Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16411 del 04/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 04/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.04/07/2017),  n. 16411

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17320/2013 proposto da:

A.M. (OMISSIS), A.V. (OMISSIS), in proprio e nella

qualità di procuratrice di A.W. (OMISSIS),

AL.MA.TE. (OMISSIS), in proprio e nella qualità di procuratrice di

AL.AN.MA. (OMISSIS), elettivamente domiciliate a ROMA,

VIA VIRGILIO 11, presso lo studio dell’Avvocato GIORGIO MIRTI DELLA

VALLE, che le rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente

all’Avvocato CARLO ZAMPAGLIONE;

– ricorrenti –

contro

AVV. R.P., elettivamente domiciliata a ROMA, VIA COSSERIA

5, presso lo studio dell’Avvocato MARIA LUISA PAGANO, rappresentata

e difesa da sè stessa;

AVV. D.A.E., elettivamente domiciliato a ROMA, via

MONTE ZEBIO 9, presso lo studio dell’Avvocato GIORGIO DE ARCANGELIS,

rappresentato e difeso da sè stesso;

C.F., elettivamente domiciliata a ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI 53, presso lo studio dell’Avvocato CARMELA GIUFFRIDA,

rappresentata e difesa dall’Avvocato FRANCESCO CACCIOLA;

B.G. e L.T.M.T., aventi causa a titolo

ereditario di B.C. e la seconda anche in proprio,

B.D., L.C.A.,

L.C.M., M.D., rappresentati e difesi dall’Avvocato

CODAGNONE GIOVANNI, e l’AVV. CODAGNONE GIOVANNI, che rappresenta e

difende sè stesso, ed elettivamente domiciliati a MESSINA, via

GHIBELLINA 46;

– controricorrenti –

e contro

AN.RO., AN.SI. ed AN.ZI.SI., in

proprio e quali eredi di An.Gi.; BR.GI.;

CO.PA.; D.G.A.; G.D.,

G.M., G.N. e G.E., nella qualità di eredi

di G.G.; L.M.C., MA.GI.,

MA.BA. E MA.MA.GR., quali eredi di

Ma.An.; P.I.; P.M.; PROVINCIA D’ITALIA

DEI MISSIONARI OBLATI DI MARIA IMMACOLATA; R.P.;

S.C.; S.C.A.; SQ.CA.AT.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 339/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 029/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/05/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;

sentito il PUBBLICO MINISTERO, in persona del SOSTITUTO PROCURATORE

GENERALE, Dott. SERVELLO Gianfranco, il quale ha concluso per il

rigetto del ricorso;

sentito, per le ricorrenti, l’Avvocato GIORGIO MIRTI DELLA VALLE.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

A.M., A.V., in proprio e nella qualità di procuratrice di A.W., ed Al.Ma.Te., in proprio e nella qualità di procuratrice di Al.An.Ma., con citazione notificata il 11/6/1991, dopo aver dedotto di essere comproprietarie del locale seminterrato, compreso nell’isolato (OMISSIS) del PRG di Messina, costituente il garage dello stabile avente ingresso al n. (OMISSIS) e che i condomini del fabbricato hanno sempre utilizzato tale locale per il parcheggio delle proprie autovetture senza corrispondere alle proprietarie quanto dovuto per l’acquisto della proprietà o per l’esercizio del diritto d’uso sulle aree di parcheggio, hanno convenuto in giudizio i condòmini del predetto edificio o i loro aventi causa, chiedendo al tribunale di “1) riconoscere e dichiarare o trasferire in capo a ciascuno dei condomini dell’edificio compreso nell’is. (OMISSIS) del P.R. di Messina ed avente ingresso dal n. civico (OMISSIS), la proprietà, pro quota, del locale seminterrato costituente il garage dello stabile; 2) in via subordinata, riconoscere e dichiarare o trasferire in capo a ciascuno dei condomini anzidetti il diritto reale d’uso, pro quota, dello stesso stabile seminterrato; 3) riconoscere e dichiarare la protratta utilizzazione, pro quota, del locale seminterrato in capo a ciascun condomino; 4) determinare, con riguardo alle situazioni indicate nelle domande che precedono, i corrispettivi in ordine ai superiori diritti ed i compensi per la protratta utilizzazione, dovuti da ciascuno dei condomini, previa specificazione ed individuazione delle quote superficiarie del locale a ciascuno spettanti, e condannare ciascuno di essi al pagamento di tutto quanto dovuto in favore delle attrici, con gli interessi di legge…”.

