Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16432 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 19/01/2016, dep. 05/08/2016), n.16432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18674-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMANO CLASSIC SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA V.LE B. BUOZZI 77, presso lo

studio dell’avvocato FILIPPO TORNABUONI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati STEFANO FAGETTI, LUIGI FAGETTI

giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 84/2009 della COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA

SEZ. DIST. di BRESCIA, depositata il 18/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato FAGETTI STEFANO che ha

chiesto l’inammissibilità;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso affidato ad un unico motivo, l’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza n. 84/67/09 del 18.5.2009 con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Brescia, la quale aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente “Romano Classic s.r.l.” avverso due avvisi di accertamento, recanti il recupero a tassazione dell’Iva indebitamente detratta negli anni di imposta 2000 e 2001, in relazione all’acquisto di autovetture presso la “Star Trade s.r.l.”, che l’amministrazione finanziaria aveva ritenuto essere una società cd. “cartiera”, ovvero “filtro”, rispetto alle fornitrici tedesche, all’interno di una frode fiscale posta in essere in ambito comunitario, nella quale si prospettava l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.

I giudici di prime cure avevano ritenuto la buona fede della contribuente, in quanto la cedente Star Trade “era una società perfettamente in regola sia negli aspetti contabili che nel pagamento dell’imposta” (Iva) e pienamente operante sul mercato, ove si pubblicizzava come importatore diretto dall’estero ed “aveva collegamento con la MB Megastore spa di (OMISSIS)”, fregiandosi del marchio (OMISSIS) ed apparendo “al pubblico come regolari società fornitrici a tutti gli effetti”.

Nel confermare tale decisione, il giudice d’appello aveva ritenuto decisivo, al di là della rilevata buona fede, il fatto che la Star Trade costituisse indiscutibilmente “il vero venditore” delle auto, “piazzato come è nell’ambito di un megastore simil ufficiale (OMISSIS) operante in (OMISSIS), ed ampiamente pubblicizzato come tale dalla stampa specializzata”.

Al ricorso dell’amministrazione finanziaria, la società intimata “Romano Classic s.r.l.” ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha a sua volta prodotto memoria conclusiva, ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’unico motivo di ricorso propone una censura motivazionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

2. In sintesi, la ricorrente lamenta che, sul fatto decisivo e controverso della natura di “cartiera” della Star Trade s.r.l. (in quanto società priva di reale struttura operativa, e quindi solo apparente cedente degli autoveicoli alla contribuente, “la quale in realtà li acquistava da altri soggetti a monte della frode carosello”), la C.T.R. avrebbe ritenuto che essa fosse invece – ed indiscutibilmente – il “vero venditore”, sulla scorta però di una motivazione “insufficiente ed inidonea”, in quanto fondata sul generico rilievo che essa “era piazzata nell’ambito del Megastore (OMISSIS) ampiamente pubblicizzato”.

3. Contesta altresì l’ulteriore affermazione dei giudici regionali – peraltro assolutamente marginale, e ritenuta dalla stessa ricorrente “del tutto irrilevante ai fini del decidere” – per cui anche l’amministrazione aveva definito la Star Trade una “società filtro”, riservando la qualifica di “società cartiera” a quelle operanti a monte.

4. Il motivo è inammissibile, perchè diretto a scardinare una valutazione in fatto del giudice d’appello mediante il semplice richiamo della generica affermazione dei verbalizzanti (contenuta nel p.v.c.) per cui la suddetta società “era una scatola vuota priva di qualsiasi organizzazione operativa o logistica”.

5. In tal modo la censura, riguardando il materiale probatorio acquisito agli atti del giudizio, tende a sollecitare una nuova valutazione di risultanze di fatto, in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non può costituire uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio di merito, nel quale far valere la pretesa ingiustizia della sentenza impugnata (ex plurimis, Cass. SU. n. 7931/13; Cass. nn. 12264/14 e 3396/15).

6. Costituisce invero ius receptum che il controllo di adeguatezza e logicità del giudizio di fatto non può sostanziarsi nella revisione del ragionamento decisorio, pena il suo risolversi in una vera e propria riformulazione di detto giudizio, incompatibile con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudizio di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 959, 961 e 14233 del 2015), spettando in via esclusiva al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (cfr. Cass. n. 26860 del 2014, n. 962 del 2015).

7. Nel caso di specie, il collegio regionale ha evidentemente valutato, nella sua discrezionalità, le risultanze in fatto, filtrandole attraverso il materiale probatorio offerto dalle parti e così pervenendo ad una conclusione che non può essere rimessa in discussione in questa sede.

8. Il ricorso va quindi respinto, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il motivo di ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 10.300,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre rimborso forfetario ed acce ori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio di consiglio, il 19 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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