Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16360 del 03/07/2017
Cassazione civile, sez. VI, 03/07/2017, (ud. 11/04/2017, dep.03/07/2017), n. 16360
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9638/2015 proposto da:
DOMINA SUD DI A.M. & C. S.A.S. – P.I. (OMISSIS), in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2 presso Alfredo Placidi,
rappresentata e difesa unitamente e disgiuntamente dagli avvocati
ALESSANDRO DISTANTE ed ALBERTO MARIA DURANTE;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI UGENTO – P.I. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 106,
presso lo studio dell’avvocato GUIDO VALORI, rappresentato e difeso
dall’avvocato FRANCESCO ZOMPI’;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 758/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 31/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata dell’11/04/2017 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con il ricorso in atti parte ricorrente ha inteso chiedere la cassazione dell’impugnata sentenza sul rilievo che essa, in merito ad una controversia avente ad oggetto il pagamento di somme pretese in adempimento di una commessa pubblica, ha confermato la decisione di primo grado di rigetto della domanda e di condanna della società attrice al pagamento della penale da ritardo, sebbene nella specie dalla ricostruzione dei fatti e dagli atti contrattuali emergesse la prova del tempestivo adempimento delle obbligazioni gravanti sull’attrice.
2. Resiste al proposto ricorso parte intimate con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è affetto da plurime ragioni di inammissibilità.
2. Invero le doglianze di ricorso, intese a denunciare cumulativamente “errore sui presupposti di fatto e di diritto”, “violazione e la falsa applicazione di norme diritto” e “difetto assoluto di motivazione”, si espongono previamente all’ostativo rilievo reiteratamente enunciato da questa Corte secondo cui è “inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione” (Cass., Sez. 1, 23/09/2011, n. 19443).
Va qui ancora riaffermato nella medesima direzione preclusiva, che “quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità” (Cass., Sez. 6-5, 15/01/2015, n. 635).
In ultimo, va rilevato, sempre in chiave preclusiva, che l’illustrazione del motivo, laddove sollecita in definitiva un rinnovato apprezzamento dei fatti di causa già delibati sfavorevolmente dal giudice di merito ignora manifestamente che “il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata” (Cass., Sez. U., 29/03/2013, n. 7931).
3. Dovendo perciò essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, spese seguono la soccombenza.
Ricorrono altresì i presupposti per il versamento previsto in caso di rigetto, di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione dal D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Dichiara che sussistono i presupposti per il versamento previsto dal D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2017