Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16413 del 28/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16413 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA

sul ricorso 4467-2009 proposto dà . :
WARTSILA NSD ITALIA S.P.A. 00917620320, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo
studio dell’avvocato IZZO RAFFAELE, rappresentata e
difesa dall’avvocato CASTIGLIONE FRANCESCO, giusta
2013

delega in atti;
– ricorrente –

1109

contro

SASA ASSICURAZIONI RIASSICURAZIONI S.P.A., LATARTARA
GIUSEPPE LTRGPP53E24L049Y;

Data pubblicazione: 28/06/2013

- intimati –

Nonché da:
LATARTARA GIUSEPPE LTRGPP53E24L049Y,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BORSIERI 3, presso lo studio
dell’avvocato CORAPI GIUSEPPE, rappresentato e difeso

atti;
-controricorrente e ricorrente incidentale contro

SASA ASSICURAZIONI RIASSICURAZIONI S.P.A., WARTSILA
NSD ITALIA S.P.A 00917620320;
– intimati avverso la sentenza n. 246/2007 della CORTE D’APPELLO
SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il
13/02/2008 R.G.N. 42/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/03/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito l’Avvocato FERRETTI ANNAMARIA per delega
CASTIGLIONE FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale e del ricorso
incidentale.

dall’avvocato DEL VECCHIO GIOVANNI, giusta delega in

R. Gen. N. 4467/2009
Udienza 26/3/2013
Wartsila NSD Italia S.p.A. c/
Latartara Giueppe, SASA Ass.ni
Riass.ni S.p.A.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 246/2007 del 18 febbraio 2008 la Corte di appello, giudice del
lavoro, di Lecce confermava la decisione del Tribunale di Taranto che, in parziale

Italia S.p.A., aveva ritenuto che il ricorrente, con il trasferimento presso la base di
Taranto della divisione Grandi Motori fosse stato privato, di fatto, di ogni compito
lavorativo e posto in una condizione di isolamento e svilimento della sua dignità di
uomo e lavoratore causativa dello stato depressivo in cui era caduto. La Corte di
merito, analogamente a quanto sul punto deciso dal giudice di primo grado,
escludeva, peraltro, che potesse essere ricollegata alla suddetta condizione lavorativa
anche la patologia tumorale da cui il Latartara era risultato affetto. Confermava,
infine, il riconoscimento di un danno biologico permanente nella misura del 35% e
liquidava tale danno in euro 87.686,00 sulla base delle tabelle in uso presso il
distretto; confermava, altresì, il riconoscimento della somma di euro 21.921,00 (pari
ad 1/4 del danno biologico) a titolo di danno morale ed euro 15.493,00 a titolo di
danno esistenziale. Riteneva, infine, corretta la decisione di rigetto della domanda di
garanzia proposta dalla Warstalia nei confronti della SASA Ass.ni e Riass.ni S.p.A.
Per la cassazione di tale sentenza la Warstalia NSD Italia S.p.A. affidandosi a
quattro motivi.
Resiste con controricorso Giuseppe Latartara e propone contestuale ricorso
incidentale affidato ad un unico motivo.
E’ rimasta solo intimata la SASA Ass.ni e Riass.ni S.p.A..
MOTIVI DELLA DECISIONE

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accoglimento della domanda di Giuseppe Latartara nei confronti della Wartsila NDS

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Udienza 26/3/2013
Wartsila NSD Italia S.p.A. c/
Latartara Giueppe, SASA Ass.ni
Riass.ni S.p.A.

1. I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza sono stati riuniti ex
art. 335 cod. proc. civ..
2. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia: “Omessa e/o insufficiente

(art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) costituito dagli eventi che avevano preceduto ed
accompagnato il trasferimento del sig. Latartara alla Divisione Grandi Motori di
Taranto”. Deduce che Corte territoriale non ha attribuito rilevanza alla circostanza,
specialmente posta in rilievo dalla società nel giudizio di merito, che lo stato di
parziale inattività del lavoratore non era addebitabile ad una scelta volontaria della
Wartsila bensì piuttosto l’effetto di obiettive e dimostrate ragioni tecnico produttive
nell’ambito di una manovra tesa a consentire la salvaguardia di alcuni profili
professionali ed il risultato di una consensuale valutazione per mantenere la
posizione lavorativa del Latartara a Taranto. Addebita, in sostanza, alla Corte di
merito, la mancata contestualizzazione della circostanza del sottoutilizzo delle
energie lavorative del Latartara.
3. Il motivo presenta innanzitutto profili di inammissibilità.
Se pure è vero che si riporta il contenuto delle pagine 12, 13, 14 e 15 del ricorso
in appello non altrettanto avviene con riguardo ai documenti in questo citati (ciò in
violazione del principio di autosufficienza del ricorso).
Mancano, quindi, elementi, per ritenere la decisività del rilievo.
Inoltre dal contenuto delle pagine suddette che, invero, appaiono meramente
descrittive delle ragione che, a dire della società, avrebbero determinato il
trasferimento del Latartara, non si rileva una specifica censura, sul punto, alla
sentenza della Corte Lecce che, lungi dall’aver ignorato le circostanze fattuali