Alcuni dei condomini convenuti in giudizio si sono costituiti, contestando la fondatezza delle domande e svolgendo, alcuni tra essi, domande riconvenzionali.

Il tribunale di Messina, con sentenza n. 2464/2004, ha così statuito: “… 3) riconosce e dichiara a norma della L. n. 765 del 1967, art. 18, che i condomini acquirenti o loro aventi causa delle singole unità immobiliari ricadenti nel fabbricato… sono contitolari pro-quota e tutti indistintamente del diritto reale di uso della spazio (area) del piano cantinato riservato a parcheggio delle auto…; 4) dichiara la nullità dei singoli contratti di acquisto nella parte in cui viene statuito: “la rimanente parte del piano seminterrato, compresa la scala di raccordo con la via pubblica (via (OMISSIS)) rimane di esclusiva proprietà dei venditori” ad essa clausola sostituendosi automaticamente, ex art. 1419 c.c., comma 2, la norma imperativa concernente il vincolo di destinazione…; 5) per l’effetto, fa obbligo ai convenuti ciascuno pro-quota e tutti in solido di versare agli attori, ad integrazione del prezzo di acquisto della singola unità immobiliare, in dipendenza del riconosciuto diritto reale d’uso del posto auto, la complessiva somma di Euro 154.860,00 (Euro 206.480,00 – 51.620,00), pari al valore unitario di Euro 600,00/mq.,… ponendo in compensazione la somma da ciascuno dovuta con quella a suo tempo versata in relazione al rapporto obbligatorio intercorso con le attrici, per l’utilizzazione dei singoli posti auto; 6) rigetta ogni altra e qualsiasi domanda…”.

Con atto notificato il 3/11/2005, le attrici hanno proposto appello censurando la sentenza impugnata in relazione a:

1) l’erronea quantificazione del corrispettivo riconosciuto alle attrici per il trasferimento del diritto reale d’uso delle aree di parcheggio, sul rilievo che il consulente tecnico d’ufficio ha, da un lato, proceduto ad una valutazione del corrispettivo in Euro 600,00 al mq, dopo aver operato una decurtazione del 25%, pur se il diritto di uso non è temporalmente limitato, per cui, di fatto, svuota la proprietà di ogni significato, attribuendo, quindi, all’area un valore di gran lunga inferiore rispetto a quello di mercato, e, dall’altro, ha errato nel conteggio dei metri quadri agibili per ciascun posto auto, non avendo tenuto conto della reale situazione dei luoghi, che consente una capienza di ben venti autovetture, ed omettendo di considerare che esistono spazi adibiti al ricovero di motocicli, una rampa e aree di scorrimento;

2) il mancato riconoscimento del corrispettivo per il protratto utilizzo dell’area di parcheggio, determinato dal consulente nella somma di Euro 125.470,45 per il periodo che va dal 1991 al 2003, dovendo, però, aggiungere anche il periodo che va dal 13/6/1986 al 12/6/1991 e poi i canoni dovuti dal 1991 in poi;

3) l’erroneità della disposta compensazione tra la somma dovuta quale integrazione del prezzo e la somma a suo tempo versata per l’uso dei posti auto, essendo stato documentato che le somme versate si siano limitate dal pagamento delle tasse comunali, ICI, pulizia ed accessorie di agibilità del locale, trattandosi di spese che comunque avrebbero dovuto gravare su chi utilizzava il locale;

chiedendo, quindi, che la corte d’appello volesse “1) riconoscere e dichiarare inadeguato il valore attribuito all’area di parcheggio…; 2) riconoscere e dichiarare che il tribunale non ha stabilito il compenso dovuto per il godimento dell’area parcheggio dal 1986 a tutt’oggi; 3) riconoscere e dichiarare non dovuta la compensazione stabilita dal tribunale; 4) conseguentemente condannare gli appellati, ciascuno pro-quota e tutti in solido, all’integrazione del prezzo di acquisto delle singole unità immobiliari nella misura di Euro 443.200,00 o in quell’altra determinata dalla Corte a seguito di c.t.u. oltre interessi e rivalutazione…”.

