immobiliare (OMISSIS) non fosse neppure potenzialmente lesivo della sfera di competenza costituzionale della Regione, la cui pretesa si risolveva in una vindicatio rei, vale a dire in una controversia circa la titolarità del complesso immobiliare, postulando “non un regolamento di competenza in ordine alla delimitazione delle attribuzioni costituzionali degli enti in conflitto, bensì una interpretazione della normativa invocata, diretta a stabilire a quale di tali enti spetti la proprietà del complesso medesimo e quale sia il titolo giuridico di appartenenza del bene, con conseguente impossibilità di configurare una vindicatio potestatis”.

3.2. La pretesa è stata azionata, quindi, dinanzi al giudice ordinario con una domanda volta, in via principale, ad accertare il diritto di proprietà della Regione autonoma sul complesso immobiliare, con la condanna del Ministero al rilascio; in via subordinata, alla pronuncia di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., con conseguenti statuizioni anche riguardo al rilascio, e, in via di ulteriore subordine, all’accertamento del diritto della Regione ad acquisire l’immobile nel suo patrimonio, con la condanna del Ministero a porre in essere ogni attività necessaria a dare attuazione all’art. 6 dello Statuto di autonomia.

3.3. Alla base della pretesa, nelle diverse varianti appena riepilogate, la Regione autonoma ha posto l’art. 6 dello Statuto, assumendo che la previsione secondo cui “I beni immobili patrimoniali dello Stato, situati nella Regione, sono trasferiti al patrimonio della Regione” comporti il trasferimento dell’immobile dallo Stato alla Regione.

Il Ministero dell’interno ha resistito opponendo due argomenti: il vincolo di destinazione gravante sull’immobile e l’efficacia temporale della norma statutaria, limitata ai beni esistenti nel territorio regionale al momento dell’entrata in vigore della Legge Costituzionale n. 4 del 1948, di approvazione dello Statuto di autonomia.

3.4. La Corte d’appello ha fondato la decisione di rigetto della pretesa regionale sul primo argomento, ritenendo che l’esistenza del vincolo di destinazione, con le peculiarità di cui si dirà tra breve, impedirebbe il trasferimento dell’immobile, e quindi non ha esaminato la questione se la norma statutaria richiamata comporti l’automatismo invocato dalla Regione.

4. L’argomento utilizzato dalla Corte d’appello è condivisibile.

4.1. Il Fondo lire UNRRA fu costituito in attuazione dell’accordo 8 marzo 1945, sottoscritto dal Governo italiano e dall’Amministrazione delle nazioni unite per l’assistenza e la riabilitazione (UNRRA). Seguirono l’accordo supplementare 19 gennaio 1946 e l’accordo 12 novembre 1947 “sull’uso del Fondo lire”, reso esecutivo con D.Lgs.C.P.S. 10 aprile 1948, n. 1019, il quale istituì la Riserva del Fondo lire, vincolandone la destinazione a scopi di “assistenza e riabilitazione” e stabilendo altresì che l’organo governativo direttamente responsabile per l’esecuzione di quanto disposto nell’accordo fosse l’Amministrazione per gli aiuti internazionali di cui al D.Lgs. 19 settembre 1947, n. 1006.

L’Amministrazione citata fu poi assorbita dall’Amministrazione per le attività assistenziali italiane ed internazionali (A.A.I.), a sua volta trasferita “con l’attuale ordinamento e le attuali attribuzioni” al Ministero dell’interno dalla L. n. 1340 del 1962, (recante: Trasferimento al Ministero dell’interno e istituzione dei ruoli organici dell’amministrazione per le Attività Assistenziali italiane e Internazionali).

Il D.P.R. n. 617 del 1977, soppresse l’AAI disponendo che le funzioni relative all’adempimento di accordi internazionali in materia di assistenza fossero riunite nella Direzione generale dei servizi civili del Ministero dell’interno.

La Riserva ha fatto parte delle gestioni fuori dal bilancio dello Stato fino al 1994, dopo che la L. n. 559 del 1993, ha disposto la soppressione delle predette gestioni, e all’art. 9, comma 3, ha previsto che “con decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per gli affari sociali e del tesoro, sono stabilite le modalità per il perseguimento dei fini della Riserva di cui al comma 1, nonchè i criteri per la gestione del relativo patrimonio in modo da garantirne la coerenza con i fini predetti”.

In attuazione della delega è stato emanato il D.P.C.M. n. 755 del 1994 che ha dettato disposizioni sulle modalità per il perseguimento dei fini della Riserva Fondo lire UNRRA e sui criteri di gestione del relativo patrimonio, richiamando le finalità di assistenza e riabilitazione assegnate alla Riserva. In particolare, il decreto citato ha previsto nel dettaglio le modalità di utilizzazione del patrimonio della Riserva, sotto la diretta responsabilità della Direzione generale dei servizi civili, che è tenuta ad inviare annualmente al Segretariato generale delle Nazioni Unite il rendiconto sulla gestione.

