Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16384 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 30/07/2020), n.16384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 8485 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

DEMA VIDEOGIOCHI s.n.c., in persona del legale rappresentante pro

tempore;

-intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, n. 54/31/12 depositata in data 17 ottobre

2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30 gennaio 2020 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

-con sentenza n. 54/31/12 depositata in data 17 ottobre 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva l’appello proposto da Dema Videogiochi s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 45/02/11 della Commissione tributaria provinciale di Cuneo che, previa riunione, aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società contribuente avverso: 1) la comunicazione di irregolarità con cui l’Ufficio di Mondovì, sulla base di una segnalazione dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato a seguito di controllo automatizzato, aveva recuperato, D.P.R. n. 640 del 1972, ex artt. 14 ter e 14 quater, la maggiore i.v.a. forfetaria connessa all’imposta sugli intrattenimenti (ISI) per l’anno 2006 – sui proventi degli apparecchi e congegni di cui al D.P.R. n. 773 del 1931, art. 110, comma 7, (TULPS); 2) la conseguente cartella di pagamento con la quale era stata iscritta a ruolo la somma non versata a titolo di Iva forfetaria connessa all’ISI;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che mentre i proventi delle macchine di cui all’art. 110, comma 6, TULPS gestite dalla società erano assoggettati al PREU-versato da quest’ultima alla società concessionaria – ed esenti Iva, i proventi

delle macchine e congegni di cui all’art. 110, comma 7, TULPS gestite dalla società erano assoggettati all’ISI e alla connessa Iva forfetaria che, nella specie, non era stata versata avendo la società contribuente optato per il versamento dell’Iva secondo il regime ordinario, per cui l’imposta era stata determinata attraverso la dichiarazione Iva ed era entrata nel rapporto di debito-credito;

-avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi; rimane intimata la società contribuente;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per avere la CTR – a fronte della contestazione dell’Ufficio del mancato versamento dell’Iva forfetaria connessa all’ISI – sugli incassi degli apparecchi ex art. 110, comma 7, TUPLS, omesso di accertare la produzione del relativo volume di affari, ritenendolo impropriamente provato dal documentale possesso degli altri apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, TULPS;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per avere la CTR ritenuto illegittima la comunicazione di irregolarità e la conseguente cartella avendo la contribuente optato per l’applicazione dell’Iva -connessa all’ISI- in misura ordinaria e non forfetaria ed essendo entrata l’imposta nei rapporti di debito-credito, senza esaminare quale fosse l’Iva dovuta e quella a credito detraibile;

– i motivi- da trattare congiuntamente per connessione- sono inammissibili per le ragioni di seguito indicate;

– in primo luogo, posto che il vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nella specie, per essere stata la sentenza di appello depositata in data 17 ottobre 2012) concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015); nella specie, la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, non avendo dedotto l’omesso esame di un “fatto storico”, ma, peraltro, di “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate;

– inoltre, in disparte il difetto di autosufficienza del ricorso, privo di qualsivoglia richiamo o enunciazione del contenuto degli atti difensivi dei gradi di merito, entrambe le censure non colgono la ratio decidendi in quanto la CTR fonda la decisione di illegittimità della comunicazione di irregolarità e della conseguente cartella di pagamento in questione- con cui era stata iscritta a ruolo l’iva forfetaria (connessa all’ISI) non versata, nell’anno 2006, sui proventi degli apparecchi di cui al comma 7 dell’art. 110 del TULPS-esclusivamente sulla rilevata avvenuta opzione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 6, ultima parte, da parte della società contribuente per il versamento dell’Iva -connessa all’ISI- in modo ordinario; ciò solo ha reso, nell’impianto motivazionale, illegittimo il recupero dell’Iva forfetaria oggetto della iscrizione a ruolo in questione, risolvendosi i profili denunciati con i motivi di ricorso in questioni non attinenti al decisum;

– in conclusione, il ricorso va rigettato;

– nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta intimata la società contribuente.

PQM

la Corte:

– rigetta il ricorso;

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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