La gran parte degli appellati si sono costituiti ed alcuni di essi hanno, a loro volta, proposto appello incidentale.

La corte d’appello di Messina, con sentenza n. 339 del 23/4.2/5/2013, ha, in sostanza, rilevato, per un verso, che, a norma della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, nel testo introdotto dalla L. n. 765 del 1967, applicabile nella specie ratione temporis, “le pattuizioni negoziali che, sotto forma di riserva di proprietà a favore del costruttore o di cessione a terzi, sottraggono ai condomini l’uso del parcheggio vengono considerate nulle e, di conseguenza, il contratto traslativo della proprietà di un appartamento in condominio che non preveda anche il contestuale trasferimento del posto-auto va integrato ope legis, ai sensi dell’art. 1374 c.c., con il riconoscimento di un diritto reale di uso su quello spazio in favore del condomino e di un diritto dell’alienante ad una integrazione del prezzo, nel caso in cui esso sia stato determinato solo sulla base del valore dell’appartamento”, con la conseguente fondatezza, quanto al caso di specie, della domanda volta a costituire il diritto reale d’uso in favore degli acquirenti delle singole unità immobiliari, e, per altro verso, che, a fronte della necessità di determinare, in funzione integrativa del prezzo di vendita, la quota parte spettante alla parte venditrice, così come stimata dal consulente tecnico d’ufficio alla data del 13/6/2003, deve tenersi conto, in sede di compensazione, delle somme che, negli anni pregressi, i singoli condomini ed utilizzatori dei posti/macchina hanno corrisposto per tale utilizzo, a titolo locativo (avendo “… nel tempo il canone locativo… rappresentato una sorta di anticipazione di ciò che ora costituisce la c.d. integrazione del prezzo della vendita”), da rideterminare, però, alla medesima data, con il conteggio degli interessi legali decorrenti dai singoli pagamenti sino al 13/6/2003 (ed, in dispositivo, fissata “sino alla corresponsione della integrazione del prezzo”).

Per il resto, la corte ha ritenuto corretta la stima operata dal consulente tecnico di Euro 600,00 al mq., quale prezzo integrativo, che “ciascuno dei condomini interessati potrà versare”, salvo rinuncia, in “misura corrispondente alla propria quota millesimale nel Condominio”, con esclusione, però, in riforma della sentenza del tribunale, della solidarietà sul punto tra gli stessi: tuttavia, in ragione dei due posti auto che le stesse appellanti A., quali condòmine, si sono già riservate in proprietà e del posto auto che risulta già attribuito in proprietà al condomino T. (e, quindi, senza la relativa riserva in favore della parte venditrice), la corte ha provveduto a ridurre dagli originari 17 a 14 il numero dei posti auto attribuibili in diritto d’uso, e, quindi, in proporzione, la somma complessivamente dovuta a titolo di prezzo integrativo da Euro 154.860,00 ad Euro 127.531,76, ed ha limitato a due i posti auto riservati alle appellanti A. condomine, escludendolo, invece, per le appellanti non condomine, fermo restando che, in ragione della rinunciabilità del diritto d’uso da parte dei singoli condomini, il divieto per non condomini di parcheggiare sussisterà solo nel caso in cui gli acquirenti risultino di eguale o superiore numero rispetto ai quattordici posti auto disponibili.

In forza di tali rilievi, la corte ha rigettato l’appello principale ed, in parziale accoglimento delle impugnative incidentali, ha così stabilito: “riduce ad Euro 127.531,76… il complessivo importo ad integrazione del prezzo di acquisto delle singole unità abitative, oltre accessori…, escludendo la solidarietà nel relativo pagamento a carico dei condomini appellati, rispondendone ciascuno degli stessi, ove interessato, secondo la rispettiva quota condominiale e dovendosi tener conto, nella compensazione, delle somme già versate ad esclusivo titolo locativo, come nella sentenza gravata…, oltre dei relativi interessi con decorrenza dai singoli pagamenti e sino alla corresponsione della integrazione del prezzo; limita l’uso dell’area a parcheggio delle condomine A. e fa divieto ad appellanti non condomine di utilizzo dell’area a parcheggio alle condizioni in motivazione specificate”, rigettando, per il resto, ogni altro motivo di impugnativa incidentale.

La sentenza della corte d’appello è stata notificata il 16/5/2013.

