Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16395 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. I, 10/06/2021, (ud. 18/09/2020, dep. 10/06/2021), n.16395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12685/2015 proposto da:

Strada dei Parchi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Bruno Buozzi n.

99, presso lo studio dell’avvocato Criscuolo Fabrizio, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Perrotta Davide,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Provincia di Teramo, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Dora n. 1, presso lo studio

dell’avvocato Cerulli Irelli Vincenzo, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Zecchino Antonio, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

e contro

Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori

(Aiscat), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Largo Messico n. 7, presso lo studio

dell’avvocato Tedeschini Federico, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine dell’intervento ad adiuvandum;

– interveniente –

avverso la sentenza n. 1156/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

pubblicata il 13/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO

Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso ed

inammissibilità dell’intervento dell’Associazione Italiana Soc.

Conc. Autostrade;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Criscuolo F., che si riporta;

uditi, l’Avvocato Zecchino A., per la controricorrente Provincia di

Teramo, e l’Avvocato Domenico Greco, con delega scritta dell’avv.

Tedeschini, per l’Associazione Italiana, che si riportano.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Strada dei Parchi SPA (di seguito, anche, la società) ha proposto ricorso con tre mezzi per la cassazione della sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, in epigrafe indicata; la Provincia di Teramo ha replicato con controricorso; l’Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori (AISCAT) ha svolto intervento ad adiuvandum in favore di Strada dei Parchi, associata di categoria.

Per quanto ancora di interesse nel presente giudizio, la controversia concerne avvisi di accertamento notificati dalla Provincia di Teramo alla Strada dei Parchi SPA, concessionaria, da parte dell’ANAS, della gestione, del completamento e della manutenzione della rete autostradale di zona, per il presunto omesso pagamento del COSAP (Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche) con riferimento agli attraversamenti operati mediante i “pontoni autostradali” per proiezione sulla strada provinciale sottostante, in riferimento agli anni 2007 e 2008.

La odierna ricorrente ha contestato sin dal primo grado – con esito sfavorevole – la debenza sotto molteplici profili.

La Corte di appello dell’Aquila, confermando la decisione di primo grado, ha affermato che il COSAP era dovuto dalla società nella qualità di utilizzatrice abusiva di fatto del suolo provinciale, ipotesi espressamente prevista dal Regolamento della Provincia di Teramo.

Ha, quindi, escluso la ricorrenza del presupposto per l’applicazione dell’esenzione prevista a favore dello Stato dall’art. 30 del Regolamento, rimarcando: che la società concessionaria gestiva l’infrastruttura attraverso la quale si realizzava l’occupazione e svolgeva tale attività con l’assunzione del rischio di impresa, ritraendone utilità economiche rilevanti; che, comunque, il contratto di concessione era stato stipulato tra ANAS e Strada dei Parchi (e non, quindi, con lo Stato); che Strada dei Parchi, pur avendo eccepito che la titolarità dell’autostrada era dello Stato, non aveva dimostrato documentalmente tale circostanza. In merito alla quantificazione del canone, la Corte di appello ha respinto l’impugnazione affermando che la quantificazione era stata rettamente commisurata alle singole condotte di occupazione.

Strada dei Parchi e Provincia di Teramo hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum ex art. 105 c.p.c., comma 2, proposto da AISCAT, perchè detta parte non è stata presente nella fase di merito.

Come già affermato da questa Corte, con principio a cui si intende dare continuità, “Nel giudizio di cassazione, mancando un’espressa previsione normativa che consenta al terzo di prendervi parte con facoltà di esplicare difese, è inammissibile l’intervento di soggetti che non abbiano partecipato alle pregresse fasi di merito” (Cass. n. 25423 del 10/10/2019; cfr. Cass. Sez. U. n. 9753 del 18/11/1994, Cass. n. 10813 del 17/05/2011, Cass. n. 11375 dell’11/05/2010).

2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63; nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio che viene individuato nell’esistenza del presupposto giuridico della concessione, nonchè nella ricorrenza di una occupazione abusiva.

Secondo la ricorrente l’obbligo di Strada dei Parchi di corrispondere il canone COSAP alla Provincia avrebbe dovuto avere quale presupposto logico, ancor prima che giuridico, un provvedimento concessorio emanato dall’Ente a favore della società, provvedimento concessorio della Provincia di Teramo che – nel caso di specie – non esisteva perchè la società gestiva, quale concessionaria dello Stato, per la costruzione e gestione dell’infrastruttura, due beni demaniali che erano nati come beni pubblici, destinati a fruizione generale, e non beni del demanio provinciale, anche se l’infrastruttura autostradale attraversava il territorio della Provincia di Teramo (fol. 28/29 del ricorso).

