Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16425 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 21/12/2015, dep. 05/08/2016), n.16425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1426-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LIGABUE CATERING SRL;

– intimato –

Nonchè da:

LIGABUE CATERING SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso

lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato DARIO STEVANATO, giusta delega a

margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 72/2008 della COMM.TRIB.REG. della Lombardia,

depositata il 28/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE BARBARA, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato LUCISANO CLAUDIO, che ha chiesto

il rigetto del ricorso:

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

dell’Agenzia, l’inammissibilità in subordine il rigetto del ricorso

della società.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

A seguito di verifica fiscale della Guardia di Finanza relativa agli anni 19992002, culminata nel p.v.c. del 23/9/2004, l’Agenzia delle entrate notificava alla società “LIGABUE CATERING s.r.l.” un avviso di accertamento con cui contestava per l’anno 2001, tra l’altro, l’indebita deduzione di costi per servizi gestionali prestati dalla capogruppo “Ligabue Catering S.p.A.” (cd. costi infragruppo), ritenuti “non certi, non determinati nè determinabili, non inerenti ed, infine, non idoneamente documentati.

La contribuente contestava la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12 (omessa considerazione delle osservazioni della parte), la contraddittorietà della motivazione e l’infondatezza della ripresa fiscale, poichè i costi in questione relativi a servizi di direzione generale, direzione del personal e gestione dei rapporti sindacali, direzione amministrativa e finanziaria, budgeting e reportistica, tenuta della contabilità paghe, gestione dei sistemi informativi erano adeguatamente determinati sulla base del contratto di Service Agreement e dei prospetti allegati alle fatture, e rispondevano al vantaggio delle economie di scala ottenibili all’interno del gruppo.

La C.T.P. di Varese accoglieva il ricorso ed annullava l’avviso di accertamento, in quanto “privo di adeguato supporto probatorio in materia di IRPEG ed IRAP”, a fronte della “copiosa documentazione prodotta dalla società ricorrente, tale da consentire la puntuale verifica e la completa disamina delle tesi affermate nel ricorso”.

La C.T.R. della Lombardia confermava la decisione, rilevano che l’appello dell’Ufficio si era limitato a riproporre gli undici punti dell’avviso di accertamento, senza confutare la sentenza di primo grado.

Per la cassazione della sentenza d’appello n. 72/40/08 del 28/11/2008 l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a tre motivi.

La contribuente ha resistito con controricorso, proposto ricorso incidentale condizionato articolato su due censure e depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso l’amministrazione finanziaria deduce la “nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 61 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, per essersi la C.T.R. “limitata ad affermare che “l’Ufficio ripropone le stesse identiche motivazioni dell’avviso di accertamento, senza in realtà confutare la sentenza”, omettendo dunque qualunque indicazione in ordine alle ragioni che l’hanno indotta ad adottare detta statuizione”.

2. Con il secondo mezzo si lamenta la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, poichè in realtà l’appello dell’Ufficio – materialmente inserito in ricorso “conteneva un’esaustiva esposizione di tutte le ragioni ritenute, dall’Amministrazione finanziaria, erroneamente valutate dalla CTP”.

3. Il terzo motivo propone infine una ulteriore censura di “nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 61 e art. 36, comma 1, n. 4 e art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, mancando essa dell’esposizione dei motivi di diritto ed essendo essa motivata “attraverso il mero rinvio alla sentenza di primo grado”, quindi “senza dare conto di aver valutato criticamente i motivi di impugnazione”.

3.1. La palese fondatezza di quest’ultimo motivo – posto che la lapidaria sentenza d’appello, graficamente contenuta in mezza pagina, reca in effetti una motivazione che ben può definirsi meramente apparente – rende superfluo l’esame dei primi due, di analoga natura.

3.2. Invero, la giurisprudenza di questa Corte è univoca e consolidata nel ritenere che, qualunque sia la tecnica redazionale prescelta dal giudice – ivi compreso il rinvio al contenuto di altri scritti, siano essi atti di parte, provvedimenti giudiziari o altri atti processuali – è necessario che “le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo” (Cass. s.u., n. 642/15).

3.3. Le stesse Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che “la motivazione di una sentenza può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza, purchè la motivazione stessa non si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento: occorre che vengano riprodotti i contenuti mutuati, e che questi diventino oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa (anche se connessa) causa sub iudice, in maniera da consentire anche la verifica della compatibilità logico-giuridica dell’innesto (Cass. s.u. n. 14814/08).

3.4. In particolare, una simile sentenza pronunciata in sede di gravame può ritenersi valida a condizione che il giudice d’appello, nel fare proprie le argomentazioni del giudice di prime cure, esprima – sia pure in modo sintetico le ragioni della conferma della pronuncia, con specifico riferimento ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto (Cass. sez. 5, nn. 4780/16, 6326/16; v. Cass. s.u. n. 8053/14; conf. ex multis, Cass. sez. 5, nn. 16612/15, 15664/14, 10741/14, 10491/14, 5979/14, 12664/12, 7347/12, 7477/11, n. 3367/11, 979/09, 13937/02); la sentenza risulta invece del tutto nulla, per radicale carenza della motivazione – in quanto meramente apparente – allorquando la laconicità della motivazione adottata non consenta in alcun modo di ritenere che il giudice di appello sia pervenuto alla affermata condivisione del giudizio di primo grado attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, con adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello proposti (ex multis Cass. sez. 5, nn. 6326/16, 3320/16, 25623/15, 16602/15, 9967/15, 1573/07, 2268/06, 25138/05, 13990/03, 3547/02).

3.5. E’ quindi affetta da nullità, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4, la sentenza motivata per relationem – come nel caso di specie – mediante una adesione generica ed acritica alla sentenza di prime cure, senza alcuna indicazione nè della tesi ivi sostenuta, nè delle ragioni della sua condivisione, nè della inidoneità dei motivi d’appello proposti a scalfirne la portata (Cass. sez. 5, sent. n. 20648/15; sez. 6-5 ord. n. 22652/15).

4. Passando all’esame dei motivi del ricorso incidentale condizionato incentrati su un preteso vizio di nullità della sentenza di secondo grado, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per “omessa pronuncia” sulle eccezioni di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione dell’avviso di accertamento – essi vanno dichiarati inammissibili.

4.1. Invero, le relative eccezioni risultavano assorbite dalla decisione di secondo grado totalmente favorevole al contribuente, dalla quale era derivato l’annullamento dell’atto impositivo.

Costituisce invero ius receptum di questa Corte che “il ricorso incidentale per cassazione, anche se condizionato, deve essere giustificato da un interesse che abbia per presupposto una situazione sfavorevole al ricorrente, ovvero deve fondarsi sulla soccombenza, con la conseguenza che esso deve essere considerato inammissibile quando proposto dalla parte vittoriosa, anche con riguardo alle questioni non decise dalla sentenza impugnata perchè ritenute assorbite” (Cass. n. 10848/06); tali questioni, infatti, “in caso di accoglimento del ricorso principale possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio” (Cass. s.u. n. 14382/02).

5. In conclusione, la sentenza impugnata, in quanto affetta da nullità per mancanza di effettiva motivazione, va cassata con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, il quale provvederà anche a regolare le spese processuali del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale, con assorbimento dei primi due; dichiara inammissibili i motivi del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della C.T.R. della Lombardia, che provvederà anche sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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