In attuazione del D.P.C.M. n. 755 del 1994, art. 8, il Ministro dell’interno ha emanato il Decreto 21 aprile 2004, con il quale ha definito gli obiettivi ed i programmi da attuare con le risorse finanziarie della Riserva, indicando tra i primi l’alienazione di immobili fatiscenti e l’acquisizione del ricavato da destinare ai fini della Riserva stessa.

4.2. La ricognizione neppure completa del quadro normativo rende evidente che, con tutti i mutamenti che hanno segnato l’organizzazione statale nei decenni dall’Accordo internazionale del 1947 in avanti, la Riserva Fondo lire UNRRA è rimasta assoggettata ad un regime speciale, con conseguente sottrazione dei relativi beni alla disciplina generale dei beni patrimoniali dello Stato, e quindi anche alla previsione dell’art. 6 dello Statuto di autonomia della Valle d’Aosta, tanto più che ai sensi dell’art. 2, comma 1, del medesimo Statuto la Regione autonoma è tenuta, al pari dello Stato, al rispetto degli obblighi internazionali.

5. In senso contrario non è conducente l’argomento che fa leva sul D.P.C.M. n. 1363 del 1982, con il quale fu approvato il piano di riparto tra Stato e Regioni ordinarie dei beni mobili ed immobili appartenenti al Fondo lire UNRRA.

5.1. Come si ricava dall’esame delle norme richiamate nel preambolo, il citato decreto ha trasferito alle Regioni ordinarie quei beni strumentali alle attività di carattere assistenziale già trasferite alle stesse Regioni, e in precedenza svolte dalla soppressa Amministrazione per le attività assistenziali italiane ed internazionali, mentre ha mantenuto i beni, tra i quali l’immobile in contestazione, ubicati in territorio sia di Regioni ordinarie che di Regioni a statuto speciale, riferibili a funzioni rimaste in capo alla Direzione Generale dei servizi civili del Ministero dell’interno.

Il trasferimento così attuato non solo non ha inciso in alcun modo sulle attribuzioni costituzionali della Regione autonoma Valle d’Aosta, come ha chiarito la sentenza della Corte costituzionale n. 102 del 2010, ma neppure dimostra la tesi prospettata in questa sede dalla ricorrente, e cioè che i beni della Riserva Fondo lire sarebbero stati sottratti alla specifica destinazione, essendo al contrario chiaro il collegamento con le attività assistenziali trasferite alle Regioni ordinarie, all’interno della gestione della Riserva Fondo lire.

6. Allo stesso modo, la conclusione raggiunta non è messa in discussione dal richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 1991, che accolse il ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Valle d’Aosta per rivendicare la spettanza al demanio regionale di un bene del demanio statale (ex Casermetta dei Carabinieri), del quale era venuta meno la destinazione a servizio di interesse nazionale, e che lo Stato intendeva vendere.

6.1. Rimasta isolata – come precisato da Corte Cost. n. 102 del 2010 – nella parte in cui affermò che la controversia sull’appartenenza del bene al demanio regionale anzichè a quello statale integrasse vindicatio potestatis (in senso contrario, ex plurimis, Corte Cost. n. 319 del 2011; n. 443 del 2008; nn. 302 e 177 del 2005), la sentenza ha trattato il tema degli effetti della “cessazione della causa di esclusione del trasferimento” dei beni demaniali, e l’ha risolto ritenendo che l’art. 5 dello Statuto imponga il trasferimento al demanio regionale dei beni del demanio statale anche quando la causa di esclusione dal trasferimento (destinazione alla difesa dello Stato o a servizi di carattere nazionale) venga a cessare in un momento successivo all’entrata in vigore dello Statuto.

La tesi, in parte qua non smentita da successive pronunce, riguarda i beni del demanio e non del patrimonio dello Stato, e soprattutto beni esistenti al momento dell’entrata in vigore dello Statuto di autonomia, mentre il complesso immobiliare di cui si discute in questo giudizio neppure faceva parte del patrimonio statale al momento dell’entrata in vigore dello Statuto di autonomia della Valle d’Aosta, essendo stato acquistato nel 1972 con i proventi della Riserva Fondo lire UNRRA.

6.2. In questi termini si deve escludere che l’art. 6 dello Statuto di autonomia operi in modo automatico il trasferimento dei beni immobili di proprietà dello Stato situati nel territorio regionale, tanto più considerando che l’attuazione delle norme statutarie della Regione autonoma Valle d’Aosta, anche prima della modifica apportata con Legge Costituzionale n. 2 del 1993, è avvenuta secondo il modello collaborativo, poi recepito nell’art. 48-bis dello Statuto, in forza del quale la Regione ha il potere di avviare la trattativa finalizzata ad ottenere la norma di attuazione in sede di commissione paritetica e, nel caso di inerzia dello Stato, di ricorrere davanti alla Corte costituzionale per violazione del principio di leale collaborazione.

7. Il ricorso è rigettato a spese compensate, in ragione della peculiarità della lite. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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