A.M., A.V., in proprio e nella qualità di procuratrice di A.W., ed Al.Ma.Te., in proprio e nella qualità di procuratrice di Al.An.Ma., con ricorso notificato tra il 13 ed il 15/7/2013 e depositato il 23/7/2013, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello.

Hanno resistito al gravame: R.P., con controricorso notificato il 28/9/2013 e depositato il 22/10/2013; D.A.E., con controricorso notificato il 10/10/2013 e depositato il 25/10/2013; C.F., con controricorso notificato il 10/10/2013 e depositato il 29/10/2013; B.G. e L.T.M.T., aventi causa a titolo ereditario di B.C. e la seconda anche in proprio, B.D., L.C.A., L.C.M., M.D. e Codagnone Giovanni, con controricorso notificato il 10/10/2013 e depositato il 29/10/2013.

Le ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, intitolato “violazione o falsa applicazione della L. n. 765 del 1967, art. 18, introduttivo della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, e/o, comunque, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, le ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata:

a) per aver erroneamente applicato, nella determinazione della misura della superficie vincolata in favore dei proprietari delle unità immobiliari e del corrispettivo conseguentemente dovuto alle proprietarie dell’area di parcheggio, il criterio normativamente previsto dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, vale a dire, nella misura minima, “un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione realizzata” (pari, nella specie – pur a fronte di una superficie netta fruibile di mq. 609,96 – a 554,24 mq., e cioè 1/20 del volume di mc. 11.084,85), tenendo, invece, esclusivamente conto dei posti auto astrattamente realizzabili (quattordici) e della loro complessiva superficie (mq. 212,25), e, quindi, determinando in Euro 127.531,76 il corrispettivo complessivamente dovuto a titolo d’integrazione dell’originario prezzo d’acquisto delle singole unità immobiliari, laddove, con il primo motivo d’appello, le ricorrenti avevano chiesto alla corte d’appello di tener conto, ai fini della determinazione del quantum loro dovuto, dell’intera area (rampa di accesso e zone di scorrimento e manovra compresa) sottoposta a vincolo;

b) per aver sottratto dal computo dei metri quadri considerati ai fini della liquidazione del corrispettivo dovuto alle proprietarie l’estensione dei posti auto riservati alle proprietarie condomine A.M. e A.V., senza tener conto del fatto che l’estensione del vincolo sulla aree di parcheggio risponde unicamente a quella del citato standard, corrispondente al rapporto (pari ad 1/20) tra cubatura complessiva e superficie destinata a parcheggio, a nulla rilevando il numero degli appartamenti realizzati, il numero dei condomini o la qualità di condòmine possedute da talune proprietarie;

c) per aver limitato l’uso dell’area a parcheggio e fatto divieto alle appellanti non condomine l’uso dell’area a parcheggio, posto che, relativamente alla differenza tra la superficie totale fruibile e quella vincolata, la proprietà di A. e Al. rimane, a prescindere dalla qualità di condòmine, assolutamente piena;

d) per aver ripartito l’obbligo di pagamento il corrispettivo riconosciuto alle appellanti sulla base dei millesimi a ciascuno riferibili, pur a fronte dell’uguale ed indistinto riconoscimento di un diritto d’uso sull’intera superficie di parcheggio unitariamente considerata.

1.1. Il motivo è, nel suo complesso, infondato.

Quanto al rilievo sub a), rileva la Corte che i motivi del ricorso per cassazione devono, com’è noto, investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti (Cass. n. 16742/2005).

Nel caso in esame, l’atto d’appello – per come (incontestatamente) ricostruito nella sentenza della corte territoriale (p. 7, 8) e nello stesso ricorso per cassazione (p. 10) – ha investito esclusivamente la determinazione del valore attribuito dal consulente tecnico d’ufficio all’area ed il conteggio operato dallo stesso dei metri quadri agibili per ciascun posto auto (solo) per non aver tenuto conto che la reale situazione dei luoghi consente una capienza di venti autovetture e che esistono spazi adibiti al ricovero di motocicli, una rampa e aree di scorrimento: non risulta, invece, che abbia investito la determinazione del valore dell’area vincolata sul presupposto che la stessa si estendesse per 554,24 mq., pari ad 1/20 del volume di mc. 11.084,85.

Del resto, seppure così non fosse, il rilievo in esame sarebbe del tutto infondato.

