Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16372 del 28/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16372 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DE CHIARA CARLO

ORDINANZA
sul ricorso 18523-2012 proposto da:
NDOYE ELHADJI MAMADOU, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio
dell’avvocato CONTALDI GIANLUCA, rappresentato e difeso
dall’avvocato CONSOLI DANIELA giusta delega a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
PREFETTURA DI FIRENZE, QUESTURA DI FIRENZE;

intimate

avverso il provvedimento n. R.G. 2283/2012 del GIUDICE DI PACE
di FIRENZE del 21/05/2012, depositato il 29/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;

Data pubblicazione: 28/06/2013

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA
che ha concluso per raccoglimento del ricorso.
PREMESSO
Il Giudice di pace di Firenze ha respinto il ricorso proposto dal
sig. Ndoye Elhadji Mamadou avverso il decreto di espulsione emesso

di ricorso, che: l’istanza di regola ri zzazione ai sensi del d.l. 1° luglio
2009, n. 78, conv. con modif. in 1. 3 agosto 2009, n. 102, era stata
dichiarata inammissibile; il decreto di espulsione era tradotto in
francese, lingua ufficiale del Senegal, e nel decreto l’impossibilità di
traduzione in lingua senegalese era correttamente motivata con
riferimento all’indisponibilità, nell’immediatezza, di un interprete
pronto a recarsi negli uffici di polizia in tempi rapidi; gli ulteriori
motivi di ricorso apparivano (filatoti.
Il soccombente ha proposto ricorso per cassazione articolando
tre motivi di censura.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
Con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il Consigliere
relatore ha proposto raccoglimento del primo e del terzo motivo di
ricorso e il rigetto del secondo.
La relazione è stata comunicata al PM e notificata all’avvocato
della parte ricorrente, i quali non hanno presentato conclusioni o
memorie.
CONSIDERATO
1. — Con il primo motivo di ricorso si lamenta la sbrigativa e
immotivata liquidazione come “dilatoria” della censura mossa alla
generica indicazione, nel decreto prefettizio, della fattispecie di
espulsione mediante il semplice riferimento alla circostanza che il
ricorrente era “illegalmente soggiornante sul territorio nazionale così
Ric. 2012 n. 18523 sez. M1 – ud. 05-03-2013
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dal Prefetto della stessa città il 20 gennaio 2012, osservando, sui motivi

come previsto dall’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 286/98”: norma,
quest’ultima, che prevede, alle lett. a), b) e c), varie ipotesi tipiche di
espulsione, che era dunque dovere dell’autorità amministrativa
specificare.
1.1. — Il motivo è inammissibile. Alla seconda pagina del

espulsione era stato emesso “accertato che il ricorrente nonostante
fosse entrato nel Territorio nazionale in possesso di un visto di
ingresso Shengen, non chiedeva il permesso di soggiorno nei tempi
stabiliti dalla norma, ai sensi dell’art. 13 comma 2 lettera b) del D.L.vo
286/98”; dunque il giudice, contrariamente a quanto sostenuto dal
ricorrente, ha dato atto che invece la fattispecie espulsiva era stata
delineata con sufficiente precisione.
2. — Con il secondo motivo di ricorso si lamenta che il Giudice
di pace, dato atto che l’istanza di emersione dal lavoro irregolare
proposta dal ricorrente era stata dichiarata inammissibile
dall’amministrazione, abbia pertanto disatteso, in quanto anch’esso
meramente dilatorio, il motivo d’impugnazione relativo alla dedotta
violazione dell’art. 1 ter, comma 10, d.l. n. 78 del 2009, cit., mentre
invece avrebbe dovuto statuire l’avvenuta violazione di detta norma, in
relazione alla direttiva 2008/115/CE, che al considerando n. 6 prevede
che nell’adottare i provvedimenti di rimpatrio non ci si limiti a
prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare:
ciò che, nella specie, avrebbe imposto all’amministrazione di portare a
conoscenza dell’interessato il provvedimento con cui era stata disattesa
la sua domanda di regola rizzazione, prima di provvedere all’espulsione.
2.1. — Il motivo è infondato.
L’art. 1 ter, comma 10, d.l. cit., dispone che lo straniero non può
essere espulso (di regola) sino alla definizione del procedimento
Ric. 2012 n. 18523 sez. M1 – ud. 05-03-2013
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provvedimento del Giudice di pace impugnato si legge che il decreto di

amministrativo di regolarizzazione previsto dal medesimo d.1., non già
sino alla comunicazione del provvedimento che definisce il medesimo
procedimento. Ciò non comporta che l’espulsione avvenga, dunque,
sulla base della semplice irregolarità del soggiorno, dato che comunque
si prevede una moratoria (dell’espulsione e dunque del soggiorno

emersione.
3. — Con il terzo motivo, premesso che davanti al Giudice di
pace era stata dedotta l’omessa traduzione in lingua senegalese del
decreto di espulsione, essendo stato tradotto il solo verbale di
notificazione del medesimo in una lingua veicolare, peraltro in maniera
lacunosa ed erronea (non essendo compresa la motivazione del
provvedimento di espulsione ed essendo indicata una durata del
divieto di reingresso diversa da quella stabilita con il medesimo
provvedimento, ossia cinque anni anziché tre), si lamenta che il giudice
abbia erroneamente ritenuto che il decreto di espulsione — non già il
semplice verbale di notificazione — fosse stato tradotto in francese, e
abbia omesso di pronunciarsi sulle dedotte incongruenze della
traduzione. Richiamata, inoltre, la più recente giurisprudenza di
legittimità riguardo all’obbligo di traduzione di cui all’art. 13, comma 7,
d. lgs. n. 286 del 1998 (Cass. 3678/2012), si ribadisce, a dispetto della
contraria statuizione della decisione impugnata, la nullità del decreto di
espulsione per difetto di traduzione in lingua senegalese, non essendo
quest’ultima qualificabile come lingua rara, tale da rendere
problematico il reperimento di un testo prestampato nella medesima
lingua o di un traduttore.
3.1. — Il motivo è fondato sotto l’assorbente profilo della
violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il
pronunciato (art. 112 c.p.c.), potendosi riscontrare in base all’esame
Ric. 2012 n. 18523 sez. M1 – ud. 05-03-2013
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irregolare) per tutta la durata del procedimento amministrativo di c.d.

degli atti (che è ammesso in considerazione della natura processuale
della censura in esame) il travisamento — e dunque la sostanziale
pretermissione — della censura effettivamente formulata dal ricorrente
nei termini dal medesimo sopra riferiti.
4. — Il provvedimento impugnato va pertanto cassato, in

in dispositivo, il quale prenderà in esame la questione trascurata e
provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso,
rigetta il secondo e accoglie il terzo; cassa il provvedimento impugnato
e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Firenze in persona di
altro magistrato.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 marzo 2013
Il Presidente

accoglimento del terzo motivo di ricorso, con rinvio al giudice indicato

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