Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16364 del 03/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 03/07/2017, (ud. 03/05/2017, dep.03/07/2017),  n. 16364

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 725/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Avv. S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

FREZZA 59, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da sè

medesimo unitamente all’avvocato EMILIO PAOLO SANDULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5090/9/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI NAPOLI – SEZIONE DISTACCATA DI SALERNO, depositata il

27/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/05/2017 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), osserva con motivazione semplificata:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR – Campania, che il 28 settembre 2015 ha confermato, a favore dell’avv. S.G., il rimborso dell’IRAP limitata alle somme versate per gli anni d’imposta 2008 e 2009. La parte privata resiste con controricorso.

La ricorrente censura – per violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3; art. 2697 c.c.) – la sentenza d’appello laddove stima l’attività del contribuente priva del requisito dell’autonoma organizzazione per essere espletata con minimali supporti, mentre risulterebbero significativi compensi corrisposti a terzi.

L’assunto del giudice merito si pone in continuità coi principi regolativi ora definitivamente certificati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9451 del 10/05/2016 (Rv. 639529) laddove si afferma che, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Premesso che pacificamente non risultano a carico del contribuente dipendenti e costi per attrezzature particolari, il giudice d’appello, con insindacabile accertamento di merito, ha ritenuto l’attività priva del requisito dell’autonoma organizzazione ancorchè espletata con l’ausilio di terzi remunerati, però, con modesti esborsi (6000 Euro nel 2008 e 9000 Euro nel 2009) trattandosi – secondo l’id plerumque accidit – delle usuali prestazioni di altri avvocati solo domiciliatari o sostituti d’udienza per l’espletamento di attività processuali in sedi lontane o in situazioni di concomitanza o impedimento (v. Cass. Sez. 6-5, n. 22675 dell’8/11/2016).

Il fisco, invece, censura la sentenza assolutoria dagli obblighi in materia di IRAP, denunciando sì asserite violazioni di norme di diritto sostanziali ma, in realtà, suggerendo un diversa ricostruzione dei requisiti fattuali dell’autonoma organizzazione senza neppure ricorrere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ipotesi peraltro preclusa dalla cd. “doppia conforme” (Cass. Sez. U, Sentenze n. 8053 del 07/04/2014 e n. 7931 del 29/03/2013) e senza neppure indicare, con la dovuta autosufficienza, gli elementi a carico del contribuente.

Conseguentemente, il ricorso può essere deciso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, con ordinanza di rigetto del ricorso stesso. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in ragione del recente consolidamento della giurisprudenza in materia.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore del ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2017

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