Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16380 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/08/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 04/08/2016), n.16380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 22200-2015 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA R. R. PEREIRA

41, presso lo studio dell’avvocato VALENTTNA MAGGIOLINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA PAOLO CRUCITTI, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M., T.A., S.A.,

A.F., M.S.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CATANZARO, depositata il

08/07/2015 in proc. n. 4165/13 r.g.a.c.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – E’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., datata 18.3.16 e regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso l’ordinanza del tribunale di Catanzaro 8.7.15 in causa n. 4165/13 rgacc, del seguente letterale tenore:

“p. 1. – B.E. ricorre, affidandosi ad un motivo, per la cassazione dell’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale è stata dichiarata inammissibile l’opposizione da lui proposta, nella fase di merito ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., all’espropriazione presso terzi intrapresa ai suoi danni da quelli che indica resistenti (e quindi A.M., T.A., S.A., A.F., M.S.) davanti al tribunale di Catanzaro. Degli intimati nessuno resiste in questa sede.

2. – Il ricorso va trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c. – parendo prospettarsi l’alternativa, da rimettersi al Collegio, tra l’inammissibilità e la manifesta fondatezza, a seconda della decisione su di una preliminare questione relativa alla prima.

3. – Il ricorrente si duole, con unico motivo di violazione o falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c., della qualificazione come opposizione agli atti esecutivi della sua domanda quale causa della sua declaratoria di inammissibilità.

4. – Ora, la contestazione della persistenza (essendo state, all’atto del dispiegamento dell’opposizione con memoria all’ud. 16.5.13, dedotte l’eccessività delle somme dovute rispetto a due distinti precetti, la compensazione almeno parziale del credito residuo verso tutti i resistenti o i creditori ceduti e la condotta illegittima dei creditori istanti: v. piè di pag. 4 e inizio di pag. 5 del ricorso) del credito operata prima della definizione del processo esecutivo si sussume sempre e comunque in un’opposizione all’esecuzione e va definita in quanto tale pure se, ciononostante, abbia luogo l’assegnazione e senza bisogno di ulteriore impugnativa anche di questo ulteriore provvedimento (Cass. 27 agosto 2014, n. 18350): ciò che comporterebbe l’erroneità della tesi in diritto della qualificazione della domanda come opposizione agli atti esecutivi.

5. – Deve però osservarsi che la vicenda processuale è singolarmente complicata non tanto dalla peculiare oscurità della motivazione del qui gravato provvedimento (che, oltre a non dare alcun conto dello svolgimento del processo, non dà ragione neppure del perchè, una volta ritenuta indispensabile dispiegare un’opposizione agli atti esecutivi, la domanda in concreto dispiegata sarebbe inammissibile: non volendosi credere che l’inammissibilità dipenda dal solo fatto della diversa qualificazione in sè considerata, ciò che avrebbe imposto al giudicante di riqualificarla ed affrontarla comunque nel merito), ma dalla condotta processuale del ricorrente, che ha adottato il rito sommario previsto dall’art. 702 bis c.p.c..

Al riguardo, pur essendo stata discussa – soprattutto in dottrina – l’applicabilità di tale rito alle opposizioni esecutive, deve convenirsi, per quel che rileva in questa sede e senza pretesa di completezza, con la soluzione che valorizza le potenzialità espansive di quel rito, dall’applicazione sempre più estesa di riforma in riforma: sì da ritenerlo applicabile in tutti i casi in cui sia prevista la decisione monocratica, ma comunque in un primo grado di giudizio di merito seguito da altro pure di merito, potendo la pienezza e la ritualità dei poteri istruttori riacquistarsi – sia pure, dopo le recenti riforme, non completamente – se non altro in sede di appello ed ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c..

6. – Ne consegue un duplice ordine di conseguenze:

– che le opposizioni previste dagli artt. 615 e 619 c.p.c. sono senz’altro proponibili, se successive all’inizio dell’esecuzione quanto alla fase o al giudizio di merito successivi a quella sommaria dinanzi al giudice dell’esecuzione, nelle forme degli artt. 702 bis c.p.c. e ss. (restando da approfondire, ma non rilevando in questo caso, la sola questione della compatibilità del detto rito con quelli speciali, come quello del lavoro e quello c.d. locatizio, ove applicabili anche al merito delle relative opposizioni: compatibilità che la prevalente opinione degli interpreti tende ad escludere per la specialità del rito originario), salva l’applicazione del dell’art. 702 ter c.p.c., comma 3 in caso si palesi la necessità di un’istruzione non sommaria;

– che le opposizioni previste dall’art. 617 c.p.c. non possono invece essere proposte nelle forme degli artt. 702 bis c.p.c. e ss., in quanto si concludono con sentenza non appellabile e non sono articolate quindi anche su di un secondo grado in cui ripristinare le facoltà istruttorie compresse in primo grado: sicchè il giudice non può pronunciare sulle opposizioni agli atti esecutive introdotte nella fase di merito con rito sommario, ma si pone allora il problema se debba dichiarare inammissibile la domanda ai sensi del capoverso dell’art. 702 ter c.p.c. – e così con ordinanza espressamente definita non impugnabile, cioè ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, nonostante gli interpreti riservino tale evenienza all’ipotesi di conclamata erroneità della scelta del rito per la sua non monocraticità – oppure se debba “semplicemente” mutare il rito in quello ordinario, ai sensi del medesimo art. 702 ter c.p.c., comma 3 con conseguente possibilità, per il ricorrente, di dar corso in prosieguo alla trattazione con rito ordinario con meccanismi analoghi a quelli disegnati per il transito dalla fase sommaria a quella di merito da Cass. 22033/11 e successive.

7. – La questione è poi complicata dal fatto che la qualificazione della domanda, nel senso che ne comporterebbe l’inammissibilità nel rito prescelto dalla parte, è stata operata di ufficio dal giudicante, ma in modo oltretutto evidentemente erroneo (per quanto sub 4).

8. – Deve quindi rimettersi al Collegio la valutazione di tale preliminare questione di ammissibilità del ricorso, da reputarsi riservata alla procedura prevista dall’art. 380 bis c.p.c. nonostante l’evidente novità e complessità della questione: sicchè, ove essa fosse risolta in senso negativo per il ricorrente, il ricorso dovrebbe dichiararsi inammissibile; mentre, in caso contrario, il ricorso dovrebbe essere accolto, con cassazione della gravata ordinanza e rinvio al medesimo giudice – ma in persona di diverso magistrato – affinchè, qualificata come opposizione ad esecuzione la domanda del B., la esamini nel merito, beninteso del tutto impregiudicatone l’esito”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. – Non sono state presentate conclusioni scritte, ma il ricorrente ha depositato memoria e la prova della notifica del ricorso almeno all’avv. A.F. e a M.S., benchè non ne risulti neppure chiesta o tentata la notifica pure ad A.M., T.A., S.A. – difesi in primo grado dallo stesso avv. A. – nè ad Lanzoni Alberto o a Natale Federico.

3. – A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio che non sussistono, anche alla stregua della valutazione del contenuto della memoria depositata nell’interesse del ricorrente, le condizioni di evidenza decisoria che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., consentono la definizione del ricorso in camera di consiglio: sicchè occorre rimettere la trattazione del ricorso alla pubblica udienza davanti la sezione terza civile.

PQM

La Corte rinvia la trattazione del ricorso alla pubblica udienza di discussione davanti alla sezione terza civile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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