Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16424 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. III, 10/06/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 10/06/2021), n.16424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37611-2019 proposto da:

N.B., elettivamente domiciliato presso l’avv. PAOLO

ALESSANDRINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE

INTERNAZIONALE FIRENZE SEZIONE PERUGIA, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 2137/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositato il 03/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE

1.- N.B. è cittadino del (OMISSIS). Ha chiesto, giunto in Italia, la protezione internazionale, che è stata però rigettata. Tuttavia, il Questore di Teramo, su richiesta della Commissione territoriale, ha concesso il permesso di soggiorno per motivi umanitari per un certo periodo, scaduto il quale, il ricorrente ha fatto istanza di rinnovo, che il Questore ha rigettato osservando che N. non aveva provato di essersi, nel frattempo, integrato in Italia.

2. N.B. impugna una sentenza del Tribunale de L’Aquila che ha rigettato la sua opposizione alla revoca (rectius, mancato rinnovo) del permesso di soggiorno, ritenendo non sussistenti i denunciati vizi del procedimento amministrativo e, nel merito, di per sè sufficiente la mancata integrazione in Italia per rifiutare la protezione umanitaria.

3.- N. ricorre con tre motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente e non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4.- Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7.

Il ricorrente sostiene che non è stato avvisato dell’avvio del procedimento amministrativo e dei conseguenti adempimenti connessi a tale avvio, e ritiene che la giustificazione addotta dal Tribunale a sostegno della irrilevanza di tale omissione sia infondata: il Tribunale ha infatti ritenuto non necessario l’avvio del procedimento in quanto l’istanza proviene dal medesimo ricorrente che dunque, per forza, doveva esserne edotto.

Questa tesi sarebbe infondata secondo il ricorrente in quanto l’istanza di parte comporta conoscenza, ovviamente, dell’avvio del procedimento, ma non necessariamente di ogni altra circostanza utile (nomina del responsabile, tempi per presentare atti e difese, ecc.).

Il motivo è infondato.

Intanto la giurisprudenza citata (segnatamente Cass. 7841/2019) si riferisce al caso in cui il procedimento di revoca del permesso di soggiorno è iniziato ex officio e non ad istanza dell’interessato, che è il caso che ci occupa, e comunque non se ne ricava la nullità del provvedimento conclusivo, quanto piuttosto l’obbligo per il giudice, investito della questione, di valutare se vi sia stata violazione del diritto di difesa dell’interessato.

Infatti, come è stato statuito da questa Corte: “l’omissione dell’avviso di avvio del procedimento amministrativo di revoca del permesso di soggiorno non determina la nullità del provvedimento di revoca per carenza di un suo requisito formale, ma impone al giudice, chiamato a pronunciarsi sulla sua impugnazione, di consentire all’impugnante di spiegare in sede giurisdizionale tutte le difese che egli, a causa del mancato avviso, non abbia potuto avanzare in fase amministrativa” (Cass. 25315/2020).

Anche ad ammettere che questa regola è applicabile al caso in cui il procedimento è iniziato d’ufficio, non può derivarne nullità della revoca del permesso di soggiorno, in difetto di una allegazione da parte dell’interessato circa le violazioni concrete del suo diritto di difesa, e circa dunque le ragioni che avrebbe potuto far valere e che invece l’omesso avviso gli ha precluso.

b.- Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 241 del 1990, art. 10 bis.

Si duole il ricorrente del fatto che non è stato preavvisato del rigetto, come previsto dalla suddetta norma.

Il Tribunale ha ritenuto che si debba fare applicazione analogica della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, comma 2 che esclude vizi del provvedimento amministrativo, per omesso preavviso, quando l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato, ossia che, se pure avvisato, il ricorrente non avrebbe potuto influire sull’esito del provvedimento.

Il motivo è infondato.

La tesi del Tribunale merita accoglimento alla luce dell’orientamento di questa Corte secondo cui l’annullabilità di un provvedimento amministrativo per la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, prescritto dalla L. n. 241 del 1990, art. 7 è esclusa: a) quanto ai provvedimenti di natura vincolata, al pari che per la violazione delle altre norme del procedimento, nel caso di evidenza della inidoneità dell’intervento dei soggetti ai quali è riconosciuto un interesse ad interferire sul loro contenuto; b) quanto ai provvedimenti di natura non vincolata, subordinatamente alla prova da parte della P.A. che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso anche in caso di intervento di detti interessati” (Cass. 11083/2020; Cass. Sez. un. 20680/2018).

6.- Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.

Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe limitato la valutazione, nel merito, della protezione umanitaria, alla situazione soggettiva, osservando che la mancata integrazione in Italia impedisce di per sè il permesso di soggiorno per motivi umanitari, senza bisogno di indagare la situazione del paese di origine.

Il motivo è fondato.

La ratio espressa dal Tribunale disattende la regola di giudizio espressa da questa Corte secondo cui va effettuata una comparazione tra la situazione soggettiva del ricorrente e quella del paese di origine e quest’ultima va verificata usando poteri istruttori officiosi, e mediante apprezzamento di tutte le circostanze rilevanti nel caso concreto (da ultimo Cass. 22528/2020).

Argomento cui va aggiunto che la vulnerabilità dello straniero può anche prescindere dalla sua integrazione in Italia, qualora le condizioni del paese di origine siano tali da presentare, proprio in relazione al caso concreto, pericoli di violazione di diritti umani che si pongano come ostativi al rimpatrio.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo, rigetta primo e secondo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello de L’Aquila, in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

 

 

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