Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16413 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 09/07/2014, dep. 05/08/2016), n.16413

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4118-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO PRODUTTORI LATTE DI ABBIATEGRASSO AGRICOLTORI AFFITTUARI

AGRICOLTORI in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE DI VILLA MASSIMO 36, presso lo studio

dell’avvocato RENATO DELLA BELLA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato EMILIO BAVIERA giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 86/2007 della COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA,

depositata il 16/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2014 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il controricorrente l’Avvocato DELLA BELLA che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’ufficio di Abbiategrasso dell’Agenzia delle Entrate notificava al Consorzio Produttori Latte di Abbiategrasso tra Agricoltori ed Affittuari Agricoltori un avviso di accertamento ai fini IRPEG, IRAP e IVA per l’anno 2002 con cui, sul presupposto che il consorzio operasse come una società commerciale e che le somme corrisposte ai consorziati al termine dell’annata agraria costituissero distribuzioni di utili e non saldo prezzo per il latte conferito, recuperava a tassazione oneri indeducibili ed IVA indebitamente detratta, liquidando le maggiori imposte dovute con gli interessi e le sanzioni di legge.

L’appello della parte avverso la sentenza della CTP di Milano, che ne aveva respinto il ricorso in primo grado, confermano la legittimità dell’operato dell’ufficio, era accolto dalla CTR Lombardia con la sentenza qui impugnata sulla base della considerazione che l’accertamento dell’ufficio era “infondato non solo in relazione alla costruzione giuridico contabile relativa alle somme corrisposte ai consorziati quale saldo prezzo e non utili d’esercizio, ma anche perchè interamente ed illegittimamente costruito sulla base del principio di cassa e non di competenza…. Consegue” – prosegue la motivazione del giudice d’appello – “che anche ai fini IVA si riconosce la regolarità delle fatture emesse: si deve infatti tener conto della volontà delle parti in ordine al sistema di regolazione dei rapporti che si inquadra tra le cause di determinazione delle variazioni in aumento (o in diminuzione) previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26. La procedura realizzata è quindi legittima”.

La cassazione di detta sentenza è ora chiesta dalla parte pubblica in forza di sette motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente in quanto astretti tra loro, l’impugnante Agenzia deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione rispettivamente al D.Lgs. n. 4467 del 1997, art. 5, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 13 e 19 che la CTR avrebbe consumato asseverando la tesi della deducibilità delle somme corrisposte dal consorzio ai singoli consorziati a titolo di saldo prezzo e della detraibilità dell’IVA assolta in relazione ad esse, ancorchè si fosse omesso di “investigare se il consorzio, in virtù di clausola statutaria o di contratto intercorso con i consorziati, avesse la giuridica obbligazione di corrispondere ai consorziati integrazioni del prezzo pagato per il latte conferito da questi ultimi nell’anno precedente” (primo e secondo motivo).

2.2. Il motivo è fondato.

La CTR ha – per vero – considerato sussumibili nella fattispecie di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (nel testo applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis), considerandoli come costi inerenti all’attività di impresa deducibili come elementi negativi del reddito, importi considerati “in punto di fatto” integrazione del prezzo del latte pagato dal Consorzio alle imprese consorziate. Per contro, va osservato che, ai sensi del comma quarto della norma in esame, ai fini della deducibilità delle componenti negative del reddito, è necessario che i costi risultino dal conto dei profitti e delle perdite, in modo che sia possibile correlarli ai ricavi, oppure da “elementi certi e precisi”, ovverosia desumibili da dati giuridico-contabili formali (Cass. 2168/2001; 15981/2002), ancorabili ad elementi di carattere obbligatorio, e non certo da dati meramente fattuali, come un mero intento delle parti che non si sia tradotto in un atto giuridico vincolante.

Allo stesso modo, in forza del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 13 e 19il diritto alla detrazione dell’IVA compete solo in relazione ai “corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali”, che costituiscono oggetto della rivalsa esercitata sul cessionario a norma dell’art. 18 del decreto citato, e non può, quindi, essere riconosciuto con riferimento ad una generica “volontà delle parti”, non tradottasi in accordi contrattuali vincolanti. Anche in tale ipotesi, dunque, la sussunzione – operata dalla CTR – del caso concreto nella fattispecie normativa, configurata dalle disposizioni summenzionate, si palesa del tutto erronea.

Per le ragioni esposte, pertanto, i motivi in esame devono essere accolti.

3.1. Vizio di motivazione sotto il profilo della sua insufficienza si deduce con il terzo e quarto motivo di gravame, posto che i giudici di appello avrebbero rispettivamente assunto che le somme annualmente corrisposte ai consorziati costituiscano integrazione del prezzo e che il consorzio fosse obbligato al suo pagamento con motivazione palesemente insufficiente, affermando anapoditticamente un fatto “senza palesare fonti o ragioni del convincimento” (terzo motivo) ovvero l’esistenza di “un’obbligazioner3di pagare totalmente indimostrata” (quarto motivo), in entrambi i casi senza considerare elementi che ben potevano condurre all'”affermazione di un fatto diverso” o a “negare l’esistenza di siffatto obbligo”.

