Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16409 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. I, 30/07/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 30/07/2020), n.16409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12011/2015 proposto da:

Italfondiario S.p.a., nella qualità di procuratrice della Castello

Finance S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Luigi Lilio n. 95, presso lo

studio dell’avvocato Carsillo Teodoro, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Istria n. 2,

presso lo studio dell’avvocato Palone Simona, rappresentato e difeso

dall’avvocato Perlangeli Massimo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2640/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

04/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/07/2020 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

C.P. chiese al tribunale di Roma di accertare che il suo nominativo era stato illegittimamente segnalato, nel 2012, dalla Castello Finance s.r.l. alla centrale dei rischi della Banca d’Italia, per crediti in sofferenza risalenti al 1999, imputati da ultimo alla Office Service s.a.s. di cui il C. era stato accomandatario; specificamente chiese che la segnalazione fosse dichiarata illegittima e revocata, con riserva di agire verso la segnalante per il risarcimento dei danni;

il tribunale ha accolto la domanda dichiarativa sul presupposto che la condizione di sofferenza andava verificata al momento della segnalazione; in particolare ha ritenuto che nel 2012 il C. non versasse nella relativa condizione, che implica non un mero inadempimento ma una vera e propria insolvenza del debitore;

ad avviso del tribunale, per quanto il credito non fosse stato soddisfatto nel corso della procedura esecutiva intrapresa dalla banca contro la Office Service s.a.s., era decisiva la circostanza che solo nel 2012 il titolo di responsabilità era stato evidenziato al medesimo C. quale socio illimitatamente responsabile; socio che tuttavia, in quel momento, non poteva considerarsi insolvente, essendo divenuto titolare (per acquisti nel 2002 e nel 2008) di due immobili e di un altro finanziamento bancario;

la sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione di Italfondiario s.p.a., quale procuratore della Castello Finance s.r.l., sulla base di quattro motivi;

l’intimato si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – col primo mezzo è dedotto l’omesso esame di fatti decisivi a proposito della circostanza che la prima segnalazione, relativa al debito della società, era stata fatta nel 2005, a fronte di una posizione di rischio coinvolgente anche il socio illimitatamente responsabile, visto che la debitrice Office Service s.a.s., infruttuosamente sottoposta a procedura esecutiva, era stata cancellata dal registro delle imprese nell’anno 1999;

col secondo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., L. Fall., art. 147,artt. 2312 e 2324 c.c., D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 51 e 53 (cd. T.u.b.) come integrati dalla Delib. C.i.c.r. 29 marzo 1994 e dalle afferenti istruzioni della Banca d’Italia, per non avere il tribunale considerato che la segnalazione a sofferenza del C. aveva costituito l’effetto (puntualmente dedotto) della semplice volturazione della segnalazione della società, a fronte di una situazione di incapienza patrimoniale già al momento esistente; col terzo motivo si denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c., poichè l’avversa domanda era stata sostenuta da un rilievo (peraltro confutato e infondato) di intervenuta prescrizione del credito, mentre il tribunale l’aveva accolta sul diverso presupposto – non dedotto – della inesistenza della condizione di sofferenza all’atto della segnalazione;

infine col quarto mezzo è denunziata la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 414 c.p.c., essendo stata l’inesistenza della condizione di sofferenza dedotta da documenti prodotti fuori termine;

II. – prioritariamente deve essere esaminato il terzo motivo;

questo motivo è infondato, atteso che la condizione di sofferenza patrimoniale era rimessa alla valutazione d’ufficio del giudice del merito, essendo stato contestato in radice il presupposto della segnalazione; cosicchè non v’è tema per discorrere di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;

III. – viceversa i primi due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati;

dal ricorso emerge, in prospettiva di autosufficienza, che la segnalazione era stata fatta a seguito di quella già avviata nel 2005 nei riguardi del debito della società Office Service, inutilmente esecutata e cancellata dal registro delle imprese;

di tale società, difatti, C. era accomandatario;

il duplice dato storico è decisivo e non risulta considerato affatto dall’impugnata sentenza, la quale si è concentrata esclusivamente sulle formalità della segnalazione nei riguardi di C. come se questa fosse una segnalazione autonoma e diretta, avvenuta solo nel 2012;

IV. – a fronte dell’omesso esame del fatto storico (rilevante nell’ottica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in base a Cass. Sez. U. n. 8053-14), il tribunale ha poi incentrato la ratio decidendi sulla considerazione che nel 2012 la posizione soggettiva del C. non poteva considerarsi sussumibile in quella implicata dal concetto di “sofferenza”; e ciò in quanto tale concetto sarebbe sintomatico non del semplice inadempimento dell’obbligazione ma dell’insolvenza, da considerarsi come grave e non transitoria condizione di difficoltà economica;

simile affermazione, già inficiata dall’omessa completa valutazione della quaestio facti, è carente pure in diritto, poichè non si conforma alla peculiarità della situazione che rileva sul piano del rapporto obbligatorio;

questa Corte ha da tempo precisato che ai fini dell’obbligo di segnalazione al servizio per la centralizzazione dei rischi bancari (cosiddetta centrale dei rischi) – obbligo che incombe sulle banche – il credito può essere considerato in “sofferenza” allorchè sia vantato nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, pur non accertato giudizialmente, o che versino in situazioni sostanzialmente equiparabili;

in proposito rileva la nozione di insolvenza che si ricava dalle “Istruzioni” emanate dalla Banca d’Italia, sulla base delle direttive del C.i.c.r., e tale nozione, oltre a non identificarsi con quella dell’insolvenza fallimentare (come del resto il tribunale ammette), richiede di far riferimento a una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “deficitaria”, ovvero come “grave difficoltà economica”, senza implicazione del concetto di incapienza ovvero di “definitiva irrecuperabilità” (Cass. n. 21428-07);

in altre parole, la segnalazione richiede una valutazione, da parte dell’intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, che semplicemente non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito; secondo la più recente e condivisibile giurisprudenza, alla quale il Collegio intende dare continuità, ciò suppone che lo stato di insolvenza diviene rilevante, ai fini della segnalazione del debitore alla centrale rischi, in base a una valutazione negativa della situazione patrimoniale del debitore, certo evincibile da una grave difficoltà economica, ma non condizionata dalla necessità di riferimenti al concetto di incapienza o di irrecuperabilità del credito (v. Cass. n. 31921-19) o a manifestazioni di volontà di non adempiere (Cass. n. 26361-14);

V. – nella concreta fattispecie il tribunale, per quanto in parte evocandoli, ha infranto i principi, poichè la controversia imponeva di esaminare specificamente il profilo della correlazione tra il debito della società, l’inutile esecuzione contro di questa intrapresa, la sua cancellazione dal registro delle imprese e la specifica condizione patrimoniale e (soprattutto) finanziaria del socio accomandatario all’epoca del consolidamento del credito; e a questo proposito va ricordato che l’accomandatario, ex art. 2313 c.c., è sempre solidalmente responsabile dei debiti sociali senza che neppure rilevi, a inficiare la validità del titolo, la mancata indicazione di tale qualità (v. Cass. n. 29915-18);

VI. – la sentenza va quindi cassata, con assorbimento del quarto motivo di ricorso;

la causa deve essere rinviata al medesimo tribunale di Roma che, in persona di diverso magistrato, riesaminerà la questione controversa uniformandosi ai principi di diritto sopra esposti; il tribunale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, rigetta il terzo, assorbito il quarto; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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