Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16406 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. I, 30/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 30/07/2020), n.16406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11132/2019 proposto da:

G.O., elettivamente domiciliato in Macerata, piazza della

Vittoria, n. 1, presso lo studio dell’avv. Paolo Paciaroni, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 4/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- G.O., proveniente dalla terra della (OMISSIS), ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e pure di diniego del riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data 4 marzo 2019, il Tribunale ha rigettato il ricorso così presentato.

2.- La pronuncia ha in particolare rilevato che il racconto fornito dal richiedente è da valutare come non credibile, in quanto non circostanziato neppure sui punti cruciali e affetto da più contraddizioni interne; che, secondo i più accreditati report (EASO 2017; African Confidential; African Intelligence), il sud della Nigeria non presenta una situazione politica, sociale ed economica tale da integrare i requisiti richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; che il ricorrente non ha dato indici di avvenuta integrazione in Italia, nè mostra di possedere una condizione di vulnerabilità specifica alla propria persona.

3.- Avverso questo provvedimento G.O. ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi.

Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente assume: (i) col primo motivo “vizio di ultrapetizione o extrapetizione del provvedimento impugnato in riferimento dell’art. 360 c.p.c., n. 4”; (ii) col secondo motivo, violazione della legge e omesso esame di fatto decisivo in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b: (iii) col terzo motivo, violazione della legge e omesso esame di fatto decisivo in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5 e art. 6, comma 2 e art. 14, lett. c; (iv) col quarto motivo, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1; D.P.R. n. 349 del 1999, art. 11, comma 1, lett. c-ter.

5.- Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Assume al riguardo il ricorrente che la pronuncia impugnata è incorsa nel vizio di ultra o extra petizione, perchè ha pronunciato pure sul punto del diritto di rifugio, mentre il richiedente non aveva richiesto il riconoscimento di questa protezione.

Il ricorrente, tuttavia, è privo di interesse a sollevare l’ipotizzato vizio, atteso che – non avendo formulato nessuna domanda in proposito – nessun nocumento può derivargli in proposito.

6.- Il secondo motivo assume che il Tribunale ha errato perchè non ha esaminato la situazione che attualmente presenta il Paese di origine sotto il profilo della ricorrenza dei presupposti previsti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b.

Il motivo è inammissibile.

Il decreto ha ritenuto non credibile il racconto esposto dal richiedente, in quanto non circostanziato neppure nei suoi punti cardinali, quali le “attività e i ruoli all’interno del culto segreto”, e pure attraversato da forti contraddizioni interne (mentre dichiara di avere convissuto con membri del gruppo per cinque anni, il richiedente afferma di non conoscere l'”inno e altri aspetti” del culto).

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la valutazione di non credibilità del narrato preclude ex se l’eventualità di riconoscimento della protezione sussidiaria contemplata nelle prime due lettere dell’art. 14 (cfr., per tutte, Cass., n. 15794/2019; Cass., n. 4892/2019).

7.- Il terzo motivo di ricorso contesta la valutazione delle condizioni sociali, economiche e politiche della Nigeria del sud, richiamando in particolare il carattere del tutto anticristiano della amministrazione che attualmente governa questo Paese e la corruzione che assume essere dilagante nell’ambito delle forze di polizia.

Il motivo è inammissibile, venendo a chiedere un nuovo esame di merito della fattispecie concreta. D’altro canto, il vizio di omesso esame può concerne solo i fatti materiali, nella loro effettiva storicità, e sempre che si tratti di circostanza decisiva per l’esito del giudizio. Lo stesso ricorrente, peraltro, non qualifica i punti che è venuto a sollevare come determinanti una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata.

8.- Il quarto motivo riguarda il tema della protezione umanitaria: ad avviso del ricorrente il Tribunale non ha adeguatamente considerato la situazione che nell’oggi presenta il Paese di origine; nè ha valorizzato il percorso di integrazione che, nel corso del tempo, il richiedente è venuto a sviluppare anche sotto il profilo lavorativo.

Il motivo è inammissibile, in quanto teso a chiedere una nuova valutazione degli elementi materiali della fattispecie, quale la concreta attività lavorativa svolta nel periodo dal ricorrente.

9.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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