3.2. Il terzo motivo è parzialmente fondato.

La motivazione omessa o insufficiente è – per vero – configurabile ogni qual volta dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento (SS.UU. 24148/2013).

Ebbene, nel caso di specie, la censura di insufficiente motivazione va senz’altro accolta, con riferimento al secondo dei profili indicati dalla citata decisione delle Sezioni Unite. Il giudizio di fatto operato dalla CTR nel considerare come integrazioni di prezzo – e non come utili ripartiti alle imprese consorziate, come ritenuto dall’Ufficio – le somme distribuite dal Consorzio a queste ultime al termine dell’annata agraria, si palesa, infatti, fondato su asserzioni del tutto anapodittiche, ancorate ad argomentazioni generiche (“in punto di fatto”, “la volontà” delle parti), come tali inidonee a rendere ostensivo l’iter logico-giuridico su cui si fonda il convincimento del giudice di appello.

Per quanto concerne, invece, l’altro aspetto della doglianza in disamina, concernente l’obliterazione di elementi decisivi ai fini del decidere, il motivo di ricorso è da ritenersi non conforme al principio di autosufficienza in quanto 1′ Amministrazione ricorrente non ha indicato, e tanto meno trascritto, l’atto processuale nel quale, nei giudizi di merito, abbia – in ipotesi – dedotto gli elementi suindicati, al fine di consentire alla Corte di stabilire se essi siano stati effettivamente pretermessi dalla CTR.

Sotto il profilo in questione, pertanto, il motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

3.3. Il quarto motivo è perciò assorbito dal terzo.

4.1. Il quinto motivo di ricorso imputa alla sentenza gravata violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 e art. 112 c.p.c. in quanto la CTR ha ritenuto illegittimo l’avviso impugnato avanti a sè perchè fondato sul principio di cassa e non di competenza malgrado “controparte non avesse mai dedotto che l’accertamento fosse viziato per essere fondato sul principio di cassa e non su quello di competenza”, sicchè avendo statuito in questi termini la sentenza è incorsa nel vizio di ultra-extrapetizione.

4.2. Il motivo è fondato.

Il carattere impugnatorio del processo tributario, infatti, comporta l’ identificazione del “petitum” e della “causa petendi” con la domanda ed i motivi del ricorso (20398/2005), attesa l’applicabilità a tale giudizio – in forza del rinvio generale contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 – delle norme e dei principi dei rito civile ordinario, compreso quello della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato enunciato dall’art. 112 c.p.c., salva la possibilità per il giudice di qualificare giuridicamente in maniera diversa il fatto controverso (22932/2005; 21221/2006; 7393/2012).

Ebbene, nel caso concreto, nè dalla sentenza impugnata, che riporta le ragioni fatte valere del contribuente in primo ed in secondo grado, nè dalla trascrizione del ricorso introduttivo del contribuente, operata dall’Agenzia delle entrate nel ricorso per cassazione, è dato desumere che il Consorzio abbia fatto valere in giudizio anche l’illegittimità dell’avviso di accertamento perchè fondato sul principio di cassa e non su quello di competenza. Sicchè la dedotta ultrapetizione deve ritenersi sussistente.

Il motivo va, di conseguenza, accolto.

5.1. Con il sesto e settimo motivo si denuncia vizio di motivazione sotto il profilo rispettivamente dell’omessa motivazione e dell’insufficiente motivazione non essendosi accertato “se la controparte avesse dedotto che l’accertamento era illegittimo giacchè fondato sul principio di cassa e non di competenza” (sesto motivo) ed essendo basata “su ragioni del tutto illogiche ed insignificanti” l’affermazione secondo cui l’accertamento è stato operato su criteri di cassa e non di competenza (settimo motivo).

5.2. Le censure sono da ritenersi assorbite dall’accoglimento del quinto motivo, laddove si è affermato, al riguardo, che il giudice di appello non avrebbe dovuto neppure pronunciarsi su tale profilo, in quanto attinente ad una questione mai dedotta in giudizio dal contribuente.

6. L’accoglimento del primo, secondo, terzo (nei limiti suindicati) e quinto motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, motivando adeguatamente in ordine ai punti suindicati, ed attenendosi ai seguenti principi di diritto: “ai fini della deducibilità delle componenti negative del reddito, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 4, è necessario che i costi risultino dal conto dei profitti e delle perdite oppure da “elementi certi e precisi”, ovverosia desumibili da dati giuridico-contabili formali, ancorabili ad elementi di carattere obbligatorio, e non da dati meramente fattuali, come un mero intento delle parti che non si sia tradotto in un atto giuridico vincolante”; “in forza del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 13 e 19 il diritto alla detrazione dell’IVA compete solo in relazione ai “corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali”, e non con riferimento ad una generica volontà o disponibilità delle parti, non tradottasi in accordi contrattuali vincolanti”.

7. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie primo, secondo, terzo, nei limiti di cui in motivazione, e quinto motivo di ricorso, assorbiti quarto, sesto e settimo, rigetta il terzo nel resto; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvederà alla liquidazione anche delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 9 luglio 2014.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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