Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16401 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. I, 30/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 30/07/2020), n.16401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2284/2019 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta

elettronica avv.briganti.pec.iusreporter.it, rappresentato e difeso

dall’avv. Giuseppe Briganti, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 4/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- A.J., proveniente dalla terra del Gambia, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e pure di diniego del riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data 4 dicembre 2018, il Tribunale ha rigettato il ricorso così presentato.

2.- La pronuncia ha in particolare rilevato che il “racconto del richiedente è apparso credibile, perchè ampiamente circonstanziato”; che, “ciò nonostante, non vi sono elementi tali da ritenere giustificata la protezione, in quanto occorre indagare se il richiedente è in grado di difendersi da una falsa accusa di omosessualità”; che “Amnesty International il 27.4.2017 ha pubblicato una dichiarazione i cui si riconoscono i progressi del nuovo governo e lo si sprona a fare di più per riportare lo stato di diritto nel Paese”; che il “report Coi dell’EASO del dicembre 2017 conferma tale stabile situazione con dati positivi circa il rispetto dei diritti umani anche nei confronti dei seguaci del vecchio regime dittatoriale”; che nel dicembre 2017 è stata costituita una “unità specifica incardinata all’interno del Ministero dell’Interno con lo scopo di vigilare e indagare sulle accuse di violazione dei diritti umani da parte degli agenti di polizia”.

A ciò segue – ha osservato in sequenza il provvedimento – che “il timore persecutorio rappresentato” dal richiedente non assume i connotati prescritti dalla legge (“soggettivo, causale; ambientale; personalizzazione del rischio”) per il riconoscimento del diritto di rifugio; nè si presenta un rischio di danno grave come per contro richiesto, per il riconoscimento della protezione sussidiaria, dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Neppure sussistono – ha osservato ancora il provvedimento – i requisiti occorrenti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

3.- Avverso questo provvedimento ha presentato ricorso A.J., affidandosi a quattro motivi di cassazione.

Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Col primo motivo, il ricorrente assume la nullità del decreto impugnato, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 1 e 13, artt. 737,135 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, art. 111 Cost., comma 6, in ragione delle “lacune motivazionali in esso presenti”.

Col secondo motivo, il ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo per l’esito del giudizio, che assume risiedere nelle “possibili conseguenze della accusa di omosessualità… alla luce della concreta situazione socio-politica-economica del Gambia e alla luce della legislazione che punisce come crimine l’omosessualità e comunque alla luce dello stigma sociale che colpisce gli omosessuali in Gambia”.

Col terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 10, 13, 27, 32 e 35 bis, art. 16 Dir. eur. n. 2013/32, degli artt. 2, 3 – anche in relazione all’art. 115 c.p.c. – D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5,6,7,14,16,32, T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2.

Col quarto motivo, lamenta la violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, dell’art. 47Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dell’art. 46 Dir eur. n. 2013/32.

5.- Il primo motivo censura, in particolare, il carattere meramente apparente della motivazione addotta dal provvedimento per rigettare la domanda di riconoscimento del diritto di rifugio e quella relativa alla protezione sussidiaria (lett. a e b). Il Tribunale ha ritenuto credibile la narrazione del richiedente, ma non sostanzialmente motivato in relazione all'”accusa di omosessualità”.

In Gambia – ammonisce il ricorrente – “l’omosessualità costituisce reato”, ricordando di avere già in sede di ricorso portato l’attenzione sulla legge dell’ottobre 2014, come introducente il reato di “omosessualità aggravata” con pene carcerarie sino all’ergastolo. D’altro canto – prosegue il motivo, pure richiamando la norma dell’art. 10 paragrafo 2 Direttiva n. 2011/95 -, in materia a contare non è tanto l’orientamento sessuale in sè e per sè, quanto, piuttosto, l’appartenenza a un gruppo ovvero a un ambiente che viene considerato, nel contesto sociale di riferimento, come connotato da un peculiare orientamento sessuale.

6.- Il motivo è fondato.

Nei fatti, il Tribunale marchigiano non ha proprio affrontato il tema specifico dell’orientamento omosessuale, limitandosi a svolgere una serie di considerazioni meramente generiche sul tema – che già in sè stesso risulta di solo genere – sul rispetto dei “diritti umani”. In quanto tali, queste osservazioni rimangono del tutto esterne al problema di omosessualità che è stato introdotto dal ricorrente e alla normativa di legge gambiana espressamente richiamata dallo stesso, come fortemente punitiva di detto orientamento. Laddove, per contro, se non altro il carattere omofobo della legislazione gambiana avrebbe dovuto sollecitare una specialissima attenzione nel valutare in modo approfondito tutti gli aspetti rilevanti della vicenda concretamente portata all’esame del giudice.

Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di questa Corte, invero, “una pena detentiva che sanzioni taluni atti omosessuali e che effettivamente trovi applicazione nel paese di origine che ha adottato una siffatta legislazione dev’essere considerata una sanzione sproporzionata o discriminatoria e costituisce pertanto un atto di persecuzione (CGUE 7.11.2013)” (cfr. Cass., 25 maggio 2020, n. 9815). D’altra parte, anche in caso di legislazione non esplicitamente omofoba, il soggetto può essere esposto a gravissime minacce provenienti da agenti privati senza che lo Stato sia in grado proteggerlo” (Cass., 23 aprile 2019, n. 11176). In ogni caso, posta in specie la norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, “a risultare decisivo al riguardo è l’appartenenza a un gruppo sociale connotato da un dato orientamento sessuale, non già, in sè e per sè, l’orientamento sessuale proprio del singolo. A contare, cioè, è il riflesso sociale, come identificativo di un’appartenenza a un gruppo e, dunque, come comunque ricompresivo del singolo dell’ambito dello stesso” (Cass., 4 febbraio 2020, n. 2458).

7.- L’accoglimento del primo motivo di ricorso di ricorso comporta assorbimento degli altri motivi.

8.- Il ricorso va dunque accolto e il decreto cassato. Con rinvio della controversia al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà a una nuova valutazione delle domande di protezione internazionale e umanitaria, in conformità ai parametri e criteri sopra indicati. In sede di rinvio, il Tribunale provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri. Cassa il decreto impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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