Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1639 del 24/01/2020
Cassazione civile sez. VI, 24/01/2020, (ud. 25/09/2019, dep. 24/01/2020), n.1639
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24916-2017 proposto da:
I.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GIUSEPPE ANDREOLI 1, presso lo studio dell’avvocato TATIANA BIZZONI,
rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO ANTONIO IGLIO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1065/2017 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA
VETERE, depositata il 23/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA
PAOLO.
Fatto
CONSIDERATO
che:
I.M.A. conveniva in giudizio il Ministero della giustizia per chiedere il risarcimento dei danni subiti a seguito di una perquisizione illegittima eseguita dalla polizia giudiziaria presso la propria abitazione;
il Giudice di pace di Arienzo accoglieva la domanda con pronuncia riformata – sull’appello del Ministero – dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere secondo cui, in particolare, in rito l’appello era tempestivo e procedibile in forza del principio di scissione delle notifiche, effettuate dall’Avvocatura dello Stato a norma della L. n. 53 del 1994, e in ragione del tempo di iscrizione a ruolo telematica dell’impugnazione, e nel merito il gravame era fondato sussistendo il difetto di legittimazione passiva del Ministero della giustizia dovendo ravvisarsi quella del Ministero dell’interno da cui dipendeva organicamente la polizia giudiziaria;
avverso questa decisione ricorre per cassazione I.M.A. articolando due motivi.
Diritto
RILEVATO
che:
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 165, 347, 348, c.p.c., poichè il Tribunale, omettendo la pronuncia richiesta, non avrebbe dichiarato l’improcedibilità dell’appello per tardiva iscrizione a ruolo;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 149, c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di rilevare la tardività della notifica dell’appello, essendo inapplicabile il principio di scissione alle notifiche effettuate direttamente dall’avvocato;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Rilevato che:
non deve disporsi il rinnovo della notifica all’Avvocatura generale dello Stato in ragione dell’esito dello scrutinio del ricorso (Cass., 21/05/2018, n. 12515);
il primo motivo è inammissibile perchè non viene censurata specificatamente la “ratio decidendi” del Tribunale secondo cui l’iscrizione a ruolo era tempestivamente avvenuta telematicamente il 4 dicembre 2015;
il giudice di merito, pertanto, non solo si è pronunciato, ma lo ha fatto correttamente, posto che alle modalità telematiche si applica il principio di scissione, sia per le notifiche (Cass., 12/02/2019, n. 3999), sia, coerentemente, per l’iscrizione a ruolo, non potendo imputarsi alla parte il tempo per l’adempimento amministrativo della Cancelleria conseguente alla trasmissione telematica equivalente alla nota ovvero alla richiesta d’iscrizione;
il secondo motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, poichè è costante orientamento di questa Corte quello per cui il principio di scissione opera anche per le notificazioni eseguite a mezzo posta da parte dell’avvocato della L. n. 53 del 1994, ex art. 1, non essendovi alcun dato normativo contrario (Cass., 03/07/2014, n. 15234, Cass., 19/01/2016, n. 770);
non deve disporsi sulle spese stante la mancata difesa dell’intimata amministrazione.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.
Depositato in cancelleria il 24 gennaio 2020