La corte d’appello, infatti, chiamata a pronunciarsi per stabilire non già la misura esatta dell’area vincolata ai sensi dell’art. 41 sexies cit., quanto il corrispettivo dovuto da ciascun acquirente, quale integrazione del prezzo di vendita dei singoli appartamenti, ha osservato, per un verso, che “le pattuizioni negoziali che, sotto forma di riserva di proprietà a favore del costruttore o di cessione a terzi, sottraggono ai condomini l’uso del parcheggio vengono considerate nulle”, e, per altro verso, che “il contratto traslativo della proprietà di un appartamento in condominio che non preveda anche il contestuale trasferimento del posto-auto va integrato ope legis, ai sensi dell’art. 1374 c.c., con il riconoscimento di un diritto reale di uso su quello spazio in favore del condomino e di un diritto dell’alienante ad una integrazione del prezzo, nel caso – come quello di specie – in cui esso sia stato determinato solo sulla base del valore dell’appartamento”, affermando, per l’effetto, la necessità di determinare, in funzione integrativa del prezzo di vendita, la quota parte spettante alla parte venditrice, e correttamente determinandola con riguardo al valore di mercato, così come accertato dal consulente tecnico d’ufficio alla data del 13/6/2003, della sola area effettivamente (e complessivamente) utilizzabile per i posti auto.

In tal senso, del resto, si è espresso la giurisprudenza di questa Corte la quale – dopo aver evidenziato che l’integrazione del contenuto del contratto, ai sensi dell’art. 1419 c.c., comma 2, riguarda esclusivamente la clausola che, riservando al venditore la priorità esclusiva dell’area o di parte dell’area destinata a parcheggio, la sottragga alla sua destinazione, e che, per effetto di tale meccanismo, la clausola contrattuale viene automaticamente sostituita di diritto con la norma imperativa che sancisce il proporzionale trasferimento del diritto d’uso a favore dell’acquirente di unità immobiliari comprese nell’edificio – ha rilevato come il diritto dell’alienante al corrispettivo del diritto d’uso sull’area serve ad integrare l’originario prezzo della compravendita e dev’essere determinato in base al prezzo di mercato, presumendosi che, in difetto di pattuizione tra le parti, il prezzo normalmente praticato dall’alienante, cui occorre riferirsi ai sensi dell’art. 1474 c.c., comma 1, corrisponda, appunto, a quello di mercato (Cass. n. 5160/2006, in motiv.).

I rilievi sub b) e d) non colgono, invece, la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Il giudice di merito, infatti, nel ripartire il corrispettivo riconosciuto alle appellanti sulla base dei millesimi riferibili a ciascuno dei condomini, si è solo limitato, evidentemente, a stabilire che il relativo obbligo di pagamento (al pari del prezzo originario d’acquisto, di cui è un’integrazione) dev’essere determinato, per ciascuno di essi, in corrispondenza (e, quindi, rispetto agli altri, in proporzione) alla misura, quale poi espressa in millesimi, dell’appartamento acquistato, così come, nell’escludere dal computo dei metri quadri considerati ai fini della liquidazione del corrispettivo dovuto alle proprietarie l’estensione dei posti auto già riservati alle condomine A.M. e A.V., ha solo escluso, come è ovvio, che l’integrazione del prezzo dovuto dai condòmini acquirenti fosse calcolata anche relativamente ai posti auto delle stesse ricorrenti venditrici.

Anche il rilievo sub c) non coglie la ratio decidendi della sentenza che ha, bensì, escluso, per le appellanti non condomine, la titolarità del diritto d’uso del posto auto (p. 21) ma non ne ha escluso la proprietà dell’area corrispondente, al pari delle altre ricorrenti condomine, precisando, peraltro, che, in ragione della rinunciabilità del diritto d’uso da parte dei singoli condomini, il divieto per non condomini di parcheggiare sussisterà solo nel caso in cui gli acquirenti risultino di eguale o superiore numero rispetto ai quattordici posti auto disponibili (p. 22, 23).

