Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16434 del 13/07/2010

Cassazione civile sez. I, 13/07/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 13/07/2010), n.16434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso l’avvocato

POTTINO GUIDO MARIA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ZAULI CARLO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositato il

29/03/2008; n. 195/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2010 dal Presidente Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso come da verbale di udienza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 5.2 – 29.3.2008 la Corte d’Appello di Ancona liquidava a favore di P.S. la somma di Euro 500,00 a titolo di equa riparazione in relazione al giudizio dal medesimo promosso avanti, al Tribunale di Forli’ con atto del 14.5.1999 nei confronti della s.p.a. Sai Assicurazioni, quale impresa designata per la Regione Emilia – Romagna dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada, per il pagamento della somma di L. 11.000.000 dovuta a seguito di atto di transazione del (OMISSIS), giudizio definito in primo grado il 29.7.2004 ed ancora pendente in appello. Al riguardo determinava, con riferimento al solo giudizio di primo grado, la durata non ragionevole in anni uno e mesi dieci dopo aver stimato in anni tre quella ragionevole, osservando, per quanto riguarda la quantificazione dell’indennizzo, che l’esito sfavorevole del giudizio presupposto, pur non potendo incidere sul suo riconoscimento, tuttavia non poteva considerarsi irrilevante ai fini della sua determinazione.

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione P. S., deducendo nove motivi di censura.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente deve essere dichiarata la manifesta infondatezza dell’eccezione di illegittimita’ costituzionale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 sollevata nei termini di cui all’allegato verbale dal P.G. in udienza, ritenendo il Collegio di aderire alla precedente pronuncia di questa Corte (Cass. 1354/08) che in tal senso si e’ gia’ espressa.

Con il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso P. S. denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 in relazione alla C.E.D.U., sostenendo che erroneamente la Corte d’Appello, nel determinare l’equo indennizzo, ne abbia ridotto l’importo in considerazione dell’esito sfavorevole del giudizio presupposto.

Gli esposti motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro sostanziale identita’ di contenuto, vanno accolti nei limiti che saranno qui di seguito precisati.

In primo luogo deve ritenersi effettivamente infondata la tesi, espressa dalla Corte d’Appello, sull’incidenza dell’esito sfavorevole della domanda nel giudizio presupposto ai fini della determinazione dell’indennizzo, rilevando al riguardo l’aspetto psicologico dell’interessato durante il procedimento, vale a dire la sicura consapevolezza dell’infondatezza della domanda e non gia’ il contenuto della sentenza costituente unicamente un fatto obiettivo e successivo e, come tale, ininfluente ai fini in esame (vedi al riguardo Cass. 24269/08 con cui si e’ ritenuta irrilevante anche la consapevolezza della scarsa probabilita’ di successo dell’iniziativa giudiziaria).

Si osserva poi oltre tutto che, nel ridurre l’importo, la Corte d’Appello e’ andata ben al di setto del minimo fissato in linea di massima dalla Corte europea la quale ha ritenuto che in ogni caso non possa scendersi al di sotto di Euro 750,00 per anno. Ed a tale misura questa Corte, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., in presenza dei necessari requisiti, ritiene di far riferimento, tenuto conto dei modesto valore della controversia nel giudizio presupposto.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.. Lamenta che la Certe d’Appello, oltre a liquidare una somma di gran lunga inferiore a titolo di danno non patrimoniale rispetto a quella richiesta, abbia omesso di considerare il danno patrimoniale richiesto nella misura di Euro 2.000,00.

La censura e’ del tutto generica, non essendo stato precisato se in sede di merito siano state indicate le ragioni ed il contenuto di un tale danno nei termini economici qui espressi ne’ se al riguardo sia stata fornita la prova da parte del ricorrente cui incombeva il relativo onere.

Con il sesto, il settimo e l’ottavo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonche’ difetto di motivazione. Lamenta che la Corte d’Appello, nel liquidare le spese processuali, le abbia compensate per meta’ in considerazione dell’accoglimento solo parziale della domanda dopo averle determinate in misura inferiore ai minimi tariffari malgrado la specifica richiesta (Euro 24,52 per spese; Euro 568,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorario).

Le esposte censure, riguardanti le spese processuali, vanno dichiarate assorbite, comportando la cassazione sia pure parziale del decreto impugnato la loro riliquidazione da parte di questa Corte.

Con il nono motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 111 e 117 Cost. nonche’ della L. n. 848 del 1955, art. 41 lamentando che la Corte d’Appello abbia liquidato l’indennizzo con riferimento unicamente alla durata non ragionevole anziche’ per l’intero periodo in cui si e’ protratto il procedimento nonostante il diverso orientamento della giurisprudenza europea.

La censura e’ infondata, non potendosi condividersi l’assunto secondo cui, una volta accertata una durata non ragionevole, dovrebbe tenersi conto dell’intero periodo di durata del procedimento. La L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3 prevede espressamente infatti che, ai fini in esame, rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo.

Si e’ gia’ rilevato in via pregiudiziale la manifesta infondatezza dell’eccezione di incostituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2 sollevata dal P.G. nella parte in cui prevede il riconoscimento dell’indennizzo limitatamente alla durata non ragionevole anziche’ all’intera durata del procedimento e non rimane quindi che provvedere di conseguenza Al riguardo questa Corte ha gia’ sottolineato infatti che, anche se per la Corte europea l’indennizzo debba essere moltiplicato per ogni anno di durata del procedimento (e non per ogni anno di ritardo), per il giudice nazionale e’, sul punto, vincolante la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, secondo cui e’ influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole. Si e’ sostenuto infatti che detta diversita’ di calcolo non tocca la complessa attitudine della L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo da un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e pertanto non autorizza dubbi sulla compatibilita’ di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana mediante la ratifica della Convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6 paragrafo 1 della Convenzione medesima (art. 111 Cost., comma 2 nel testo fissato dalla Legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2; vedi Cass. 8714/06).

Nessuna censura e’ stata dedotta in ordine alla durata non ragionevole e pertanto non puo’ che confermarsi il periodo di anni uno e mesi dieci, con la conseguenza che al ricorrente compete un indennizzo di Euro 1.350,00 oltre agli interessi dalla domanda.

Quanto alle spese processuali, si ritiene di compensarle per meta’ a favore del ricorrente sia per il giudizio di merito che per quello di legittimita’ in considerazione dell’accoglimento solo parziale della domanda introduttiva e del presente ricorso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 1.350,00 oltre agli interessi dalla domanda. Compensa per ta’ a favore del ricorrente le spese dell’intero giudizio che distrae a favore del difensore e che liquida, in misura gia’ dimezzata, quanto al giudizio di merito in Euro 150,00 per diritti, in Euro 250,00 per onorario ed in Euro 25,00 per spese oltre agli accessori e, quanto al giudizio di legittimita’, in Euro 300,00 per onorario ed in Euro 25,00 per spese ed accessori.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2010

 

 

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