Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16381 del 04/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 04/07/2017, (ud. 22/02/2017, dep.04/07/2017),  n. 16381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21850-2011 proposto da:

IMPRESA DI COSTRUZIONI A.G. & C. C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA

PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE MARINO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, ENRICO MITTONI, CARLA

D’ALOISIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 247/2011 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 27/05/2011 R.G.N. 252/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che si controverte dell’opposizione dell’impresa di costruzioni A.G. & co. al verbale di accertamento ispettivo dell’Inps del 27.10.2005 concernente la verifica del debito contributivo dell’opponente connesso a sgravi triennali, di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 3, ed alla L. n. 448 del 2001, art. 44, per i quali era stata ritenuta l’indebita fruizione per non avere la stessa impresa mantenuto il livello occupazionale raggiunto a seguito di nuove assunzioni;

che la Corte d’appello di Caltanissetta, nel respingere l’impugnazione dell’impresa avverso la sentenza del primo giudice di rigetto dell’opposizione, ha osservato che l’appellante non aveva dimostrato che il licenziamento dei lavoratori assunti con le agevolazioni contributive fosse stato determinato da avvenimenti verificatisi successivamente alle assunzioni e per cause imprevedibili o ad essa non imputabili;

che, pertanto, era risultata fondata la contestazione dell’Inps in ordine al mancato rispetto della condizione rappresentata dal mantenimento del livello occupazionale necessario alla conservazione del beneficio dello sgravio;

che per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la suddetta impresa con quattro motivi, al quale resiste con controricorso l’Inps.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. che col primo motivo, dedotto per violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione alla L. n. 448 del 1998, art. 3 e la L. n. 448 del 2001, art. 44, si contesta l’affermazione della Corte di merito secondo la quale la prova degli sgravi contributivi incombe sull’impresa che vanti il diritto al relativo beneficio;

1.1. che il motivo è infondato in quanto questa Corte ha avuto già modo di affermare in diverse occasioni il principio secondo il quale in tema di sgravi contributivi e di fiscalizzazione degli oneri sociali, grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata (v. Cass. sez. lav. n. 14130 dell’1.10.2002, n. 19262 del 16.12.2003, n. 5137 del 9.3.2006, n. 16351 del 24.7.2007, n. 21898 del 26.10.2010 e Sez. Un. n. 6489 del 26.4.2012);

2. che col secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 1998, art. 3 e della L. n. 448 del 2001, art. 44, in relazione alla circolare Inps n. 122 del 2000, nonchè per vizio di motivazione, si sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto non riconducibile all’ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo quello intimato nella fattispecie ai lavoratori nel periodo oggetto di agevolazione contributiva, nonostante che il recesso fosse dipeso da un evento imprevedibile dalla datrice di lavoro, vale a dire la sospensione dell’appalto da parte del committente, e senza che il collegio giudicante avesse ammesso la prova testimoniale richiesta per provare la sussistenza del suddetto motivo ai fini del mantenimento del diritto allo sgravio contributivo;

2.2. che anche tale motivo è infondato in quanto la Corte territoriale ha adeguatamente spiegato che la prova per testi era superflua ai fini della dimostrazione della sussistenza del giustificato motivo oggettivo, sia perchè l’avvenuto licenziamento dei dipendenti per chiusura del cantiere o per fine lavori risultava documentato dai libri paga e matricola dell’impresa prodotti in primo grado, sia perchè la richiesta di dimostrazione del collegamento del licenziamento a fatti non prevedibili era stata proposta in modo generico e tale da comportare valutazioni di carattere giuridico non demandabili a testimoni, sia perchè l’appellante avrebbe potuto produrre in giudizio la documentazione attestante gli accadimenti indicati come causa della contrazione del personale;

2.3. che, inoltre, la Corte di merito ha congruamente spiegato che l’appellante non aveva dimostrato che il licenziamento dei lavoratori assunti con le agevolazioni contributive era stato determinato da avvenimenti verificatisi successivamente alla loro assunzione e per cause non prevedibili e comunque non imputabili alla medesima azienda;

