Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16358 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 10/06/2021), n.16358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20581/2014 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

T.E., rappresentato e difeso dall’Avv. De Palma Faustino,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Petrillo

Giovanni in Roma, Via Mordini 14;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, sez. staccata di Salerno, n. 1807/12/2014 depositata il 18

febbraio 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’11 dicembre

2020 dal consigliere Gori Pierpaolo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, veniva rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Avellino n. 495/5/2011 che, a sua volta, aveva accolto il ricorso proposto da T.E., esercente l’attività di meccanico, avverso un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP, IVA, Addizionali 2006 con cui venivano ricondotti all’attività di impresa prelevamenti e versamenti emersi a seguito di accertamenti bancari posti alla base di un accertamento analitico induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d).

– La CTP riteneva nel merito dimostrata dal contribuente la non riferi-bilità delle movimentazioni bancarie ad operazioni imponibili d’impresa e annullava l’atto impositivo, decisione confermata dal giudice d’appello.

– Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia per due motivi, cui replica il contribuente con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e art. 39, comma 1, lett. d), art. 2967 c.c. e ss. per aver la CTR ritenuto la presunzione legale derivante dalla disciplina normativa degli accertamenti bancari condotti superata dall’aver il contribuente esibito un “saldo del conto corrente al 31-12-2005 che presentava una disponibilità pari ad Euro 125.000” e riportato in contabilità “tutti i movimenti utili alla determinazione del reddito di impresa” (cfr. p.3 sentenza).

– In via preliminare, il contribuente eccepisce l’inammissibilità del motivo in quanto a suo dire tendente ad una indebita richiesta di rivalutazione del quadro probatorio, ma l’eccezione non è accoglibile. L’Agenzia contesta con il mezzo in questione l’erronea applicazione del canone di riparto dell’onere della prova, in particolare quello discendente dalla presunzione dell’art. 32 cit., nonchè il criterio da seguire per offrire la prova liberatoria dalla stessa presunzione, e non richiede alla Corte la nuova valutazione della singola prova documentale in relazione alla singola movimentazione contestata.

– Va quindi scrutinata e dismessa anche l’eccezione di difetto di autosufficienza del motivo, in quanto non era necessario riprodurre il quadro probatorio posto a fondamento delle riprese, dal momento che il mezzo è diretto a denunciare una violazione di legge nell’applicazione del canone di riparto dell’onere della prova.

– Il motivo è fondato. Si ribadisce che “In tema di accertamenti fondati sulle risultanze delle indagini sui conti correnti bancari, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, l’onere del contribuente di giustificare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti intestati a soggetti per i quali è fondatamente ipotizzabile che abbiano messo il loro conto a sua disposizione non viola il principio “praesumptum de praesumpto non admittitur” (o “divieto di doppie presunzioni” o divieto di presunzioni di secondo grado o a catena) sia perchè tale principio è, in realtà, inesistente, non essendo riconducibile agli artt. 2729 e 2697 c.c. nè a qualsiasi altra norma dell’ordinamento, sia perchè, anche qualora lo si volesse considerare esistente, esso atterrebbe esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con un’altra presunzione semplice, ma non con una presunzione legale, sicchè non ricorrerebbe nel caso di specie.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 15003 del 16/06/2017, Rv. 644693 – 01).

– Orbene, nel caso di specie correttamente il contribuente afferma che la presunzione discendente dall’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 è una presunzione legale e non semplice ed ammette prova contraria, ossia va qualificata come relativa e non assoluta, avente ad oggetto i movimenti bancari alla base dell’avviso di accertamento impugnato in questa sede. Tuttavia, si tratta di una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente solo attraverso una prova analitica (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392 – 01).

– Ciò deve avvenire non nei termini apodittici usati dal giudice d’appello, ossia l’aver evidenziato la presenza di un saldo attivo del conto corrente al 31-12-2005 di Euro 125.000 e l’aver il contribuente riportato in contabilità “tutti i movimenti utili alla determinazione del reddito di impresa” (cfr. p.3 sentenza). E’ necessaria la specifica indicazione della riferibilità della singola giustificazione a ciascun movimento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle singole movimentazioni bancarie contestate non attengono ad operazioni imponibili. A ciò consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze.

– Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

– la ricorrente censura la nullità della sentenza per apparenza della motivazione, per aver la CTR ritenuto la presunzione legale in materia di accertamenti bancari apoditticamente non fondata con riferimento alle movimentazioni contestate.

– Il mezzo non è inammissibile come eccepito dal controricorrente, in quanto non si risolve, all’evidenza, in una istanza di riesame del ragionamento decisorio del giudice d’appello poichè si sostanzia in una denunzia di nullità del provvedimento per essere la motivazione non controllabile nel suo iter logico argomentativo, nè è privo di specificità perchè chiaramente diretto a censurare l’a statuizione della CTR sul superamento della presunzione legale. Nondimeno, proprio per questa ragione, il secondo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo, conseguendo per ciò solo la cassazione della sentenza con rinvio alla CTR Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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