Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16401 del 28/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16401 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15837/07) proposto da:
IMMOBILIARE CINTHIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del suo liquidatore e legale
rappresentante sig. Gatti Angelo, rappresentata e difesa, in forza di procura in calce al
ricorso, dagli avv.ti Ferruccio Pizzigoni ed Italo Caldarelli, ed elettivamente domiciliata
presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Via Alessandria, n. 208; – ricorrente contro
V.A. S.r.l. (già V.A. S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli avv.ti
Eugenio Manenti e Giovanni Di Gioia ed elettivamente domiciliata presso lo studio di
quest’ultimo, in Roma, piazza Mazzini, n. 27;

– controricorrente –

e
LAMA IMMOBILIARE S.r.l., in persona dell’amministratore e legale rappresentante protempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del controricorso

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4/7/3

Data pubblicazione: 28/06/2013

(contenente ricorso incidentale), dagli avv.ti Italo Fanton e Enrico Scoccini ed elettivamente
domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Via G.B. Vico, n. 31;
– altra controricorrente –

nonché
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 19907/07) proposto da:

tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del controricorso
(contenente ricorso incidentale), dagli avv.ti Italo Fanton e Enrico Scoccini ed elettivamente
domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Via G.B. Vico, n. 31;
– ricorrente incidentale –

contro
IMMOBILIARE CINTHIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del suo liquidatore e legale
rappresentante sig. Gatti Angelo, rappresentata e difesa, in forza di procura in calce al
ricorso, dagli avv.ti Ferruccio Pizzigoni ed Italo Caldarelli, ed elettivamente domiciliata
presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Via Alessandria, n. 208;
– ricorrente principale –

contro
V.A. S.r.l. (già V.A. S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli avv.ti
Eugenio Manenti e Giovanni Di Gioia ed elettivamente domiciliata presso lo studio di
– controricorrente –

quest’ultimo, in Roma, piazza Mazzini, n. 27;

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 416/06, depositata il 23 maggio
2006 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 23 aprile 2013 dal

Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

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LAMA IMMOBILIARE S.r.l., in persona dell’amministratore e legale rappresentante pro-

uditi gli Avv.ti Cinthia Cardarelli (per delega) nell’interesse della ricorrente e Stefania
Scamuzzi (per delega) nell’interesse della ricorrente incidentale;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Vincenzo Gambardella, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i ricorsi.

Con ricorso depositato 1’11 novembre 2002, la società IMMOBILIARE CINTHIA S.R.L.
chiedeva ed otteneva, dal Tribunale di Bergamo — sez. dist. di Treviglio, decreto ingiuntivo
per la somma di lire 44.550.890 (oltre accessori), nei confronti della società V.A. S.p.a. La
società ricorrente, a fondamento del ricorso monitorio, assumeva che aveva acquistato, in
data 16 febbraio 1996, in permuta dalla società CASSANO 2000, un appezzamento di
terreno lottizzato dalla sua stessa dante causa e da altra società Impresa edile LA PIETRA
S.N.C., entrambe obbligate nei confronti del Comune di Cassano d’Adda, in virtù di una
convenzione di lottizzazione stipulata il 20 gennaio 1996. La società CASSANO 2000,
dopo aver versato all’Impresa edile LA PIETRA la sua quota, si era rivolta alla ricorrente
per ottenere il ristoro di quanto pagato, in forza degli impegni contenuti nel sopra citato
atto di permuta. Avendo l’IMMOBILIARE CINTHIA pagato, la stessa, poi, agiva formulando in tal senso ricorso in via monitoria — per l’ottenimento del rimborso dalla V.A.
s.p.a., alla quale aveva poi venduto il terreno, in data 30 settembre 1996.
La V.A. S.p.a proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo e con citazione,
notificata il 21 dicembre 2000, conveniva dinanzi al suddetto Tribunale l’IMMOBILIARE
CINTHIA s.r.l. e, al contempo, anche l’IMMOBILIARE LAMA S.R.L. . Con tale atto negava
di essersi accollata alcun onere nei confronti della sua dante causa o verso il Comune a
mezzo del contratto con cui aveva acquistato il terreno e negava, altresì, che in favore del
Comune di Cassano d’Adda fosse mai stato eseguito un qualche versamento di denaro a
titolo di oneri, prevedendo la convenzione solo l’obbligo, da parte di alcuni dei lottizzanti, di
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