Per la ricorrente, quindi, non ricorrono i presupposti impositivi oggettivi e soggettivi, a meno di non voler considerare lo Stato quale occupante di fatto e/o abusivo di aree del demanio provinciale, perchè: 1) è inesistente una concessione rilasciata dalla Provincia di Teramo, presupposto normativo per la determinazione del relativo canone; 2) è inesistente un’occupazione di fatto o abusiva del demanio provinciale, posto che la società è concessionaria dello Stato (concessione che ha ad oggetto non l’occupazione di spazi o aree pubbliche, ma la gestione di un bene pubblico) e la società non ha occupato alcuna area del demanio provinciale, dal momento che i terreni sui quali erano stati costruiti i pontoni autostradali erano stati oggetto di provvedimento di espropriazione e facevano parte, quindi, all’attualità del demanio stradale.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del Regolamento COSAP della Provincia di Teramo, che prevede l’esenzione per lo Stato dalla corresponsione del COSAP, nonchè del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 49, lett. A); inoltre, l’insufficiente, erronea, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, che viene individuato nella effettiva proprietà statale dell’autostrada e dei relativi pontoni, rilevante al fine della richiesta applicazione dell’esenzione prevista dall’art. 30 del Regolamento.

La ricorrente sostiene che l’occupazione è stata effettuata dallo Stato e che, contraddittoriamente, la Corte di appello in un primo momento avrebbe riconosciuto la proprietà dell’autostrada e dei pontoni in capo allo Stato per poi smentirsi, affermando che non ve ne era prova in considerazione del fatto che la società aveva ottenuto la gestione della stessa dall’ANAS (e non dallo Stato); insiste quindi sul fatto che la gestione dell’autostrada e dei pontoni di cui si occupa riguarda un bene demaniale per eccellenza deputato alla fruizione diffusa.

Secondo la ricorrente la sentenza è errata, in violazione delle norme anzidette, perchè la società è concessionaria dello Stato, unico proprietario dell’autostrada e dei pontoni.

3.1. I due motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono infondati.

3.2.1. In punto di diritto, va rammentato che del D.Lgs. n. 15 novembre 1993, n. 507, art. 38, vigente ratione temporis, dettava in tema di TOSAP (Tassa per l’occupazione di Alzi ed aree pubbliche) “1. Sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province. 2. Sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonchè le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa” e che l’art. 39 del medesimo D.Lgs., prevedeva “1. La tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio”.

Questa disciplina è stata affiancata nel tempo dalla possibilità per comuni e province di prevedere in sostituzione della TOSAP, la corresponsione del COSAP.

Segnatamente il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, ha istituito il COSAP ed ha previsto all’art. 63, comma 1, come modificato dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 31, che: “i comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell’art. 52, escludere l’applicazione, nel proprio territorio, della tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche, di cui al capo 2 del D.Lgs. n. 15 novembre 1993, n. 507. I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell’art. 52, prevedere che l’occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggetta in sostituzione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo alto di concessione in base a tariffa (…)”.

Il citato articolo ha attribuito, dunque, a comuni e province la facoltà di escludere, nell’ambito dei rispettivi territori, l’applicazione della TOSAP e di prevedere e disciplinare con specifico regolamento che – in sostituzione di detta tassa – l’occupazione di spazi ed aree pubbliche sia soggetta al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa COSAP.

3.2.2. Invero, il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, istituito dal D.Lgs. n. 446 del 1997, come modificato dalla L. n. 448 del 1998, art. 31, è stato concepito dal legislatore come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dalla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche.

La TOSAP ed il COSAP hanno natura e presupposti impositivi differenti in quanto la prima è un tributo, che trova la propria giustificazione nell’espressione di capacità contributiva rappresentata dal godimento di tipo esclusivo o speciale di spazi ed aree altrimenti compresi nel sistema di viabilità pubblica, mentre il secondo costituisce il corrispettivo di una concessione, reale o presunta, per l’occupazione di suolo pubblico, con la conseguenza che la legittima pretesa del canone da parte dell’ente locale non è circoscritta alle stesse ipotesi per le quali poteva essere pretesa la tassa, ma richiede la sola sussistenza del presupposto individuato dalla legge nella occupazione di suolo pubblico (Cass. n. 24541 del 2/10/2019; Cass. Sez. U. n. 12167 del 19/8/2003).

Il COSAP, pertanto, risulta configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici ed è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae il singolo; il presupposto applicativo del COSAP è costituito dall’uso particolare del bene di proprietà pubblica ed è irrilevante la mancanza di una formale concessione quando vi sia un’occupazione di fatto del suolo pubblico (Cass. n. 17296 del 27/06/2019; Cass. n. 18037 del 06/08/2009; Cass. n. 3710 dell’8/02/2019; Cass. n. 10733 del 04/05/2018; Cass. n. 1435 del 19/01/2018; in motivazione, Cass. n. 9240 del 20/05/2020). Tale principio è stato espresso anche dalla decisione del 7/1/2016 n. 61 delle Sezioni Unite, in tema di riparto di giurisdizione, che ha ribadito che il COSAP è configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, e non già dovuto per la sottrazione al sistema della viabilità di un’area o spazio pubblico.