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e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio

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addotte dall’appellante (afferenti alla omessa considerazione del fatto che il
Latartara, provenendo dalla Fincantioeri, era divenuto dipendente della società in nel
quadro di un accordo complessivo tra varie società del siderurgico “sicchè per alcune

inserimento proficui nel ciclo produttivo”) ha escluso, sulla base della complessiva
valutazione delle risultanze istruttorie, che l’inoperosità del dipendente potesse
essere la conseguenza di una oggettiva carenza di lavoro ovvero di problemi
organizzativi derivanti dagli accordi conclusi in ambito siderurgico.
In ogni caso la società ricorrente sviluppa censure di merito che tendono ad una
rivalutazione del “fatto”, non consentita in questa sede.
Sul punto deve ribadirsi l’indirizzo consolidato in base al quale la valutazione
delle risultanze probatorie e la scelta, tra queste, di quelle ritenute più idonee a
sorreggere la decisione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di
merito, con la conseguenza che il controllo di legittimità da parte della Corte di
cassazione non può riguardare il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza
probatoria degli elementi considerati, ma solo la sua congruenza dal punto di vista
dei principi di diritto che regolano la prova, non essendo conferito alla S.C. il potere
di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di
controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la
valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è, appunto, riservato
l’apprezzamento dei fatti (cfr. ex plurimis Cass. n. 6288 del 18/03/2011, id. n. 27162
del 23/12/2009 e n. 17477 del 9/08/2007). Ond’è che risulta inidoneo allo scopo il far
valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito
all’opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo

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figure professionali, come quella dell’appellato, non vi era la possibilità di un

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preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso
che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione
degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero

convincimento rilevanti ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. Diversamente, si
risolverebbe il motivo di ricorso per cassazione in una inammissibile istanza di
revisione delle valutazioni effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte
dal giudice del merito; cui, per le medesime considerazioni, neppure può imputarsi di
aver omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata
disamina degli elementi di giudizio ritenuti non significativi, giacché né l’una né
l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il
raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente di quelle, tra le
prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per sé
sole idonee e sufficienti a giustificarlo (in tali termini, cfr. Cass. 23 maggio 2007 n.
120520).
In aderenza alla suddetta regola di diritto, rileva questa Corte che il giudice del
merito ha fatto corretta applicazione della legge e della logica ed ha compiutamente
esposto le ragioni per cui, sulla base delle deposizioni testimoniali rese da Felice
Capriello, da Alessandro Vantaggio e Filippo Turi, era da confermare la
ricostruzione operata dal Tribunale secondo la quale il Latartara, al momento del suo
trasferimento presso la base di Taranto della divisione Grandi Motori, era stato
privato, di fatto, di ogni compito lavorativo restando così pregiudicato nella sua
identità culturale e professionale. Inoltre la Corte territoriale ha chiaramente escluso
che l’inoperosità del Latartara potesse essere la conseguenza di una oggettiva carenza

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convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale

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di lavoro o di problemi di carattere organizzativo derivanti da accordi conclusi in
ordine siderurgico per contenere l’espulsione di manodopera, con ciò dando atto di
un completo esame di tutte le risultanze di causa e dei rilievi della parte appellante.

insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per
il giudizio (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) costituito dalle concrete modalità di ricorso
allo straordinario da parte della Wartsila persso la sede di Taranto”. Si duole del fatto
che la Corte territoriale ha ritenuto quale sintomo 44 rilevatore del proposito della
società di svilire il Latartara la mancata attribuzione allo stesso di lavoro
straordinario, costantemente assegnato ad altri dipendenti, ciò senza tener conto della
diversità delle mansioni svolte da coloro (impiegati tecnici) che tali prestazioni
ulteriori erano stati chiamati ad effettuare.
4. Valgono anche per questo motivo i rilievi sopra evidenziati sia con riguardo
alla carenza di autosufficienza (si fa riferimento a risultanze di prove testimoniali che
avrebbero escluso l’effettuazione di lavoro straordinario da parte di impiegati di
eguale professionalità del Latartara senza altra specificazione) sia con riguardo alla
inammissibilità di una rivalutazione del fatto.
Si aggiunga, inoltre, che il riferimento operato dalla Corte di merito alle modalità
di ricorso al lavoro straordinario è utilizzato quale argomentazione ad abundantiam,
pertanto non essenziale a sorreggere la decisione rispetto alle ragioni in precedenza
esaminate.
5. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia: “Violazione e/o falsa
applicazione degli arti. 2043, 2049, 1123 e 1225 cod. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc.
civ.)” Si duole del fatto che la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo

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3. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia: “Omessa e/o

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grado anche in punto di quantificazione del risarcimento del danno, non ha tenuto
conto della specifiche censure sollevate in sede di atto di appello in relazione al
riconoscimento di somme risarcitorie a titolo di danno morale ed esistenziale. Rileva

voci risarcitorie in contrasto con i principio affermati da questa Corte nella decisione
a sezioni unite del 11/11/2008 n. 26972.
6. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque infondato.
Si osserva innanzitutto che, con riferimento alla quantificazione del danno, non
risulta alcun corrispondente motivo di appello (si rileva dalla sentenza impugnata che
le doglianze dell’appellante afferivano alla sola valutazione medico-legale della
misura del danno biologico).
Inoltre, non si riscontra alcuna duplicazione laddove le voci risarcitrorie hanno
distintamente riguardato (come si rileva dalla confermata sentenza di primo grado il
cui testo è stato riprodotto in sede di controricorso) il danno biologico (inteso come
mera lesione della integrità psicofisica), il danno morale (inteso come sofferenza
interiore temporanea causata dalla commissione di un fatto illecito), il danno
esistenziale (inteso come umiliazione delle capacità ed attitudini lavorative con
pregiudizio all’immagine del dipendente sul luogo di lavoro).
Si ricorda, sul punto, che in tema di liquidazione del danno non
patrimoniale, al fine di stabilire se il risarcimento sia stato duplicato ovvero sia stato
erroneamente sottostimato, rileva non il nome assegnato dal giudicante al pregiudizio
lamentato dall’attore (biologico, morale, esistenziale) ma unicamente il concreto
pregiudizio preso in esame dal giudice. Si ha pertanto duplicazione
di risarcimento solo quando il medesimo pregiudizio sia stato liquidato due volte,

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che in tal modo il giudice di merito ha erroneamente effettuato una duplicazione di

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sebbene con l’uso di nomi diversi (cfr. in tal senso Cass. n. 10527/2011, v, anche
Cass. n. 15414/2011 cfr., in materia di danno subito dal lavoratore, anche Cass. n.
9238/2010, n. 23053/2009 nonché la più recente Cass. 20 novembre 2012 n. 20292

sofferenza interiore – e quello dinamico-relazionale – altrimenti definibile
esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane,
risarcibile nel caso in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili;
né tale conclusione contrasta col principio di unitarietà del danno non patrimoniale,
sancito dalla sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di
cassazione, giacché quel principio impone una liquidazione unitaria del danno, ma
non una considerazione atomistica dei suoi effetti).
6. Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia: “Omessa e/o
contraddittoria e/o motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio
(art. 360, n. 5, cod. proc. civ.), costituito dalla copertura assicurativa fornita alla
Wartsila dalla polizza n. 26.306-286-6 stipulata con la SASA”. Assume che la Corte
territoriale non ha fornito alcuna risposta alle legittime domande poste dalla Warstila
al punto G del proprio appello ed in particolare omesso di considerare il punto 7, lett.
B delle Condizioni particolari della polizza che non conteneva alcuna limitazione
temporale.
7. Il motivo è infondato.
Le censure attengono alla interpretazione di un atto contrattuale (polizza).
In termini generali, l’interpretazione di ogni atto contrattuale, richiedendo
l’accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si

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secondo cui il danno biologico – cioè la lesione della salute -, quello morale – cioè la

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traduce in una indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, ed è
pertanto censurabile in sede di legittimità soltanto nel caso in cui la motivazione
risulti talmente inadeguata da non consentire la ricostruire l’iter logico seguito dal

violazione delle norme ermeneutiche. La denuncia di quest’ultima violazione esige
una specifica indicazione dei canoni in concreto non osservati e del modo attraverso
il quale si è realizzata la violazione, mentre la denuncia del vizio di motivazione
implica la puntualizzazione dell’obiettiva deficienza e contraddittorietà del
ragionamento svolto dal giudice di merito, non potendo nessuna delle due censure
risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si
sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (cfr. ex multis
Cass. n. 26683 del 3 dicembre 2006).
Orbene, la società ricorrente per correttamente investire questa Corte
dell’erroneità dell’interpretazione fornita dal giudice del merito alla polizza indicata
avrebbe dovuto dedurre una specifica violazione dei criteri legali di ermeneutica
contrattuale ovvero specifici vizi di motivazione.
Nella specie la Wartsila si è limitata solo a prospettare una diversa (e più
favorevole) interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante, il che non è
ammissibile (cfr. anche Cass. n. 3772 del 25 febbraio 2004).
Del resto, in ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario
che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in
astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non
è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice,

