Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16422 del 13/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 13/07/2010, (ud. 10/06/2010, dep. 13/07/2010), n.16422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso

la DIREZIONE AFFARI LEGALI POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa

dall’avvocato URSINO ANNA MARIA, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

G.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato LUBERTO ENRICO, che la

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

D.S.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 51/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 21/01/2006 r.g.n. 419/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2010 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;

udito il P. M. in persona del. Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Firenze, in accoglimento delle domande proposte, tra l’altro, da G.C. e D.S. A. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullita’ del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati tra le parti rispettivamente in data 24-1-2000 e 1 1-4-2000 (per “esigenze eccezionali ex art. 8 ccnl 1994” come integrato dall’acc. az. 25-9-97 e succ) e condannava la societa’ a corrispondere alle lavoratrici le retribuzioni a decorrere dalla comunicazione della richiesta del tentativo di conciliazione.

La societa’ proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza giudice di primo grado con il rigetto delle domande.

Le lavoratrici si costituivano e resistevano al gravame.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza depositata il 21-1-2006, rigettava l’appello e condannava la appellante al pagamento delle spese.

Per la cassazione di tale sentenza la societa’ ha proposto ricorso con tre motivi.

La G. ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

La D.S. e’ rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Osserva il Collegio che la Corte di merito, ha attribuito rilievo decisivo in particolare alla considerazione che: “l’esame del testuale tenore degli accordi attuativi citati evidenzia in modo univoco che le parli sociali – avvalendosi dell’autonomia ad esse riconosciuta in questa materia dalla legge – hanno inteso circoscrivere nel tempo la facolta’ aziendale di procedere ad assunzioni a tempo determinato ed il concentrato succedersi degli incontri sindacali denota appunto la volonta’ di porre un siffatto limite temporale e di sorvegliare che non venisse travalicato: Tanto e’ vero che l’ultimo degli accordi si chiude con una clausola esplicita e perentoria: “per far fronte alle predette esigenze si potra’ procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30-4-1998”, per cui “successivamente e’ venuta meno la contrattazione autorizzatoria, e dunque, la causale…risulta inesistente”.

Tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al CCNL del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001) – e’ sufficiente a sostenere la impugnata decisione, in relazione alla nullita’ del termine apposto ai contratti de quibus (stipulati “per esigenze eccezionali” ex art. 8 ccnl 1994 come integrato dall’acc. az. 25-9-97, in data successiva al 30-4-1998, rispettivamente il 24/1/2000 per G. e l’11-4-2000 per D.S.).

Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, e’ stato precisato che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre. Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove pero’ un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullita’ della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, nella specie, come questa Corte ha ripetutamente affermato e come va anche qui enunciato, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’ari. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimita’ delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre. Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979. Cass. 18378/2006 cit.).

Tale espressioni usate che e’ cosi’ evidente e univoco (“in conseguenza di cio’ e per far fronte alle predette esigenze si potra’ procedere ad assunzioni di personale straordinario con contralto a tempo determinato fino al 30-4-98”) che non necessita di un piu’ diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volonta’ delle parti (cfr., ex plurimis, Cass. n. 28 agosto 2003 n. 12245, Cass. 25 agosto 2003 n. 12453), mentre, diversamente opinando – ritenendo cioe’ che le parti non avessero inteso introdurre limiti temporali alla deroga – si dovrebbe concludere che gli accordi attuativi, cosi definiti dalle parti sindacali, fossero in sostanza “senza senso” (cosi’ testualmente Cass. n. 14 febbraio 2004 n. 2866).

Peraltro al riguardo irrilevante e’ l’accordo del 18 gennaio 2001, invocato dalla societa’, in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga; ed infatti, ammesso che le parti stipulanti abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), considerata la indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, deve comunque escludersi che le parti stesse avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004 n. 5141).

Tanto basta per confermare la nullita’ del termine apposto ai contratti de quibus, cosi’ respingendosi il secondo motivo del ricorso (riguardante la natura e la interpretazione degli accordi attuativi), risultando superfluo l’esame del primo motivo (concernente ulteriori profili di illegittimita’ del termine).

Infine va respinto il terzo motivo con il quale la societa’ lamenta il mancato accoglimento dell’eccezione relativa all’aliunde perceptum e della richiesta di esibizione della documentazione (libretti di lavoro e buste paga) relativa.

La censura risulta infatti del tutto generica e priva di autosufficienza.

La ricorrente non specifica come e in quali termini abbia allegato davanti ai giudici di merito un aliunde perceptum (in relazione al quale e’ pur sempre necessaria una rituale acquisizione della allegazione e della prova, pur non necessariamente proveniente dal datore di lavoro in quanto oggetto di eccezione in senso lato – cfr..

Cass. 16-5-2005 n. 10155, Cass. 20-6-2006 n. 14131. Cass. 10-8-2007 n. 17606, Cass. S.U. 3-2-1998 n. 1099).

Ne’ e’ censurabile in questa sede il mancato accoglimento della richiesta di esibizione (del libretto di lavoro e delle buste paga) avanzata dalla societa’.

Come questa Corte ha piu’ volte precisato, “il rigetto da parte del giudice di merito dell’istanza di disporre l’ordine di esibizione al fine di acquisire al giudizio documenti ritenuti indispensabili dalla parte non e’ sindacabile in cassazione, perche’, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile aliunde e l’iniziativa non presenti finalita’ esplorative, la valutazione della relativa indispensabilita’ e’ rimessa al potere discrezionale del giudice di merito e non necessita neppure di essere esplicitata nella motivazione, il mancato esercizio di tale potere non essendo sindacabile neppure sotto il profilo del difetto di motivazione” (v.

fra le altre Cass. 14-7-2004 n. 12997, Cass. sez. 1^ 17-5-2005 n. 10357, Cass. sez. 3^ 2-2-2006 n. 2262).

D’altra parte “l’esibizione di documenti non puo’ essere chiesta a Uni meramente esplorativi, allorquando neppure la parte istante deduca clementi sulla effettiva esistenza del documento e sul suo contenuto per verificarne la rilevanza in giudizio” (v. fra le altre Cass. 20-12-2007 n. 26943).

Il ricorso va pertanto respinto e la societa’ va condannata al pagamento delle spese in favore della G., mentre non deve provvedersi nei confronti della D.S., che non ha svolto alcuna attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso, condanna la societa’ al pagamento, in favore della G. delle spese liquidate in Euro 37,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA; nulla per le spese nei confronti della D.S..

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2010

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