3.2.3. Per quanto attiene alla individuazione del soggetto passivo obbligato a corrispondere il COSAP, ciò che interessa è proprio il presupposto costituito della condotta integrante l'”occupazione” degli spazi e delle aree demaniali (non rilevando la capacità contributiva).

Al fine di valutare tale presupposto è utile ricordare quanto affermato – con condivisibile principio – dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla TOSAP, in merito a fattispecie analoghe a quella in esame (occupazione dovuta ad infrastrutture autostradali), in cui cioè l’occupazione di aree o spazi demaniali sia stata attuata da opere e strutture che si assumono di proprietà dello Stato, e pertanto suscettibili di beneficiare di un’esenzione.

Questa Corte ha affermato, in maniera costante, che “In tema di TOSAP, il presupposto impositivo è costituito, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 38 e 39, dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti e sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico, essendo in proposito irrilevanti gli atti di concessione o di autorizzazione relativi all’occupazione, salvo che sussista una delle ipotesi di esenzione previste dall’art. 49 del cit. decreto. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto soggetti alla tassa i viadotti autostradali in quanto impediscono l’utilizzazione edificatoria del fondo sottostante nonchè l’utilizzo agricolo riferito a determinate colture, e costituiscono un impianto ai fini del D.Lgs. n. 507 cit., art. 38, comma 2, essendo formati da una costruzione completata da strutture – quali gli impianti segnaletici e di illuminazione – che ne aumentano l’utilità)” (Cass. n. 28341 del 05/11/2019). Ha, quindi, rimarcato che l’esenzione postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente, sicchè, nel caso di occupazione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato, o nel demanio comunale e provinciale, da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica, alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è questa ad eseguire la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (Cass. n. 11886 del 12/05/2017; Cass. n. 19693 del 25/07/2018; Cass. n. 28341 del 05/11/2019).

Tale quadro giurisprudenziale – in relazione alla fattispecie in esame di occupazione abusiva (effettuata, cioè, in assenza del titolo concessorio rilasciato dalla provincia) – non è mutato a seguito della sentenza a Sezioni Unite n. 8628 del 07/05/2020 che, affrontando l’antitetico tema della legittimazione passiva in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione rilasciato dall’ente locale, ha affermato che “In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), la legittimazione passiva del rapporto tributario, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione rilasciato dall’ente locale, spetta, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, esclusivamente al soggetto titolare di tale atto, e solo in mancanza di questo, all’occupante di fatto, rimanendo irrilevante, ai fini passivi di imposta, l’utilizzazione del suolo pubblico consentita a soggetti terzi in virtù di atto di natura privatistica”.

Assumono, pertanto, decisivo rilievo e prevalenza, quale presupposto per l’individuazione del soggetto obbligato, – in un caso come il presente in cui l’occupazione non sia assistita da un atto concessorio della Provincia – l’attività di gestione economica e funzionale del bene, effettuata dalla società concessionaria del soggetto esente, e le finalità lucrative proprie dell’attività d’impresa svolte dalla prima, con l’effetto di escludere l’estensione dell’esenzione alle occupazioni connesse e conseguenti a tali attività e finalità: questo principio risulta evidentemente applicabile anche al COSAP – ove il regolamento abbia previsto l’esenzione a favore dell’ente concedente -.

3.3. Nel caso in esame, la Provincia di Teramo si è avvalsa della facoltà ed ha istituito il COSAP con Regolamento, prevedendo all’art. 29 – in linea con la normativa richiamata – che il canone è dovuto dall’intestatario dell’autorizzazione o, in mancanza di regolare autorizzazione/concessioni o nulla osta, è dovuto dal titolare dell’occupazione – sia esso proprietario o affittuario o usufruttuario o occupante di fatto anche abusivo; ha altresì introdotto, all’art. 30 l’esenzione per le occupazioni effettuate dallo Stato, in applicazione di quanto già previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 49, comma 1.

3.4. La statuizione impugnata risulta immune dai vizi denunciati.

3.5. Innanzi tutto, contrariamente a quanto sembra assumere la ricorrente, l’occupazione del demanio provinciale di cui si tratta come da accertamento di fatto della Corte distrettuale, non direttamente impugnato – concerne “l’occupazione di suolo pubblico per pontoni sovrastanti tratti di strade provinciali” attuata con strutture sopraelevate, che costituisce idoneo presupposto per l’applicazione del COSAP ex art. 63 cit., e non l’occupazione dei terreni su cui sono stati costruiti i pontoni autostradali.