cedere ben specifiche aree. Concludeva per la revoca del decreto ingiuntivo e, in
subordine, perché la LAMA IMMOBILIARE fosse condannata a manlevarla in ordine a
tutte le domande contro di essa svolte.
Nella costituzione di entrambe le convenute, il Tribunale di Bergamo-sez. dist. di Treviglio,
con sentenza n. 3/04, revocava il decreto ingiuntivo poiché, alla data della sua emissione,

del 30 marzo 2001, e compensava tra le parti le spese del giudizio.
L’IMMOBILIARE CINTHIA, con atto notificato il 15 e 16 marzo 2004, formulava appello
avverso la predetta sentenza, chiedendo che, in riforma della stessa, la società V.A. fosse
condannata al pagamento in suo favore della somma di euro 23.008,61.
Si costituivano in sede di gravame entrambe le appellate: la V.A. chiedeva il rigetto
dell’appello e, in via subordinata, per il caso di sua ravvisata fondatezza, che fosse accolta
la domanda di manleva, già proposta in primo grado, nei confronti della LAMA
IMMOBILIARE; quest’ultima, a sua volta, oltre ad insistere per il rigetto dell’appello e delle
domande proposte dalla V.A., in via di appello incidentale, insisteva per essere
integralmente ristorata delle spese di giudizio, anche con riferimento a quelle del primo
grado.
La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 416/06, depositata il 23 maggio 2006 e non
notificata, rigettava sia l’appello principale che, quello incidentale, condannando
l’appellante principale a rifondere le spese del grado in favore sia della V.A. S.p.a. che
della LAMA IMMOBILIARE S.r.l..
La Corte territoriale, a sostegno della sua decisione, riteneva che, nel contratto di
compravendita stipulato, non ci fosse alcuna clausola che imponeva alla parte acquirente
l’obbligo di adempiere agli oneri di urbanizzazione contenuti nella convenzione con il
Comune di Cassano d’Adda, che, pertanto, si sarebbero dovuti ritenere rimasti accollati
alla parte venditrice, non valendo quanto disposto dall’art. 28 della legge n. 1150/1942 che
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ancora non risultava perfezionata la cessione dell’area al Comune, avvenuta solo con atto

nulla disponeva in ordine al rapporto tra gli acquirenti successivi, che trovava la sua unica
fonte nella convenzione contrattuale tra di esse intercorsa.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’IMMOBILIARE
CINTHIA s.r.I., in liquidazione articolato in tre motivi. Hanno resistito al ricorso, con due
distinti controricorsi la V.A. S.P.A. e la LAMA IMMOBILIARE S.r.l., quest’ultima

ricorrente principale hanno anche depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378
c.p.c. .
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente principale ha censurato la sentenza impugnata per
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. Con tale doglianza la società ricorrente ha,
in particolare, dedotto che la Corte territoriale aveva omesso di considerare che il prezzo
fissato nel preliminare era rimasto invariato anche nel contratto definitivo, incorrendo,
altresì, in una petizione di principio, laddove aveva posto a confronto i due testi contrattuali
per giungere alla conclusione che nel contratto definitivo mancava qualsivoglia
trasferimento degli oneri in capo all’acquirente; inoltre, la stessa ricorrente ha prospettato
che la Corte bresciana non aveva considerato che, secondo un processo logico deduttivo
fondato sull’id quod plerumque accidit, il venditore di un immobile, inserito in un piano di
lottizzazione, quando si spoglia della proprietà, trasferisce all’acquirente anche gli inerenti
oneri.
1.1. Il motivo (ancorché ammissibile sotto il profilo dell’osservanza del requisito prescritto
dall’art. 366 bis c.p.c., “ratione temporis” applicabile nella fattispecie in virtù
dell’intervenuta pubblicazione della sentenza impugnata in data 23 maggio 2006) é privo
di fondamento e deve essere, pertanto, respinto.

