Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16362 del 26/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/07/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 26/07/2011), n.16362

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.S.S. (OMISSIS), C.

A. (OMISSIS) nella qualità di genitori esercenti la

potestà sulla figlia minore B.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAVIO STILICONE 264, presso

lo studio dell’avvocato GIACANI FRANCESCO, rappresentati e difesi

dagli avvocati VECCHIONE GIOVANNI, GIANLUCA VECCHIONE, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

qualità del Presidente e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO ALESSANDRO, PATTERI ANTONELLA, MAURO RICCI, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2868/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

4.5.09, depositata il 18/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO

FEDELI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda proposta contro l’Inps da B.S.S. e da C.A. nella loro qualità di genitori della minore B.A., nata il 29.4.1993, diretta a far valere il diritto di quest’ultima all’indennità di accompagnamento quale invalida civile a seguito della domanda amministrativa presentata l’11.10.1993, riconosceva il diritto azionato con decorrenza dall’1.1.2004, con le pronunce conseguenti.

La Corte di merito faceva riferimento alle valutazioni e conclusioni della c.t.u. espletata in appello, secondo cui la sindrome di Down con ritardo mentale grave da cui era affetta la parte aveva comportato l’incapacità della stessa a compiere gli atti quotidiani della vita a partire dal gennaio 2004, Infatti doveva tenersi presente la mancanza di una documentazione precisa riguardo ai primi anni di vita e che i presupposti per il riconoscimento della prestazione si erano concretizzati con il crescere della bambina – che aveva frequentato la scuola fino alle medie fruendo della indennità di frequenza – e con le sue mutate esigenze, che non potevano essere soddisfatte a causa della patologia da cui era affetta.

I legali rappresentanti della minore hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo. L’Inps resiste con controricorso.

Il ricorso, che denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, in sostanza lamenta la contraddittorietà che sarebbe insita nell’avere ritenuto rilevante solo dal 2004, quando la interessata aveva ormai dieci anni, una incapacità dipendente da una malattia congenita.

Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato, in quanto le valutazioni della consulenza tecnica a cui si è attenuta la Corte di appello non risultano illogiche e in contrasto con i principi enunciati in materia da questa Corte. Si è affermato, infatti, che la situazione di inabilità prevista per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento può configurarsi anche per un minore in tenera età, purchè si accerti che egli richieda un’assistenza diversa, più intensa per tempi e per modi rispetto a quella necessaria a un bambino sano della stessa età (Cass. n. 2523/2003, 11525/2006). Ciò implica che è ben possibile che determinate infermità, e in particolare quelle che riguardano il grado di intelligenza e le possibilità di maturazione psicologica, benchè congenite, nella prima fascia di età, in cui tutti i soggetti hanno una autonomia limitata, non richiedano prestazioni di assistenza maggiori, rispetto a quelle necessarie per gli individui sani, in misura tale da giustificare il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Non deve disporsi per le spese del giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011

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