2.Con il secondo motivo, intitolato “violazione o falsa applicazione degli artt. 1322 e 1474 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere, la Corte d’Appello, disapplicato il principio dispositivo in forza del quale, a garanzia del sinallagma contrattuale, la determinazione della misura del corrispettivo andava determinata con riferimento all’effettiva misura della superficie sottoposta a vincolo e secondo i valori di mercato e/o comunque, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, le ricorrenti hanno censurato la sentenza gravata:

a) per aver erroneamente determinato l’estensione del vincolo imposto ope legis alla proprietà (554,24 mq. in luogo dei considerati 212,25 mq.) e di aver, quindi, escluso il riequilibrio del sinallagma contrattuale per la non trascurabile misura di 310,76 mq., pur se sottratti alla loro disponibilità;

b) per aver determinato l’integrazione del prezzo dovuto procedendo, come già denunciato con il secondo motivo d’appello, alla illegittima decurtazione del 25% del prezzo unitario di Euro 800,00 al mq. stabilito dal consulente tecnico d’ufficio, trattandosi di un diritto reale d’uso che non è temporalmente limitato e che, pertanto, svuota di ogni significato il contenuto del diritto di proprietà.

2.1. Anche tale motivo è, nel suo complessivo, infondato.

Il rilievo sub a) investe una questione nuova, non risultando trattata nella sentenza impugnata, ed è, quindi, inammissibile: è, infatti, noto che, quando, con il ricorso per cassazione, siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. n. 7472/2017, in motiv.).

Il rilievo è, del resto, infondato: il sinallagma dei singoli contratti di compravendita degli appartamenti, invero, dev’essere equilibrato non già avendo riguardo alla superficie vincolata ex lege, quanto a quella corrispondente ai singoli posti auto sui quali i singoli acquirenti hanno acquistato il diritto d’uso.

Anche il rilievo sub b) risulta inammissibile: premesso, infatti, che la corte d’appello ha inteso determinare il prezzo integrativo in base al valore di mercato del diritto d’uso dei posti auto riconosciuto ai condomini e che nessuna violazione di legge è ravvisabile nella relativa statuizione (Cass. n. 5160/2006, in motiv.: il diritto dell’alienante al corrispettivo del diritto d’uso sull’area serve ad integrare l’originario prezzo della compravendita e dev’essere determinato in base al prezzo di mercato, presumendosi che, in difetto di pattuizione tra le parti, il prezzo normalmente praticato dall’alienante, cui occorre riferirsi ai sensi dell’art. 1474 c.c., comma 1, corrisponda, appunto, a quello di mercato), neppure può rinvenirsi, sul punto, il vizio di motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, il quale, infatti, sussiste solo se, nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 6288/2011).

D’altra parte, la corte d’appello ha, sul punto, anche rilevato che le censure svolte dalle appellanti culla correttezza e congruità della valutazione operata dal consulente tecnico di ufficio non è stata supportata da alcun altro parere tecnico: e tale ratio decidendi, di per sè sufficiente a fondare la reiezione del motivo in quanto, appunto, privo di supporto probatorio, non risulta attinta da alcuna censura.

Ed è noto che, ove la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. n. 4293/2016).

3. Con il terzo motivo, intitolato “violazione o falsa applicazione degli artt. 1241, 1242, 1243, 2697 c.c. e art. 115 del c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte d’Appello disposto la compensazione di somme tra le parti in causa senza previo raggiungimento della prova in ordine alla liquidità d uno dei crediti compensati e/o comunque, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, le ricorrenti hanno censurato la pronuncia impugnata per aver disposto la compensazione tra l’obbligo delle parti convenute, poi appellate, di pagare il prezzo integrativo, e le somme asseritamente versate in forza di un rapporto locativo, in violazione degli artt. 1241, 1242, 1243 c.c., i quali richiedono la liquidità dei rispettivi debiti o, quanto meno, che il debito sia di pronta liquidazione: in giudizio, infatti, non è stata fornita o raggiunta la prova dell’avvenuta instaurazione di un rapporto obbligatorio di tipo locatizio e dell’ammontare delle somme versate in ragione dello stesso e dei titolari dei corrispondenti controcrediti, essendo, piuttosto, emerso che le uniche somme versate dagli utilizzatori dell’area hanno avuto causa negli artt. 1004, 1008 e 1026 c.c., per la ripartizione delle spese sopportate in relazione al pagamento di tasse ed imposte nonchè in quelle necessarie a garantire l’agibilità del locale.

