Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16434 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 10/06/2021), n.16434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38579-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

PINETA GRANDE SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4287/13/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 20/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della Pineta Grande s.r.l. avverso l’avviso di rettifica e liquidazione con il quale veniva rettificato il valore d’acquisto dei terreni siti nel comune di Castelvolturno, elevandolo da Euro 22.000,00 ad Euro 61.065,00, ritenendo che l’accertamento dell’Agenzia non fosse sufficientemente motivato, in particolare perchè dei due immobili assunti a comparazioni non risultavano descritte le rispettive caratteristiche;

la Commissione Tributaria Regionale della Campania respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate ritenendo non sufficientemente motivato l’accertamento quanto alla fondatezza della diversa stima delle particelle oggetto della compravendita in atti, operata dall’Ufficio, non essendo specificate le effettive caratteristiche dei terreni presi come termini di paragone e la loro similitudine con quelli compravenduti, in particolare perchè “il mero riferimento al piano di espansione ospedaliera in cui tutto rientrerebbe non vale ad attribuire alle particelle stesse un valore unico o pressochè omologato. Certa è anche la inedificabilità assoluta delle particelle, documentate dalla appellata: l’essere al di fuori dell’area ospedaliera, questa sì edificabile, non può non incidere sul loro valore”.

Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle entrate, affidato a due motivi di impugnazione, mentre la parte contribuente non si costituisce.

Sulla proposta del relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo d’impugnazione, proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3. Con il motivo in esame la ricorrente censura la statuizione d’appello di carenza motivazionale dell’atto impositivo sostenendo che nello stesso era riprodotto il contenuto essenziale dell’atto utilizzato per la comparazione, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica;

con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 perchè la motivazione della sentenza sarebbe apparente e fondata su statuizioni apodittiche.

Deve esaminarsi con precedenza il secondo motivo di impugnazione in quanto, lamentandosi la nullità della sentenza per carenza di motivazione, coinvolge un aspetto logicamente e giuridicamente preliminare rispetto al primo.

Il motivo è infondato in quanto, secondo questa Corte, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 25598 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014).

Si è inoltre affermato che, a seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 25598 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018).

Nella specie la Commissione Tributaria Regionale ha fornito una motivazione sufficientemente chiara e ragionevole, osservando che l’accertamento dell’Agenzia non fosse sufficientemente motivato quanto alla fondatezza della diversa stima delle particelle oggetto della compravendita in atti operata dall’Ufficio, non essendo specificate le effettive caratteristiche dei terreni presi a raffronto, cosicchè non potrebbero essere considerati come effettivi termini di paragone.

Il primo motivo di impugnazione è invece fondato in quanto, secondo questa Corte:

in tema di imposta di registro, l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, deve ritenersi adeguatamente motivato, ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto utilizzato come parametro di riferimento, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro impiegato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l’obbligo di allegare all’avviso l’atto tenuto in considerazione ai fini della comparazione (nella specie, la S.C. ha ritenuto non sufficientemente motivato l’avviso di rettifica e di liquidazione delle maggiori imposte ipotecarie e catastali, commisurate alla base imponibile dell’imposta di registro, riguardanti la compravendita di un complesso immobiliare, ove erano state indicate solo l’ubicazione, la destinazione e l’estensione dei beni, oggetto degli atti utilizzati per la comparazione, ritenuti non conoscibili, anche se si trattava di atti pubblici, in mancanza dell’indicazione del numero di repertorio e di raccolta, oltre che della data del rogito e del nominativo del notaio rogante: Cass. n. 3388 del 2019).

Orbene, nel caso di specie, la mancata allegazione all’avviso di rettifica e liquidazione dei due atti assunti a comparazione non inficia la validità di tale avviso in ragione del fatto che in uno di tali due atti la società contribuente era acquirente e dunque di tale acquisto la contribuente stessa era sicuramente a conoscenza.

Inoltre, la Commissione Tributaria Regionale, affermando testualmente che “il mero riferimento al piano di espansione ospedaliera in cui tutto rientrerebbe non vale ad attribuire alle particelle stesse un valore unico o pressochè omologato. Certa è anche la inedificabilità assoluta delle particelle, documentate dalla appellata: l’essere al di fuori dell’area ospedaliera, questa sì edificabile, non può non incidere sul loro valore”, nel ritenere che il terreno oggetto di accertamento sia inedificabile, non chiarisce però se i terreni assunti a comparazione siano invece compresi nell’area ospedaliera e siano quindi edificabili, perchè solo in quest’ultimo caso la differenza di prezzo con il terreno oggetto di accertamento si giustificherebbe in ragione del maggior valore di cui godono i terreni edificabili, con il che allora effettivamente ne discenderebbe l’irragionevolezza dell’avviso di liquidazione in quanto fondato sulla presunta assimilabilità di situazioni ben distinte, in violazione del principio, corollario del principio di uguaglianza, secondo cui occorre trattare in maniera adeguatamente diseguale situazioni diseguali (quali sarebbero due terreni di cui uno edificabile e l’altro no). Tuttavia il ricorrente, mediante l’avviso di rettifica e liquidazione allegato al ricorso e riportato all’interno di esso in ossequio al principio di autosufficienza, evidenzia, per un verso, che il terreno oggetto di accertamento da parte dell’Ufficio e quelli assunti come termini di comparazione (oggetto di compravendita ad un prezzo per metro quadrato di oltre due volte e mezzo rispetto al primo) insisterebbero tutti nello stesso Comune e nello stesso foglio, per un altro verso, che la caratteristica della inedificabilità sarebbe propria anche dei terreni assunti quali termini di paragone e, per un altro verso ancora, che il terreno oggetto di accertamento, pur essendo formalmente inedificabile, sarebbe però potenzialmente edificabile, essendo sufficiente a far perdere la qualifica agricola di un suolo la semplice previsione in uno strumento urbanistico generale, ancorchè non perfezionato dal punto di vista amministrativo (Cass. SU n. 25506 del 2006; Cass. n. 6702 del 2020).

Pertanto la Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta al suddetto principio di diritto di cui alla citata sentenza di questa Corte n. 3388 del 2019, cui questo Collegio ritiene di dare continuità, secondo cui un provvedimento di rettifica del valore di compravendita di beni immobili può dirsi correttamente motivato solo ove sia stato oggetto di comparazione con beni simili: nella specie, invece, la sentenza impugnata non ha ritenuto adeguata la motivazione dell’avviso di liquidazione senza condurre una adeguata verifica circa la circostanza che il bene immobile oggetto di accertamento e quello preso come termine di comparazione avente quale parte acquirente la stessa società contribuente possano o meno essere considerati beni simili.

Pertanto, ritenuto fondato il primo motivo di impugnazione ed infondato il secondo, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto con riferimento al primo motivo e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di impugnazione e respinge il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA