Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16425 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. III, 10/06/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 10/06/2021), n.16425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26485-2018 proposto da:

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCO TASSONI, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in ROMA, VIA

c. COLOMBO 440, pec: francotassoni.ordineavvocatiroma.org;

– ricorrente –

contro

QUATTRO PANI DI M.M. & C. SNC, M.R.,

G.G., M.M., rappresentati e difesi dall’avvocato MARCO

DI ANDREA, e elettivamente domiciliati presso lo studio del medesimo

in ROMA, VIALE PARIOLI 47, pec: marcodiandrea.pecavvocatitivoli.it;

– controricorrenti –

nonchè contro

A.A., rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO

ALBERTI, ed elettivamente domiciliato in ROMA, preso lo studio del

medesimo in CIRC.NE TRIONFALE, 34, pec: stefanoalberti.legalmail.it;

– ricorrente incidentale –

contro

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentanle,

rapresentato e difeso dall’avvocato FRANCO TASSONI, ed elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA C. COLOMBO 440, pec:

francotassoni.ordineavvocatiroma.org;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 2348/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/04/2018;

udita la reazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/02/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Quattro Pani SpA, con atto di citazione del 10/11/2010, convenne davanti al Tribunale di Roma l’avvocato A.A. perchè fosse accertato il grave inadempimento del legale a mandato professionale ricevuto dalla società, con particolare riguardo agli inadempimenti commessi nell’ambito dell’attività difensiva posta in essere a difesa della società in un giudizio promosso da Ma.Fa. per ottenere il pagamento delle differenze retributive spettantegli in ragione del rapporto di lavoro non regolarizzato per il periodo 3/3/1990-1/3/2003. A base della domanda la società rappresentò che l’avvocato A., ricevuto tempestivo incarico professionale, non aveva provveduto a costituirsi in giudizio prima dei termini per le preclusioni, il che aveva impedito alla società di chiamare in causa, quali litisconsorti necessari, due soci che avevano ceduto le proprie quote ma che, ratione temporis, sarebbero stati legittimati a rispondere per la società nei confronti del sig. Ma.; in secondo luogo che, a seguito della condanna della società in primo grado, l’avvocato A. aveva proposto tardivamente l’appello, e non aveva proposto opposizione ad un decreto ingiuntivo intimatogli dal Ma. per l’importo di Euro 386.358,20, omettendo peraltro di dare tempestiva informazione ai propri assistiti.

Il legale si costituì in giudizio, contestando tutti gli addebiti, e chiese la chiamata in giudizio della propria compagnia di assicurazioni. Il giudizio fu istruito con CTU medico-legale sulla persona di uno dei soci che avrebbe dovuto rimanere estraneo al contenzioso con il Ma. e che era stato, invece, per errore del legale, coinvolto; fu istruita anche con interrogatorio formale e con prove testimoniali.

2. Il Tribunale adito, con sentenza del 14/8/2014, n. 17103, ritenne non raggiunta la prova della data di conferimento del mandato al difensore, ritenne insussistenti gli altri inadempimenti del legale e rigettò la domanda, ritenendo assorbite le conclusioni, volte nei confronti della compagnia di assicurazioni.

3. La Corte d’Appello di Roma, adita con appello principale dalla società Quattro Pani snc e con appello incidentale condizionato dall’avvocato A., con sentenza n. 2348 dell’11/4/2018, ha accolto l’appello principale e rigettato l’incidentale, ritenuto sussistente l’inadempimento dell’avvocato A. e condannato il medesimo, a pagare diverse somme, sia alla società Quattro Pani snc, sia a M.R., dichiarando tenuta la compagnia Generali Italia SpA a manlevarlo dal pagamento di tutte le somme dovute. La Corte territoriale, per quanto ancora qui di interesse, ha ritenuto fondato il motivo di appello relativo alla prova della data di conferimerto dell’incarico – definito “contratto di patrocinio” e tenuto distinto dal conferimento della procura alle liti; ha ritenuto che, incontestato l’avvenuto conferimento del medesimo legale, onerato della prova di aver adempiuto in modo esatto e puntuale al mandato ricevuto, provando di aver ricevuto tardivamente l’incarico per la costituzione in giudizio e di aver informato a tale proposito la cliente, non avesse dimostrato il proprio adempimento con la conseguente fondatezza della pretesa risarcitoria della società; a tal proposito in applicazione dell’art. 1223 ha calcolato i soli danni che fossero conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento del legale con esclusione dei danni derivanti dalla tardività della costituzione in appello nel giudizio contro Ma., esclusi sulla base di un giudizio prognostico, mentre ha ricompreso sia il costo derivante dall’essersi la società rivolta ad un altro legale, sia il danno non patrimoniale subito da M.M..

Conclusivamente ha condannato l’ A. a pagare, in favore della società, la somma di Euro 35.000 e in favore di M.M. e di M.R. rispettivamente le somme di Euro 196.414,87 e 25.000 oltre alle spese del giudizio, con condanna della compagnia di assicurazioni a manlevarlo.

4. Avverso la sentenza Generali Italia SpA ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi. Hanno resistito, con distinti controricorsi, A. che ha proposto anche ricorso incidentale e la società Quattro Pani snc, M.M., M.R. e G.G. mentre questi ultimi e Generali Italia SpA hanno altresì resistito, con distinti controricorsi, al ricorso incidentale dell’avvocato A..

5. La causa è stata fissata per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1 in vista della quale Generali Italia e l’avvocato A. hanno presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale – violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., art. 1176 c.c., art. 21697 c.c., artt. 1223 e 1227 c.c., e art. 41 c.p.c. violazione delle norme e dei principi in materia di accertamento dalla responsabilità del professionista e risarcimento del danno per inadempimento; sull’accertamento del nesso causale tra la condotta del professionista e l’evento di danno lamentato dal cliente, ripartizione dell’onere probatorio tra professiotista e cliente e accertamento dell’esistenza di un danno per il cliente – è sostanzialmente sovrapponibile al primo motivo del ricorso incidentale dell’ A. – violazione o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c.ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: contraddittorietà della motivazione – sicchè è possibile la loro trattazione congiunta. I ricorrenti lamentano che la Corte di merito abbia innanzitutto erroneamente applicato l’art. 1213 c.c. anzichè l’art. 1176 c.c, comma 2 per valutare la diligenza richiesta al legale ed ha conseguentemente distribuito in modo illegittimo tra le parti l’onere probatorio in ordine alla responsabilità del legale e al suo grado di diligenza nell’espletamento del mandato, sostanzialmente mandando esente la societa assistita dall’onere di provare l’inesatta prestazione, il danno e il nesso causale. In secondo luogo lamentano che la Corte di merito non abbia efficacemente posto in essere il giudizio prognostico ex ante circa il probabile esito favorevole dell’attività del legale se la stessa fossa stata correttamente e diligentemente svolta. Inoltre lamentano che la Corte territoriale abbia ritenuto esistente, anche in mancanza di qualunque elemento di prova, il nesso di causalità tra inesatto adempimento del legale al mandato ricevuto e la necessità sorta per la società di rivolgersi ad altro legale.

1.1 Il motivo è inammissibile per plurimi e distinti profili. Innanzitutto, ai sensi dell’art. 360 bis c.c., la sentenza impugnata tra deciso e questioni di diritto – riparto dell’onere della prova in tema di diligenza professionale dell’avvocato in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte ed il ricorso non contiene alcun elemento che possa giustificare un cambiamento di tale indirizzo giurisprudenziale al quale il Collegio intende dare continuità. I principi consolidati prevedono, infatti, che l’assistito debba dare prova del danno e del nesso causale tra il medesimo e l’inadempimento del legale mentre quest’ultimo è onerato della prova dell’esatta esecuzione della prestazione professionale (Cass., 2, n. 17306 del 31/7/2007; Cass., 3, n. 19520 del 19/07/2019; Cass., 3, n. 7410 del 23/3/2017), onere che, come correttamente ritenuto dall’impugnata sentenza, il legale non ha assolto. In secondo luogo le censure sono prive di specificità, in quanto esse non afferiscono ai singoli passi della sentenza che si è inteso contestare ritenuti in contrasto con le disposizioni indicate in epigrafe ma nella mera evocazione di una diversa, contrapposta e più favorevole lettura dei fatti processuali, inammissibile in questa sede. Nè può sostenersi, come proposto dai ricorrenti, che il giudice del merito non abbia svolto il giudizio prognostico sugli effetti di una eventuale corretta esecuzione della prestazione sull’esito finale del giudizio o in quanto, come risulta dalla motivazione dell’impugnata sentenza (pp. 10-12) la Corte, proprio in base ad un giudizio prognostico, ha ritenuto di non poter accedere ad un giudizio pieno di responsabilità nei confronti del legale in quanto, qualora la costituzione nel giudizio contro Ma. fosse stata perfezionata prima del maturare delle preclusioni, con la conseguente possibilità di evocare in giudizio i soci litisconsorti necessari, in ogni caso l’esito del giudizio non sarebbe stato favorevole per la società. Pure del tutto destituita di fondamento è la censura relativa alla pretesa mancanza di nesso causale tra l’inadempimento del legale e la necessità sorta per la società di affidarsi ad altro legale per tutelare le proprie ragioni.

Correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto che le nuove iniziative giudiziali fossero prova di un danno risarcibile ai sensi dell’art. 1223 c.c. conseguente all’inadempimento dell’avvocato A. in quanto, in assenza dello stesso, la società e i suoi soci non avrebbero avuto alcuna necessità di promuovere le suddette iniziative giudiziali per il tramite di altro difensore.

2. Il secondo motivo del ricorso principale – violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223 e 2697 c.c. errato ricorso alla liquidazione equitativa (art. 1226 c.c.) per spese non documentate nè provate – è parzialmente sovrapponibile al quinto motivo dell’incidentale violazione dell’art. 115 c.p.c.art. 2697 c.c., art. 1226 c.c., artt. 651,652,653,654 c.p.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere il collegio liquidato il risarcimento del danno non patrimoniale in favore della Quattro Pani, di M.M. in assenza di nesso causale tra il danno subito e il comportamento dell’avvocato A..

I motivi possono essere trattati congiuntamente. Lamentano che il giudice del merito non si sia dato carico di verificare come provato il pregiudizio effettivo e reale prodotto dal comportamento dell’avvocato A. nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato e che si sia limitato a prendere atto di un elenco di iniziative giudiziarie, peraltro in larga misura aventi un esito negativo, affidate ad altro legale, con ciò violando tutti i principi in tema di calcolo del danno risarcibile.

2.1 I motivi sono infondati. La Corte d’Appello ha preso atto delle numerose iniziative giudiziarie che si resero necessarie in conseguenza del grave inadempimento dell’avvocato A. ed ha svolto una liquidazione equitativa del danno che si sottrae alle censure.

Nè può ritenersi, come adombrato dal quinto motivo del ricorso incidentale, che la circostanza che i giudizi intrapresi non sfociarono in esiti positivi potesse costituire indizio di assenza di un danno risarcibile, in quanto il danno derivò propriamente dal dover assumere le suddette iniziative, prescindendo dal loro esito, ed al costo che le medesime determinarono per la società Quattro Pani snc.

3 Con il terzo motivo del ricorso principale – violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,2697 c.c., art. 1223 c.c., artt. 40 e 41 c.p. violazione delle norme sull’accertamento del nesso causale tra la condotta del professionista e l’evento di danno lamentato dal cliente; ripartizione dell’onere probatorio tra professionista e cliente ed accertamento dell’esistenza di un danno per il cliente – la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia liquidato il danno non patrimoniale in favore di M. e M.R. in modo illegittimo perchè avrebbe desunto le conseguenze pregiudizievoli per i M. quali derivanti dall’esito infausto del giudizio di lavoro intrapreso dal Ma., dalla tardività della costituzione in giudizio, dalla tardività dell’appello e dalla mancata opposizione al decreto ingiuntivo intimato dal Ma.. In sostanza, ad avviso della ricorrente, dal momento che, a giudizio della stessa Corte territoriale, ove l’attività difensiva fosse stata correttamente esplicata dall’avvocato A., è fortemente dubbio che l’esito del giudizio proposto dal Ma. sarebbe stato favorevole per la società, la Corte territoriale avrebbe violato tutte le regole in tema di rapporto causale di risarcimento dei soli danni che siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento nel ritenere risarcibili conseguenze negative che si sarebbero prodotte comunque e che come tali non avrebbero potuto essere considerate ai sensi dell’art. 1223 c.c.

3.1 Il motivo è infondato. La Corte c’Appello non ha commesse alcun errore perchè il danno non patrimoniale riconosciuto ai signori M. è stato ricollegato al reato di patrocinio infedele per il quale pendeva a carico dell’ A. un procedimento penale davanti al Tribunale di Tivoli e dunque all’inadempimento del difensore, nel senso esposto nella motivazione dell’impugnata sentenza, con riferimento alla violazione degli obblighi connessi al mandato e non all’esito infausto del giudizio. A tal fine dagli atti si evince che il procedimento penale a carico dell’avvocato A., pur essendosi concluso con dichiarazione di non doversi procedere perchè il reato era estinto per intervenuta prescrizione, non aveva consentito di dissipare affatto i dubbi sulla colpevolezza dell’Imputato.

4. Il quarto motivo del ricorso principale – nullità della sentenza perchè fondata su una CTU dichiarata nulla dal Giudice di prime cure per violazione del principio del contraddittorio è sovrapponibile al terzo motivo del ricorso incidentale – violazione o falsa applicazione degli artt. 61,101,115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 per avere la Corte d’Appello utilizzato una CTU dichiarata nulla in primo grado. In sintesi i ricorrenti rappresentano che la prima CTU, svolta in prime cure, sarebbe stata dichiarata nulla perchè in essa sarebbe stato prodotto un documento illegittimamente prodotto in giudizio, di guisa da richiedere la nomina di un nuovo CTU.

4.1 I motivi sono inammissibili perchè di merito. Peraltro gli stessi sono anche del tutto privi di decisività in quanto, se a seguito delle declaratoria di nullità della prima CTU, ne viene disposta una seconda è chiaro che il giudice ebbe a disposizione più consulenze, pur non potendo argomentare espressamente sulla prima per violazione del principio del contraddittorio, di guisa che il rilievo cade.

5 Con il quinto motivo del ricorso principale violazione e falsa applicazione dell’art. 1901 e 1460 c.c. violazione delle norme sulla sospensione della garanzia assicurativa per mancato pagamento delle rate di premio – la compagnia ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia ritenuto efficace una garanzia assicurativa nonostante la stessa fosse prava di copertura per ritardato pagamento del premio. La sentenza si porrebbe in contrasto con la previsione di cui all’art. 1901 c.c., comma 2 che prevede la possibilità, per la compagnia di assicurazione di sospendere la garanzia in applicazione dell’istituto generale dell’eccezione di inadempimento. Ad avviso della ricorrente, ai fini di individuare la rinuncia della compagnia ad avvalersi della sospensione della garanzia, non sarebbe sufficiente la mera accettazione del tardivo pagamento del premio essendo necessaria una chiara ricognizione del diritto all’indennizzo, ovvero l’accettazione del versamento tardivo del premio senza effettuazione di riserve, nonostante la conoscenza del pregresso verificarsi del sinistro.

5.1 Il motivo è inammisibile perchè la decisione impugnata è del tutto conforme all’orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale in applicazione dell’art. 1460 c.c., comma 2 deve negarsi all’assicuratore la facoltà di rifiutare la garanzia assicurativa ove ciò sia contrario a buona fede come nel caso in cui l’assicuratore medesimo abbia, sia pur tacitamente, manifestato la volontà di rinunciare alla sospensione, ad esempio tramite accettazione senza riserve del versamento tardivo del premio (Cass., 3, n. 1698 del 26/1/2006; Cass., 3, n. 27132 del 19/12/2006, Cass., 3, n. 14365 dell’11/6/2010).

6. Il sesto motivo – nullità della sentenza per difetto di pronuncia – violazione dell’art. 112 c.p.c. – lamenta che la Corte d’Appello non abbia pronunciato sulla inoperatività di una polizza, sottoscritta in regime di claims mode, divenuta inefficace, omettendo di considerare che, ai fini dell’operatività della manleva, la richiesta risarcitoria, per espressa previsione contrattuale, avrebbe dovuto pervenire durante il periodo di efficacia temporale dell’assicurazione. Ad avviso della ricorrente ricorrerebbe nel caso di specie, il vizio di omessa pronunzia denunciabile come error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 quale violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

7. Il settimo motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 1372,1882,1905,1917 c.c. e dei principi relativi all’operatività del contratto di assicurazione – lamenta il vizio di motivazione in ordine alle censure di cui al precedente motivo integrando sul punto la impugnata sentenza una ipotesi di illegittima disapplicazione di clausole contrattuali che, viceversa, avrebbero dovuto operare nel caso in esame.

6-7 I motivi sono infondati perchè l’omessa pronuncia ha avuto l’unico valore di rigetto implicito dell’eccezione di inoperatività della clausola claims made, assorbita dalla pronuncia di piena operatività della polizza. La Corte territoriale, ritenendo non condivisibile il ragionamento della compagnia in ordine alla sospensione della polizza e considerando dunque che la stessa fosse pienamente valida ed efficace, non si è pronunciata sulle altre eccezioni sollevate in merito a detta polizza. All’evidenza pertanto la Corte di merito ha implicitamente rigettato l’avversa eccezione, assorbita dalla pronuncia di piena operatività della polizza de qua.

Sui residui motivi del ricorso incidentale dell’avvocato A..

2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale – nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 – assume che la Corte abbia omesso di spiegare le ragioni per le quali ha ritenuto raggiunta la prova dell’avvenuto tempestivo conferimento dell’incarico all’avvocato A. nonostante tale prova fosse costituita da una testimonianza dichiarata inattendibile in primo grado. In particolare assume che, da un confronto letterale delle sentenze di primo e secondo grado, non sarebbe dato apprendere in che modo la Corte d’Appello abbia ritenuto raggiunta la prova del tempestivo conferimento dell’incarico sussistendo, incongruenze tra le prove, testimoniali raccolte in giudizio.

2.1 Premesso che non è dato comprendere se quanto denunciato dall’ A. rientri nella previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 o dell’art. 5, il che rende il motivo di per sè affetto da inammissibilità, esso è comunque privo di decisività perchè la circostanza sulla quale era stata articolata la prova riguardava il momento di conferimento della procura (circostanza rilevante ai fini del giudizio di responsabilità professionale del legale) e l’ A., onerato della prova di tale tardivo conferimento, non era riuscito in alcun modo a fornirla. Gli appellanti avevano, invece, fornito ampia prova del fatto che il conferimento della procura fosse avvenuto tempestivamente attraverso le prove testimoniali che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto inattendibili.

4 Con il quarto motivo del ricorso incidentale – violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c., art., 1226 c.c. e degli artt. 651,652,653,654 c.p.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere il collegio liquidato il risarcimento del danno non patrimoniale in favore di M.R. senza averne acquisito prova utile e per aver riconosciuto valenza extra-penale ad una sentenza di non doversi procedere per prescrizione del reato – il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia svolto, in favore di M.R., una valutazione del danno in re ipsa ed abbia attribuito rilevanza extra-penale alla sentenza con la quale è stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato, anzichè verificare se il danneggiato avesse compiutamente allegato e provato l’an e il quantum del risarcimento.

4.1 Il motivo è infondato, in quanto in favore di M.R. è stato liquidato il danno morale ricollegato all’ipotesi di reato di patrocinio infedele per il quale l’ A. ha subito un processo penale. Come già esposto, in relazione a tale procedimento penale il Tribunale di Tivoli, pur dichiarando di non doversi procedere in ordine al reato ascrittogli, estinto per intervenuta prescrizione ha, nella motivazione della sentenza, rilevato che dall’esame degli elementi acquisiti in giudizio non risultava evidente l’innocenza dell’imputato.

Conseguentemente la liquidazione del danno non patrimoniale è stata effettuata sulla base dell’insegnamento delle Sezioni Unite secondo il quale la lesione di diritti di rilevanza costituzionale va incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sè della lesione, indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare, danni per cui è ammissibile a liquidazione secondo equità come asserito e riconosciuto dalla Corte d’Appello di Roma.

6. Con il sesto motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per non avere il collegio deciso sulla domanda di accertamento della natura vessatoria della clausola n. 12, inserita nelle condizioni generali di polizza del contratto assicurativo nella parte in cui limitavano la responsablità dell’assicuratore a tenere indenne l’assicurato soltanto per le richieste pervenute per la prima volta durante il periodo di efficacia dell’assicurazione, semprechè originate da fatti posti in essere nel medesimo periodo e sulla correlata richiesta di dichiarazione di nullità e/o inefficacia della stessa ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2 e sulla richiesta di accertare (dichiarare che l’assicurazione fosse tenuta a tenere indenne l’assicurato anche in forza dei due contratti di assicurazione fatti valere in giudizio.

6.1 Il motivo è inammissibile, sia perchè difetta di autosufficienza in quanto il ricorrente non riporta il contenuto delle singole clausole contestate, nè riferisce al medesimo le censure, limitandosi ad una astratta dissertazione sulla meritevolezza delle clausole claims made, sia in quanto volto a sollecitare questa Corte ad un esame di meritevolezza della causa del contratto, attività rimessa al giudice del merito ed insindacabile in cassazione ove, come nel caso, più che congruamente motivata.

7. Conclusivamente vanno rigettati sia il ricorso principale sia l’incidentale; sono compensate le spese del giudizio di cassazione tra Generali Italia Spa e l’avvocato A., mentre la ricorrente principale Generali Italia SpA è condannata, in solido con il ricorrente incidentale, a pagare le spese del giudizio di cassazione in favore delle altre parti resistenti, liquidate come in dispositivo. Si dà altresì atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, sia della ricorrente principale sia di quello incidentale, del cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principiale ed il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione tra Generali Italia SpA e l’ A.. Condanna la ricorrente principale Generali Italia in solido con il ricorrente incidentale, avvocato A., a pagare le spese del giudizio di cassazione in favore della società Quattro Pani di M.M. & co co. snc, M.M., M.R. e G.G., che liquida in Euro 10.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari, rispettivamente, a quello dovuto per il ricorso principale e a quello dovuto per l’incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Carriera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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