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giudice per attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di

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dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (si veda, tra
le altre, Cass. n. 4178 del 22 febbraio 2007).
In ogni caso, nella fattispecie in esame non si ravvisa nel ragionamento della

cod. civ. e segg.) né un vizio di motivazione (art. 360 cod. proc. civ., n. 5) avendo i
giudici di appello ritenuto che la polizza cui aveva fatto riferimento il giudice di
primo grado non consentisse di ricomprendere nella copertura assicurativa la malattia
professionale del Latartara (verificatasi prima della data di decorrenza stabilita in
contratto) e che non potesse farsi riferimento ad una polizza precedentemente
stipulata (peraltro tardivamente prodotta dalla società) che aveva esaurito la propria
efficacia molto tempo prima della data alla quale andava fatta risalire la malattia
dell’ appellato.
8. Il ricorso principale deve, di conseguenza, essere rigettato.
9. Con l’unico motivo di ricorso incidentale Giuseppe Latartara denuncia:
“Omessa, contraddittoria insufficiente motivazione circa un punto decisivo della
controversia ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.; violazione e falsa
applicazione degli artt. 1123, 2043, 2087 e 2059 cod. civ., 40, 41 e 185 cod. pen., 29,
30 e 31 Cost. ed infine art. 2697 cod. civ.”. Si duole della perentoria ed immotivata
esclusione del rapporto causale tra la riconosciuta patologia da stress e la nefasta
patologia tumorale da cui è afflitto il ricorrente.
10. Anche tale motivo è infondato.
Per costante insegnamento di questa S.C., nei giudizi in cui sia stata esperita
c.t.u. medico-legale, nel caso in cui il giudice del merito si basi sulle conclusioni
dell’ausiliare giudiziario, affinché i lamentati errori e lacune della consulenza tecnica

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Corte leccese né violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362

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determinino un vizio di motivazione della sentenza denunciabile in cassazione, è
necessario che i relativi vizi logico-formali si concretino in una palese devianza dalle
nozioni della scienza medica o si sostanzino in affermazioni illogiche o

indicare le relative fonti, senza potersi la stessa limitare a mere considerazioni che si
traducono in una inammissibile critica del convincimento del giudice di merito
fondato, per l’appunto, sulla consulenza tecnica (cfr, ex plurimis, Cass., n. 17324 del
25 agosto 2005; id. n. 7049 del 22 marzo 2007; n. 18906 del 7 settembre 2007; n.
8654 del 3 aprile 2008).
Nella specie la Corte territoriale ha ritenuto di avvalersi degli accertamenti e
delle valutazioni del consulente tecnico nominato nel corso del giudizio di primo
grado il quale aveva ritenuto, allo stato delle conoscenze, che non vi fosse alcuna
evidenza scientifica ed empirica che uno stato depressivo, anche se protratto nel
tempo, potesse determinare l’insorgenza di un processo tumorale. Dunque, ad avviso
della Corte leccese non vi erano elementi per sostenere che un evento stressante
potesse essere all’origine di quelle complesse trasformazioni, a livello cellulare, che
portano alla comparsa della malattia tumorale (ancorché quest’ultima fosse stata
diagnosticata nel giugno del 1999 e cioè due anni dopo l’arrivo del Latartara presso
la sede lavorativa ove egli era stato posto in una condizione di isolamento e
svilimento della sua dignità di uomo e lavoratore).
Rispetto a tali conclusioni, le censure del ricorrente incidentale si risolvono in
un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, e si
traducono, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice

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scientificamente errate, con il relativo onere, a carico della parte interessata, di

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(giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. n. 1652 del 03/02/2012; id. n. 569 del
12/01/2011; n. 22707 del 08/11/2010; n. 9988 del 29/04/2009).
E’, infatti, da rilevare che, nella fattispecie, alla valutazione del consulente

diverso apprezzamento della depressione quale fattore di rischio per la comparsa del
tumore, senza evidenziare alcuna specifica carenza o deficienza diagnostica o errore
scientifico, bensì limitandosi ad esprimere una diversa valutazione della relazione tra
l’una patologia e l’altra.
Si tratta di giudizio magari opinabile al pari, però, di quelli, di segno diverso,
menzionati dal ricorrente, cosicché non ricorre l’ipotesi dell’affermazione
sicuramente errata scientificamente.
11. Da tanto consegue che anche il ricorso incidentale deve essere rigettato.
12. L’esito del ricorso principale e di quello incidentale costituisco motivo per
compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
13. Infine, nulla va disposto per le spese nei confronti della SASA Ass.ni e
Riass.ni S.p.A.. rimasta solo intimata.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti costituite le spese
processuali del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2013
Il Consiglie

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tecnico d’ufficio recepita dal giudice di appello il ricorrente ha contrapposto un

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