3.6. L’occupazione in esame risulta poi essere “abusiva”, in quanto – alla stregua degli atti – risulta attuata in assenza di titolo concessorio della Provincia, e “di fatto” effettuata dalla Strada dei Parchi, quale società concessionaria dell’infrastruttura autostradale, circostanze queste incontestate.

3.7. La decisione impugnata è immune da vizi laddove ha ravvisato il presupposto soggettivo passivo dell’obbligazione nell’occupazione di fatto realizzata dalla società, concessionaria per la gestione dell’infrastruttura autostradale per un lungo periodo di tempo, destinata a ritrarre dalla gestione un proprio utile economico calcolato sulla differenza tra il canone concessorio corrisposto all’ente concedente e gli utili provenienti dalla gestione della infrastruttura stessa, con l’effetto di escludere, alla luce dei ricordati principi la applicabilità dell’esenzione prevista in favore dello Stato.

3.8. Tale conclusione, non è nemmeno inficiata dalle conclusive considerazioni della Corte di appello che – dopo avere esposto i principi e gli elementi di fatto in ragione dei quali ha escluso la spettanza dell’esenzione richiesta dalla società in ragione della assunta proprietà statale dell’infrastruttura – ha altresì rimarcato che la società stessa non aveva dato prova di questo assunto e non aveva nemmeno prodotto l’atto concessorio concernente i rapporti con ANAS: la complessiva statuizione, che illustra per completezza anche questi ulteriori argomenti a sostegno del rigetto dei motivi di appello proposti dalla società, è evidentemente priva di contraddittorietà e non incide sul nucleo decisionale rettamente espresso dalla Corte di appello, fondato – per le ragioni già espresse – non già sulla proprietà dell’infrastruttura autostradale, ma sulla condotta occupativa abusiva e di fatto realizzata dalla società concessionaria attraverso lo svolgimento della propria attività d’impresa mediante l’uso dell’infrastruttura.

A nulla rileva, in buona sostanza, che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poichè, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da una persona giuridica che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni (Cass. n. 11886 del 12/5/2017; Cass. n. 19693 del 25/7/2018).

Questi elementi sono più che sufficienti a radicare la debenza del canone in capo alla concessionaria e occupante Società dei Parchi, mentre è risulta marginale e privo di decisività indagare la effettiva proprietà dell’infrastruttura autostradale e dei pontoni che occupano per proiezione la strada provinciale sottostante, (oggetto del vizio motivazionale introdotto con il secondo motivo), attesa la rilevanza dirimente della accertata ed indiscussa circostanza che la società ne disponeva per la gestione quale concessionaria ed in tal modo realizzava la condotta di “occupazione”.

Ben può essere condivisa, quindi, l’affermazione della Corte di appello secondo la quale l’obbligazione di pagamento del canone grava solo sul soggetto che occupa lo spazio pubblico in modo abusivo e di fatto, per avvalersene ai fini dell’attività d’impresa svolta.

4.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63; nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dall’illegittimità del calcolo del COSAP e conseguente erronea determinazione ed applicazione della sanzione di cui alle ingiunzioni impugnate.

4.2. Il motivo è inammissibile.

4.3. Va rammentato che il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (Cass. n. 640 del 14/01/2019).

La Corte di appello ha confermato il COSAP richiesto, avendo correttamente ravvisato il presupposto oggettivo e soggettivo ed ha escluso l’applicabilità della riduzione del canone ex art. 28 del Regolamento, previsto per le occupazioni superiori a mille metri quadrati o lineari, sulla considerazione che “la riduzione opera solo con riferimento alla singola occupazione, e non nel caso in cui uno stesso soggetto abbia effettuato più occupazioni che, calcolate nel loro complesso, superino la soglia individuata dalla norma regolamentare”, accertamento di fatto e di diritto che non risulta impugnato.

Il motivo si risolve in una critica astratta fondata esclusivamente sul personale assunto difensivo della ricorrente che non tiene conto di quanto accertato dalla Corte distrettuale.

4.5. Quanto alla prospettazione del vizio motivazionale, esso non corrisponde al parametro normativo che descrive un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che – come la presente -, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. n. 22397 del 06/09/2019).

4. In conclusione, previa declaratoria di inammissibilità dell’intervento spiegato da AISCAT, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo, in favore della Provincia di Teramo; vanno compensate le spese di giudizio tra l’interventore AISCAT e le altre parti.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile l’intervento di AISCAT;

– Rigetta il ricorso;

– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della Provincia di Teramo, che liquida in Euro 10.000,00=, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge; compensa le spese di lite tra l’interventore AISCAT e le altre parti;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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