Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16363 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/07/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 30/07/2020), n.16363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16057/2016 R.G. proposto da:

Fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, in persona del suo

curatore Avv. Virginia Patruno, rappresentato e difeso dal Prof.

Avv. Gianluca Selicato e dall’Avv. Antonio Damascelli, elettivamente

domiciliata in Roma, via Alberico II, n. 33;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, in persona del Direttore p.t.,

con domicilio eletto presso gli uffici della predetta Avvocatura, in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia depositata il 27 gennaio 2016, n. 201/2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 novembre

2019 dal Consigliere Dott. Leuzzi Salvatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– Con avviso di pagamento del 10 giugno 2013, l’Ufficio delle Dogane di Bari provvedeva a recuperare l’accisa liquidata sull’alcole e i relativi accessori, per un importo di oltre 6.288.644,83 nei confronti dell’odiera ricorrente (già (OMISSIS) s.p.a.) titolare gi licenza di esercizio di deposito fiscale D.Lgs. n. 504 del 1995, ex artt. 5 e 28, e della Euralcool MB s.p.a.

– La (OMISSIS) s.p.a. è stata dichiarata fallita in data 17 marzo 2016;

– Con processo verbale di constatazione del 24 febbraio 2012 erano state contestate all’indirizzo della ricorrente odierna numerose violazioni di disposizioni tributarie con riferimento agli anni di imposta 2005-2008, tra cui il reato di sottrazione all’accertamento e al pagamento dell’accisa su prodotti alcolici previsto dall’art. 43 TUA;

– Nella prospettazione erariale, la società aveva acquistato in nero ingenti quantità di prodotti alcolici, spediti in regime di sospensione di accisa dalla Euralcool MB s.p.a., società titolare di analogo deposito fiscale in Qualiano (NA); gli acquisti anzidetti venivano effettuati alterando i dati relativi ai giorni e agli orari del trasporto nei documenti di accompagnamento, in guisa da scortare con uno solo di questi due spedizioni consecutive di prodotti alcolici in sospensione di imposta, di cui solo una veniva contabilizzata dalla (OMISSIS) sul registro di carico e scarico del proprio deposito fiscale; nello stesso periodo la (OMISSIS) imbottigliava e commercializzava prodotti alcolici con tenore alcolico superiore a quello dichiarato, presumibilmente al fine di esitare i qualtitativi di alcole spediti dalla Euralcol MB e non contabilizzati sul registro di carico e scarico;

– Gli ex legali rappresentanti della (OMISSIS) venivano rinviati a giudizio dal g.i.p. presso il Tribunale di Bari;

– La (OMISSIS) impugnava l’avviso di pagamento di cui sopra e la successiva cartella di pagamento notificatale da Equitalia sud s.p.a. a seguito di iscrizione a ruolo del credito erariale.

– La CTP di Bari, riuniti l’ricorsi, li rigettava, con compensazione delle spese di lite;

– La CTR della Puglia rigettava anche il successivo appello della (OMISSIS).

– Contro la sentenza d’appello, la contribuente propone ricorso per Cassazione affidato a due motivi, cui resiste l’Agenzia con controricorso, spiegando, altresì, ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– Con il primo motivo di ricorso, viene censurata la violazione

falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2, con riferimento agli artt. 2727,2729 c.c. e art. 2697 c.c., comma 1, per avere la CTR trascurato di cogliere “l’assenza del presupposto impositivo perchè l’Ufficio potesse legittimamente procedere alla tassazione, in materia di accise, mal individuando ed applicando il concetto e l’istituto dell’immissione in consumo di beni”;

– Con il secondo motivo, viene lamentata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame del verbale di verifica dell’Agenzia delle Dogane del 5 giugno 2007 ovvero di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, adducendo che nel predetto processo verbale di constatazione sono stati compiutamente accertati i limiti di produttività dell’impianto, di talchè trattavasi di documento “idoneo a smentire la presunzione posta a base della decisione gravata”;

– Con l’unico motivo di ricorso incidentale, l’Agenzia delle dogane denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32, per avere la CTR trascurato di vagliare l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo a mente dell’evocato art. 18, ancorchè già la CTR di Bari avesse già rilevato come “soltanto in sede di memorie illustrative del 29.10.2014”, la società ricorrente avesse “sintetizzato e specificato i motivi di doglianza”;

– Il primo motivo è infondato e va disatteso;

– Secondo la prospettazione di parte ricorrente, il recupero a tassazione sarebbe avvenuto in difetto del presupposto di esigibilità del tributo, non coincidendo quest’ultimo con la produzione o l’acquisto di prodotti alcolici, ma solo con l’immissione in consumo dei medesimi; ad avviso della contribuente l’erario e, a monte, la guardia di finanza, avrebbero incentrato la pretesa sulle fasi di acquisto e lavorazione dei prodotti, ricostruendole in modo approssimativo e soltanto in via presuntiva, mentre avrebbero trascurato di soffermarsi sulla fase di immissione in consumo dei beni;

