Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16418 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 30/07/2020), n.16418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10480-2019 proposto da:

D.S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA

11, presso lo studio dell’avvocato UGO GIURATO, che lo rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto n. 3643/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2020 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con ricorso, successivamente riassunto dinanzi alla Corte d’Appello di Perugia, a seguito di incompetenza dichiarata dalla Corte d’Appello di Roma inizialmente adita, il ricorrente chiedeva che gli venisse liquidato l’equo indennizzo per la durata non ragionevole di un processo amministrativo intrapreso in data 24/12/1992 dinanzi al Tar del Lazio e definito con decreto di perenzione in data 5/10/2012, attesa la mancata presentazione di una nuova istanza di fissazione d’udienza ai sensi delle norme transitorie di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010, allegato 3.

La Corte d’appello di Perugia, con decreto n. 3643 del 20/12/2018, condannò il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare in favore del ricorrente la somma di Euro 7.584,00, ravvisata la durata non ragionevole del processo a quo in anni diciotto e mesi due, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 485,00, oltre spese ed accessori, distratte in favore dei difensori antistatari.

Avverso tale decreto D.S.N. propone ricorso, esponendo, con l’unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 c.c., comma 2, e delle previsioni di cui al D.M. n. 55 del 2014, in quanto la Corte di merito aveva liquidato il rimborso delle spese di lite al disotto del minimo legale.

L’Amministrazione non ha svolto difese in questa fase.

Il motivo è fondato.

Come già rilevato da questa Corte, e proprio con specifico riferimento alla liquidazione delle spese di lite nelle procedure di cui alla L. n. 89 del 2001 (Cass. n. 1018/2018), l’opinione secondo la quale il D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del D.M. emesso dallo stesso Ministero 20 luglio 2012, n. 140, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisibile in quanto il D.M. n. 140 del 2012, risulta essere stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale.

Viceversa, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55 del 2014, il quale non prevale sul D.M. n. 140 del 2012, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 del 2012 evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente a prevalere, ma il D.M. n. 55 del 2014, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.

Tornando al caso in esame la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 485,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55 del 2014 (Euro 540,00 per la fase di studio, Euro 438,00 per la fase introduttiva, Euro 526,00 per la fase istruttoria, Euro 910,00 per la fase decisionale), tenuto conto del valore della causa (da Euro 5.200,00 a Euro 26.000,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.).

Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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