3.1. Il motivo è infondato.

La corte d’appello, infatti, dopo aver osservato, come già visto, che “le pattuizioni negoziali che, sotto forma di riserva di proprietà a favore del costruttore o di cessione a terzi, sottraggono ai condomini l’uso del parcheggio vengono considerate nulle” e che, di conseguenza, “il contratto traslativo della proprietà di un appartamento in condominio che non preveda anche il contestuale trasferimento del posto-auto va integrato ope legis, ai sensi dell’art. 1374 c.c., con il riconoscimento di un diritto reale di uso su quello spazio in favore del condomino e di un diritto dell’alienante ad una integrazione del prezzo, nel caso in cui esso sia stato determinato solo sulla base del valore dell’appartamento”, ha stabilito, nella specie, che, a fronte della necessità di determinare, in funzione integrativa del prezzo di vendita, la quota parte spettante alla venditrice, così come stimata dal consulente tecnico d’ufficio alla data del 13/6/2003, deve tenersi conto delle somme che, negli anni pregressi, i singoli condomini ed utilizzatori dei posti/macchina hanno corrisposto per tale utilizzo, a titolo locativo (avendo “… nel tempo il canone locativo… rappresentato una sorta di anticipazione di ciò che ora costituisce la c.d. integrazione del prezzo della vendita”), da rideterminare, però, alla medesima data, con il conteggio degli interessi legali decorrenti dai singoli pagamenti sino al 13/6/2003 (ed, in dispositivo, fissata “sino alla corresponsione della integrazione del prezzo”).

Si tratta, come è evidente, non già di una vera e propria compensazione tra contrapposti rapporti obbligatori, a norma degli artt. 1241 c.c. e segg., quanto di una forma di decurtazione, in sè non censurata, del prezzo integrativo da corrispondere, in corrispondenza delle somme versate, a titolo di locazione, da ciascun condomino utilizzatore, oltre interessi.

Nè può rinvenirsi, in tale punto, il vizio di motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, il quale, infatti, come in precedenza osservato, sussiste solo se, nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 6288/2011).

4. Con il quarto motivo, intitolato “violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per aver ritenuto, la Corte d’Appello, la proprietà di una quota ipotetica dell’area di parcheggio per cui è causa in capo al sig. T.S. e, conseguentemente, determinato il corrispettivo dovuto alla proprietà per il trasferimento del diritto d’uso previa sottrazione dei relativi metri quadri”, le ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per aver ritenuto che al condomino T. sia stato attribuito il posto auto in proprietà pur essendo mancato, in giudizio, qualsivoglia riscontro di tale fatto, in tal modo violando, nella corrispondente riduzione del corrispettivo, i principi stabiliti dall’art. 112 c.p.c. e dall’art. 115 c.p.c..

I controricorrenti hanno, sul punto, eccepito che nell’atto di acquisto del T. non è stata inserita la clausola contenente la riserva di proprietà del locale cantinato e che il T., pur essendo tra i condòmini dell’edificio, non è stato convenuto in giudizio dalla ricorrenti proprio in quanto è l’unico titolare sin dall’atto di acquisto del posto auto.

4.1. Il motivo è infondato.

La corte d’appello ha, in effetti, affermato che, “senza riserva in favore di parte venditrice”, il condomino T. “risulta” già proprietario di un posto auto.

Ora, a fonte di tale accertamento, le ricorrenti hanno dedotto un errore del giudice di merito che, cadendo (non sulla valutazione ma) sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, è sindacabile, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c.: norma che vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte (Cass. n. 9536/2017).

Le stesse ricorrenti, però, non solo non hanno specificamente eccepito la mancanza, nel contratto di acquisto del T., della predetta riserva di proprietà in loro favore, ma hanno anche finito per confermarne l’inesistenza quando, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. (p. 16), hanno rilevato, senza contestare la veridicità del relativo assunto fattuale, che il tribunale di Messina, pronunciando nel 2015 sulla domanda proposta dal T. nei confronti delle sig.re A., ha preso atto della “assenza di riserva di proprietà piena sull’area del locale seminterrato da parte del proprietario-costruttore, in esito all’intervenuta compravendita dell’appartamento da questi operato…”, così ammettendo che l’atto di acquisto del T. non contiene alcuna riserva di proprietà in loro favore del locale seminterrato.

5. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, d’ufficio, in dispositivo.

7. La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese di lite, che liquida, per ciascuno di essi, in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per S.G. ed accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2017

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