Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16373 del 26/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 26/07/2011, (ud. 15/06/2011, dep. 26/07/2011), n.16373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.T. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA AREZZO 54, presso lo studio dell’avvocato MINDOPI FLAVIANO,

che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine della

seconda pagina del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.S. (OMISSIS), T.S.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA

PIRAMIDE CESTIA 1, presso lo Studio dell’avvocato GRASSO ALFIO, che

li rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4479/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

9.6.09, depositata il 12/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Flaviano Mindopi che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.

“Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti;

osserva:

1. B.T., premesso che in data 18 febbraio 1995, aveva stipulato con i coniugi P.S. e T.S. un contratto avente ad oggetto il taglio di un bosco di loro proprietà con impegno da parte dei venditori di espletare le formalità necessarie al rilascio delle necessarie autorizzazioni e che a lavoro quasi ultimato si era visto sequestrare dai Carabinieri di Rocca di Papa l’autocarro con relativo carico di legna, ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Velletri i predetti coniugi per ivi sentirli condannare, dichiarata la validità del contratto, al risarcimento dei danni da lui subiti per effetto della predetta misura.

Il P. e la T., costituitisi in giudizio, hanno contestato l’avversa pretesa.

Con sentenza del 2 aprile 2004 il Tribunale di Velletri ha dichiarato la validità del contratto in data 18 febbraio 1995, condannando i convenuti al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 2.258,00, oltre interessi e rivalutazione.

Su gravame dei soccombenti la Corte d’appello di Roma, in data 12 novembre 2009, ha rigettato tutte le domande del B., condannandolo al pagamento delle spese del primo grado del giudizio e di due terzi di quelle del secondo. Secondo il decidente, una volta accertato che il contratto avente ad oggetto il taglio del bosco era sottoposto alla condizione sospensiva dell’autorizzazione del CFS e che l’attività intrapresa dall’attore, prima che questa intervenisse, integrava una violazione degli accordi conclusi tra le parti, i convenuti, del quali già il giudice di prime cure aveva escluso ogni responsabilità in ordine ai danni subiti dal B., neppure potevano essere condannati alla restituzione del prezzo ricevuto, tanto più che la controparte si era comunque appropriata di un quantitativo di legname ben superiore a quello sequestrato dai Carabinieri.

2. B.T. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

P.S. e T.S. hanno resistito con controricorso.

3. Il ricorso, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, è soggetto alla disciplina dettata dall’art. 360 bis, inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a). Esso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi rigettato.

4. Il primo motivo di ricorso, col quale il ricorrente denuncia violazione degli artt. 1358, 1359 e 1372 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere il giudice a quo considerato che egli aveva agito in buona fede mentre i convenuti avevano tutto l’interesse a che il bosco non venisse tagliato, attiene a questione di stretto merito. L’impugnante contesta invero la valutazione della Corte territoriale secondo cui era stato il B. a violare gli accordi, comportandosi come se la condizione sospensiva si fosse avverata. La censura ha dunque ad oggetto l’apprezzamento del contenuto obbligatorio del contratto e delle condotte hinc et inde tenute dai paciscenti in sede esecutiva, e cioè un tipo di sindacato riservato al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi motivazionali, nella specie insussistenti (confr. Cass. civ. 4 maggio 2009, n. 10232; Cass. civ. 19 marzo 2009, n. 6669). Valga al riguardo considerare che, nell’assenza delle necessarie autorizzazioni da parte del Corpo Forestale e della deduzione di contrarietà a buona fede del comportamento dei venditori, espressamente richiamata nella sentenza impugnata (confr. pag. 5 della stessa), la valutazione in termini di arbitrarietà del comportamento del B. appare ineccepibile sul piano logico e giuridico, oltre che ispirata a criteri di comune buon senso.

Non è poi superfluo aggiungere che il motivo di ricorso, nella parte in cui richiama il contenuto di una raccomandata inviata dall’impugnante agli intimati in data 19 dicembre 1997, senza riportarne il contenuto, viola il principio di autosufficienza del ricorso, il cui rispetto è necessario non solo al fine di consentire il vaglio della decisività del documento, ma anche affinchè il giudice di legittimità possa procedere al controllo sull’inadeguatezza della motivazione in rapporto al punto controverso (Cass. civ., 27 gennaio 2009, n. 1952; Cass. civ. 28 gennaio 2010, n. 1818).

4. Il secondo motivo, col quale l’impugnante lamenta violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., con riferimento alla pronuncia della Corte d’appello sul carico delle spese processuali è all’evidenza infondato, avendo il giudice di merito statuito sulle spese in applicazione del principio della soccombenza e rientrando nei suoi poteri discrezionali la valutazione della opportunità di compensarle in tutto o in parte”.

Ritiene il collegio di dovere far proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, tanto più che le repliche alla stessa, oralmente esposte dal difensore comparso in camera di consiglio, pur se esprimono la soggettiva opinione del legale della parte in ordine alle violazioni di legge e ai vizi motivazionali in cui sarebbe incorso il giudice a quo, non giustificano il superamento delle considerazioni svolte nella relazione e della pacifica giurisprudenza nella stessa richiamata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.000,00 (di cui Euro 800 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011

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