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proponendo anche ricorso incidentale, riferito ad un unico motivo. I difensori della

La Corte territoriale, nel rigettare l’appello formulato dalla Immobiliare Cinthia s.r.l. (in
liquidazione), ha ritenuto, in base ad un impianto motivazionale logico ed adeguato, che
l’obbligazione relativa agli oneri di urbanizzazione aveva natura “propter rem” e che la
stessa poteva essere fatta valere dal Comune di Cassano d’Adda con il quale era stata
conclusa la convenzione di lottizzazione nei confronti di qualunque acquirente del bene,

riferimento a detta convenzione, non era stato previsto l’obbligo di rimborsi degli oneri di
urbanizzazione eventualmente pagati dal dante causa. Inoltre, a questo proposito, la Corte
bresciana ha considerato irrilevante che la clausola di accollo fosse stata contemplata nel
preliminare e, poi, non riprodotta nel contratto definitivo. Pertanto, i giudici di secondo
grado hanno comunque preso in considerazione il testo dei due contratti e la circostanza
che il prezzo sia rimasto invariato nel contratto definitivo non esclude la logicità della
motivazione adottata, fondata sul fatto che le parti ben avevano potuto tener conto
dell’incidenza economica della convenzione in sede di determinazione del prezzo,
rimanendo, poi, demandato alla volontà delle parti stesse pattuire che l’esclusione
dell’accollo non comportasse alcun aumento del prezzo.
Pertanto, nell’avallare tale conclusione, la Corte di merito ha correttamente posto in risalto
che la pretesa vantata dalla ricorrente principale non potesse considerarsi provata nel suo
momento genetico. A tal riguardo, la stessa Corte di secondo grado ha richiamato, in
modo conferente, la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 12571 del 2002 e,
soprattutto, Cass. n. 11196 del 2007), ad avviso della quale l’assunzione, da parte del
proprietario del fondo, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di
una quota parte di quelle di urbanizzazione secondaria (cui è subordinata
l’autorizzazione per la lottizzazione) costituisce un’obbligazione “propter rem” e
comporta che dette opere debbano essere eseguite da coloro che sono proprietari
al momento del rilascio della concessione edilizia e che ben possono essere
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sottolineando, peraltro, che nell’atto di acquisto da parte della V.A. s.p.a., pur ponendosi

soggetti diversi da quelli che stipularono la convenzione, per avere da questi
acquistato una parte del suolo su cui far sorgere singoli (o gruppi di) lotti. Tuttavia,
la natura reale dell’obbligazione non riguarda le persone che utilizzano le opere di
urbanizzazione da altri realizzate per una loro diversa edificazione, senza avere con
essi alcun rapporto, e che, per ottenere la loro diversa concessione edilizia, sono

urbanizzazione. Conseguentemente, se la qualificazione di obbligazione “propter
rem” è quella che assume rilievo nel rapporto tra Comune e soggetto proprietario
dell’area fabbricabile (cui viene rilasciato il provvedimento permissivo della
costruzione), al di fuori di detto rapporto, qualora il soggetto titolare del
provvedimento concessorio, che abbia eseguito le opere di urbanizzazione, intenda
rivalersi della spesa già sostenuta dai soggetti diversi che siano successivamente
divenuti proprietari della suddetta area fabbricabile, tale prestazione è ottenibile
soltanto in virtù di un’espressa pattuizione negoziale, nella quale non viene più in
rilievo il carattere “reale” dell’obbligazione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art.
1362 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., formulando, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il
seguente quesito di diritto: “dica la Corte se il giudice, in sede di interpretazione della
volontà negoziale, allorché applichi il criterio ermeneutico sancito nell’art. 1362 c.c., debba
anzitutto attenersi al senso letterale delle parole e delle espressioni usate dai contraenti
esplicitandone il significato e la valenza giuridica alla luce ed in aderenza al contesto in cui
la dichiarazione negoziale è inserita, in particolare laddove essa sia espressa in forma
sintetica e passibile di diverse o differenti interpretazioni, nonché in relazione al
complessivo comportamento delle parti, evincibile anche da precedenti accordi preliminari
tra di esse intercorsi”.