2.4. che si è, comunque, statuito (Cass. sez. lav. n. 8240 del 22.4.2015) che “in tema di sgravi contributivi di cui alla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 3, commi 5 e 6, in caso di cessazione anticipata dei lavori edili per mancato rinnovo del contratto di appalto, il licenziamento del personale prima della scadenza del triennio di cui alla citata disposizione, determina la decadenza dal diritto allo sgravio, atteso che nel settore dell’edilizia la mancanza di ulteriori commesse di lavoro non può considerarsi evento imprevedibile, non imputabile al datore di lavoro, rientrando, piuttosto, nel normale rischio di impresa connesso alla natura dei lavori in questione”;

3. che col terzo motivo, formulato per errata interpretazione ed applicazione della L. n. 448 del 1998, artt. 3 e 44 e del 2001 con riferimento agli artt. 87 e 88 del Trattato CEE e del Regolamento CE 12.1.2001 n. 70, dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., e per contraddittorietà della motivazione, si assume che la Corte d’appello ha disatteso la censura attraverso la quale era stato contestato l’errore in cui erano incorsi gli ispettori dell’Inps nel calcolo della forza lavoro occupata al fine del mantenimento della fruizione dello sgravio e che sarebbe stato onere dell’Inps provare che il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni e dei successivi licenziamenti per giustificato motivo oggettivo non aveva subito variazioni;

3.1. che tale motivo è infondato in quanto, come sopra evidenziato, grava sulla parte interessata alla fruizione dello sgravio provare la ricorrenza dei relativi presupposti di legge, oltre che per la considerazione che la concessione degli sgravi contributivi di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 6, presuppone che il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel periodo agevolato, attesa la finalità della legge di favorirne l’incremento, sicchè il venir meno di tale condizione determina l’integrale perdita del diritto al beneficio avendo la norma natura eccezionale, per cui, ove diversamente interpretata, si porrebbe in contrasto con i vincoli in materia di aiuti di Stato imposti dalla Commissione Europea (v. in tal senso Cass. sez. lav. n. 15688 del 28.7.2016);

3.2. che, in ogni caso, la Corte d’appello ha ben chiarito che nella fattispecie non era stato mai contestato il mancato incremento occupazionale all’atto dell’assunzione dei lavoratori ai fini dello sgravio, bensì il loro successivo licenziamento e, dunque, il mancato rispetto della condizione di cui alla citata legge, art. 3, lett. C), vale a dire il mancato mantenimento del livello occupazionale raggiunto con le assunzioni agevolate;

4. che col quarto motivo, formulato per violazione ed errata applicazione della L. n. 448 del 1998 e del 2001, artt. 3 e 4 e dell’art. 112 c.p.c., nonchè per carenza e contraddittorietà della motivazione, si assume che la Corte territoriale ha errato nel ritenere motivo nuovo quello sulla doglianza evidenziata nelle note difensive autorizzate depositate in data 21.5.2010 riguardanti l’errata quantificazione degli sgravi da parte degli ispettori dell’Inps e che l’omesso esame di tale doglianza integra la denunziata violazione di omessa pronunzia;

4.1. che il motivo è infondato in quanto non vi è stata omessa pronunzia, avendo la Corte di merito affermato espressamente che la suddetta doglianza non era stata fatta valere tempestivamente con l’atto d’appello;

4.2. che, d’altra parte, tale affermazione non è scalfita dall’ultima censura, in quanto la ricorrente non dimostra, in spregio al principio dell’autosufficienza che governa il giudizio di legittimità, che la questione riguardante la deduzione dell’erronea quantificazione degli sgravi fosse stata tempestivamente introdotta in giudizio;

5. che, in definitiva, il ricorso va rigettato, con condanna delle spese, liquidate come da dispositivo, in favore dell’Inps risultato vittorioso.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2017

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