Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16362 del 28/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 16362 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenza con

SENTENZA

moti•azione semplificata

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (80207790587), in
persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge

– ricorrente e controricorrente a ricorso incidentale contro
VERRASTRO Margherita (VRR MGH 67P56 A883S), CURCI Maria
(CRC MRA 46H61 A883P), VERRASTRO Lucia (VRR LCU 72M57
A883I), VERRASTRO Giuseppe (VRR GPP 76T04 A883J), quali
eredi di VERRASTRO Donato, tutti rappresentati e difesi,
giusta procura speciale a margine del controricorso e

3g35

Data pubblicazione: 28/06/2013

ricorso incidentale, dall’Avvocato Candiano Orlando Mario
ed elettivamente domiciliati in Roma, via Pompeo Trogo n.
42, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Picone;

controricorrenti e ricorrenti incidentali

depositato in data 9 gennaio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott.ssa Antonietta Carestia, che ha
concluso per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso
principale, assorbito l’incidentale.
Ritenuto che Verrastro Donato, con ricorso in data 3

giugno 2010, ha chiesto alla Corte d’appello di Lecce il
riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi della legge
24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un
giudizio svoltosi dinanzi alla Corte dei Conti di Bari Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia;
che l’indennizzo richiesto dal ricorrente era pari ad
euro 5.250,00, con applicazione del parametro di euro
1.500,00 per anno di ritardo, considerata la durata del
processo presupposto (anni quattro e mesi otto, calcolati
fino alla proposizione della domanda di equa riparazione);

avverso il decreto della Corte d’appello di Lecce

che l’adita Corte d’appello, con decreto in data 9
gennaio 2012, determinato genericamente in anni dodici la
durata irragionevole del processo, ha liquidato l’importo
di euro 11.250,00 a titolo di equa riparazione del danno
non patrimoniale, oltre agli interessi legali dalla domanda

che per la cassazione di questo decreto il Ministero
dell’Economia e delle Finanze ha proposto ricorso, con atto
notificato il 6 luglio 2012, sulla base di tre motivi;
che gli intimati hanno resistito con controricorso e
hanno proposto ricorso incidentale sulla base di tre
motivi, illustrati da memoria.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di
una motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo (omessa motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), il
Ministero ricorrente censura il decreto impugnato perché la
motivazione è riferita ad altra causa;
che la doglianza è fondata, atteso che, all’evidenza,
la motivazione del decreto impugnato risulta riferita ad
altra controversia priva di attinenza alcuna con la causa
in esame, come è dimostrato anche dalla menzione di altro
ricorrente nel dispositivo del decreto, poi corretto;

3

al saldo;

che correttamente il ricorrente dà conto della
impossibilità di agire per correzione di errore materiale,
ai sensi dell’art. 287 e seguenti cod. proc. civ., poiché
nel caso in esame non si tratta di correggere delle sviste

riferita a controversia diversa e distinta da quella
oggetto di decisione, è radicalmente precluso di
comprendere quale sia stato il convincimento del giudice
sulla causa;
che questa Corte ha infatti avuto modo di affermare che
«il procedimento di correzione degli errori materiali o di
calcolo previsto dagli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. è
esperibile per ovviare ad un difetto di corrispondenza tra
l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione
grafica, chiaramente rilevabile dal testo del provvedimento
mediante il semplice confronto della parte che ne è
inficiata con le considerazioni contenute in motivazione,
difetto causato da mera svista o disattenzione e, come
tale, rilevabile ictu ocu/i; ne consegue che non può farsi
ricorso a tale procedimento quando il giudice intenda
sostituire completamente la parte motiva e il dispositivo
precedenti, afferenti ad altra e diversa controversia
avente in comune una sola delle parti, perché in questo
modo si viene a conferire alla sentenza corretta un

immediatamente rilevabili, ma, essendo la motivazione

contenuto concettuale e sostanziale completamente diverso»
(Cass. n. 12035 del 2011);
che il primo motivo del ricorso principale deve essere
accolto, con conseguente assorbimento degli altri;

ricorrenti incidentali, atteso che le stesse risultano
rivolte avverso una decisione adottata con motivazione che
si riferisce ad altra controversia, sicché in sede di nuovo
esame potranno essere proposte dai ricorrenti incidentali
le questioni oggetto di motivi di ricorso incidentale
(mancato riconoscimento del bonus di 2.000,00 euro ritenuto
dovuto in considerazione della natura della causa;
determinazione della durata del giudizio presupposto con
riferimento alla data di deposito della domanda di equa
riparazione invece che alla data della decisione su detta
domanda; compensazione delle spese del giudizio);
che il decreto impugnato, in accoglimento del primo
motivo del ricorso principale, deve quindi essere cassato,
con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Lecce,
in diversa composizione, la quale procederà anche alla
regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità
PER QUESTI MOTIVI

La Corte

accoglie

il primo motivo del ricorso

principale, assorbiti gli altri e il ricorso incidentale;
cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del

che risultano assorbite anche le censure svolte dai

giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Lecce in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,

il 24 aprile 2013.

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