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tenuti a pagare al Comune concedente, per loro conto, i relativi oneri di

2.1. Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., poiché il riportato
quesito si prospetta del tutto generico, non risultando correlato specificamente alla
fattispecie, con l’autonoma enucleazione — rispetto ai contratti dedotti in giudizio — dei
criteri ermeneutici ritenuti inosservati da rapportare al contenuto delle clausole oggetto di
censura, con la conseguenza che la relativa formulazione (senza che sia possibile la sua

assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato
alla sentenza impugnata in ordine alla concreta controversia (v., tra le tante, Cass. n.
7197/2009).
3. Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente ha prospettato la violazione e falsa
applicazione dell’art. 28 della legge n. 765/1967, ex art. 360 n. 3 c.p.c., ponendo il
seguente quesito di diritto: “Se la natura ambulatoria dell’obbligazione di assolvere al
pagamento degli oneri di urbanizzazione contenuta nell’art. 28 della legge 6 agosto 1967
n. 765 quale obbligazione propter rem, comporti la sua traslazione in capo all’acquirente
del bene immobile inserito nel piano di lottizzazione come semplice effetto del passaggio
del diritto reale sul bene e quindi a prescindere da qualsivoglia accordo negoziale che
sancisca tale trasferimento”.

3.1. Il motivo (assistito, peraltro, da un quesito di diritto non pertinente alla “ratio decidendi”
della sentenza impugnata, che non ha escluso il trasferimento dell’obbligazione “propter
rem”, ma la rimborsabilità degli importi corrisposti dal dante causa) è destituito di pregio e
deve essere respinto.
Per come già implicato dall’infondatezza della prima censura, la Corte territoriale ha — con
un percorso logico, esaustivo e del tutto coerente con i principi giuridici precedentemente
esposti — evidenziato esattamente quale sia la funzione della trascrizione della
convenzione, imposta al proprietario dei terreni dall’art. 28 della legge n. 1150 del 1942,
consistente in quella di rendere opponibili ai terzi i vincoli e gli oneri derivanti dalla
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integrazione con l’esposizione della doglianza) non risulta certamente idonea ad

lottizzazione. Tuttavia, in base ad una corretta applicazione dei criteri interpretativi
applicabili allo scopo, ha congruamente rilevato che, nell’atto di vendita del 30 settembre
1996, pur ponendosi riferimento all’accordo di lottizzazione, non era contenuta alcuna
disciplina relativa al regolamento dei rapporti interni tra gli obbligati in solido (ossia tra gli
originari stipulanti e i loro aventi causa) per l’eventualità in cui l’onere economico,

non potendo tale regolamento evincersi implicitamente dal mero richiamo alla convenzione
medesima, occorrendo — come già evidenziato — la previsione di un’apposita pattuizione
(che, nella specie, è rimasta esclusa).
4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, la LAMA Immobiliare ha censurato la sentenza
impugnata per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c., nonché il vizio di omessa
pronuncia circa la modalità di instaurazione del giudizio nei suoi confronti, quale terza
chiamata.
4.1. Questo motivo è inammissibile sia perché il supposto vizio motivazionale non è
corredato — in virtù dell’art. 366 bis c.p.c. — dall’indicazione del fatto controverso in ordine
al quale si è assunta l’omessa o contraddittoria motivazione e dalla sintesi autonoma delle
ragioni per le quali la dedotta insufficienza motivazionale la renderebbe inidonea a
giustificare la decisione, oltre che per assenza del necessario quesito di diritto in ordine
alla dedotta violazione rilevante ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., sia perché non è
supportato da un concreto interesse ad agire, dal momento che la predetta società risulta
essersi costituita in giudizio, difendendosi anche nel merito, così sanando ogni eventuale
nullità della sua chiamata in causa.
5. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, deve essere rigettato il
ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale. Sussistono giusti ed idonei
motivi (anche per effetto del rigetto delle loro rispettive domande) per dichiarare interamente
9

conseguente alla convenzione stessa, fosse stato assolto, per l’intero, dall’uno o dall’altro,

compensate le spese del giudizio relativo al rapporto processuale instauratosi in questa
sede tra la V.A. s.r.l. e la LAMA Immobiliare (chiamata in causa dalla prima), mentre, in
base al principio della soccombenza, la ricorrente principale va condannata al pagamento
delle spese di questo giudizio in favore della stessa V.A. s.p.a. . Esse si liquidano nei sensi
di cui in dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal

stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto
nell’interesse della LAMA Immobiliare s.r.l. . Condanna la ricorrente principale al
pagamento, in favore della controricorrente V.A. s.r.I., delle spese del presente giudizio,
che si liquidano in complessi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori
nella misura e sulle voci come per legge. Dichiara interamente compensate le spese di
questo giudizio tra la V.A. s.r.l. e la LAMA Immobiliare s.r.l. .

Così deciso nella camera di consiglio della 2″ Sezione civile in data 23 aprile 2013.

D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello

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