– In realtà dalla trama argomentativa sottesa alla sentenza impugnata, è dato evincere con assoluta chiarezza: che la verifica fiscale avveniva sulla base di controlli incrociati eseguiti presso i clienti della contribuente, su documentazione extracontabile acquisita all’avvio della verifica fiscale, sulla base di note di cassa e bilanci annuali, sui libri e registri obbligatori, sulla documentazione bancaria pervenuta da istituti di credito; che la contribuente, esercente la produzione di bevande alcoliche in regime di “deposito fiscale”, aveva documentato e contabilizzato una produzione fittizia di bevande con tasso alcolometrico pari all’il% e tale produzione fittizia era strumentale alla creazione di una “riserva” di contrassegni di stato da applicare successivamente sulla produzione reale, non documentata contabilmente, avente gradazione alcolica sino al 90%, ottenuta grazie all’impiego di alcool etilico acquistato “in nero”; che gli acquisti “in nero” venivano effettuati da un fornitore di Qualiano (Na), attraverso un sistema di “doppi viaggi” effettuati con un unico documento di trasporto d.a.a. (documento di accompagnamento accise) che veniva alterato nella parte del gruppo orario al fine di giustificare il trasporto nel caso di controlli su strada da parte di pattuglie della Guardia di Finanza; che il meccanismo veniva accertato dai finanzieri grazie ai dati acquisiti presso la società autostrade per l’Italia s.p.a. rilevabili dai telepass in dotazione ai mezzi utilizzati per il trasporto dell’alcool etilico del fornitore di Qualiano (Na) lungo l’itinerario Napoli- Putignano (BA); che la contribuente, nel modo descritto, riusciva ad effettuare due trasporti di alcool etilico adoperando il medesimo documento di accompagnamento; posto che il primo viaggio riguardava acquisti regolarmente fatturati (e scortati da regolare d.a.a.) e il secondo (supportato dal medesimo d.a.a. alterato) riguardava il trasporto “in nero”; che, pertanto, la produzione reale – con tasso alcolometrico sino al 90% – ottenuta attraverso il delineato sistema veniva infine ceduta “in nero” in luogo di quella fittizia (solo documentale) con tasso alcolometrico dell’11%; che, così operando, la società verificata evadeva l’accisa per circa 6,2 milioni di Euro, relativa alla differenza tra la maggiore imposta gravante sui prodotti alcolici a 90 gradi (ceduti “in nero”) e quella (minore) prevista per le bevande con contenuto alcolometrico di 11 gradi (regolarmente contabilizzate);

– Ciò detto, a norma degli artt. 11, n. 2 e 12 della direttiva n. 92/12/CE, la fabbricazione, la trasformazione e la detenzione di prodotti soggetti ad accisa, anche quando questa non è assolta, devono avvenire in un deposito fiscale debitamente autorizzato dallo Stato membro nel cui territorio esso si trova;

– Coerentemente, il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 5 prescrive che “la fabbricazione, la lavorazione e la detenzione dei prodotti soggetti ad accisa ed in regime sospensivo sono effettuate in regime di deposito fiscale”;

– L’art. 6, n. 1, della citata direttiva comunitaria dispone che sono considerate come immissione in consumo, non soltanto qualsiasi fabbricazione o importazione di prodotti soggetti ad accisa al di fuori di un regime sospensivo, ma del pari qualsiasi “svincolo”, anche irregolare, da siffatto regime;

– Questa norma, equiparando tale “svincolo” ad un’immissione in consumo ai sensi dell’art. 6, n. 1, ha chiaramente indicato che qualsiasi produzione, trasformazione, ma anche detenzione o circolazione al di fuori di un regime sospensivo comportano l’esigibilità dell’accisa (sul punto v. Corte giust. 5 aprile 2001, causa C-325/99, G. van de Water c. Staatssecretaris van Financien);

– Ne deriva che, ogni qualvolta si accerti che un prodotto è uscito da un regime sospensivo senza che l’accisa sia stata assolta, si verifica l’immissione in consumo ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva, il che determina l’esigibilità dell’accisa;

– Coerentemente, il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2 prevede che il soggetto obbligato al pagamento dell’accisa è, tra gli altri, il titolare del deposito fiscale e soggiunge, al comma 2, lett. a) della norma in parola, che immissione in consumo del prodotto nel territorio dello stato è da considerarsi “lo svincolo, anche irregolare, di prodotti sottoposti ad accisa da un regime sospensivo”.

– Ciò posto, le alterazioni quantitative – spiegate in sentenza determinano di per sè stesse in astratto – e hanno comportato in concreto, nella specie – l’uscita del prodotto dal regime sospensivo senza pagamento dell’accisa, lo “svincolo” irregolare di esso, ergo l’esigibilità a monte dell’imposta e la sua recuperabilità coattiva a valle;

– Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile;

– Esso contravviene, invero, al principio, cui questo Collegio aderisce, per cui nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del 2014; Cass. n. 20994 del 2019). Va invero ripetuto che ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, le regole sulla pronuncia cd. doppia conforme si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto (id est, ai giudizi di appello introdotti dal giorno 11 settembre 2012) (Cass. n. 26774 del 2016);

– Il motivo unico di ricorso incidentale va dichiarato assorbito;

– Il rigetto del ricorso principale comporta la condanna della contribuente alle spese del presente giudizio, nella misura liquidata in dispositivo;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle dogane delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 25.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 28 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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