Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16357 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/08/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 04/08/2016), n.16357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27322-2014 proposto da:

F.G., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VERONA, N. 9 presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

ALTIERI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PAOLO SISTO,

giusta procura speciale del 14 dicembre 2015 e contestuale revoca

del mandato conferito al precedente difensore avvocato SEBASTIANO

CINQUEGRANA;

– ricorrente –

contro

BANCA PATRIMONI SELLA & C S.P.A. (P.I. (OMISSIS)), in persona del

Dirigente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO

QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONINI,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GINO DA POZZO,

CATERINA SELLA, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il

15/9/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/5/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata:

“La Corte di appello di Bari, con ordinanza resa in data 15/9/2014 rigettava la richiesta dell’appellante F.G. di sospensione dell’esecutorietà della sentenza del Tribunale di Foggia n. 238/2014 con la quale era stata accolta la domanda proposta dalla Sella Consult SIM S.p.A. e condannato il F. al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 10.916,66 (a titolo di anticipi riscossi non conguagliati dalle provvigioni maturate, in relazione al contratto di agenzia intercorso tra le parti), oltre interessi e rivalutazione, ed altresì dichiarata inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto. Riteneva la Corte territoriale che parte appellante non avesse fornito alcuna prova del requisito del gravissimo danno contemplato dall’art. 431 c.p.c. evidenziando in particolare che non fosse stato dimostrato il pregiudizio irreversibile e che non risultasse l’eventuale difficoltà di recupero delle somme in questione.

Avverso tale ordinanza F.G. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

La Banca Patrimoni Sella & c. S.p.A. (già Sella Consult SIM S.p.A.) resiste con controricorso.

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 431 c.p.c.. Assume che la Corte territoriale abbia erroneamente omesso di considerare che la sospensione era stata chiesta dal lavoratore (e non dal datore di lavoro) con la conseguenza che andava applicato l’art. 431 c.p.c., comma 6, a mente del quale sarebbe dovuto essere preso in esame solo il fumus boni iuris e cioè la serietà dell’impugnazione.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto contro un provvedimento che – al di là del fatto che i suoi termini di riferimento normativo debbano essere ricercati nell’art. 431, comma 6, ai fini della valutazione sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della sospensione dell’esecuzione – non ha assolutamente natura decisoria, bensì cautelare e provvisoria in attesa della decisione definitiva sull’appello e come tale non è impugnabile per cassazione neppure ai sensi dell’art. 111 Cost..

Al riguardo, le SS.UU. di questa Corte hanno statuito che “avverso l’ordinanza con la quale, nel rito del lavoro, il giudice d’appello sospende in tutto o in parte la provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado (art. 431 c.p.c.), non è esperibile il ricorso per Cassazione, ex art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento cautelare privo di contenuto decisorio, in quanto destinato ad operare per la durata del giudizio di secondo grado ed a restare assorbito dalla sentenza che lo conclude” (Cass., Sez. un., 3 giugno 1997, n. 4954; in precedenza Cass., Sez. un., 6 novembre 1994, n. 5603).

E’ di tutta evidenza che siffatta motivazione si attaglia anche al provvedimento che abbia respinto la richiesta di sospensione dell’esecutorietà della sentenza.

Si veda, in termini, con riguardo all’analogo provvedimento ottenibile nel rito locativo (nel quale pure è previsto dall’art. 447 bis c.p.c., u.c. che “Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’efficacia esecutiva o l’esecuzione siano sospese quando dalle stesse possa derivare all’altra parte gravissimo danno”), Cass. 9 marzo 2007, n. 5558 secondo cui: “Avverso l’ordinanza con la quale la Corte di appello, investita dell’appello in una causa di rito locativo, rigetti ai sensi dell’art. 447 bis c.p.c., u.c. (nella specie all’udienza di discussione, dopo un precedente provvedimento di sospensione dato con decreto inaudita altera parte dal presidente della corte d’appello) l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., poichè il provvedimento ha natura cautelare e non decisoria ed effetti provvisori fino alla decisione definitiva sull’appello. Nè la ricorribilità sussiste per la pretesa abnormità del provvedimento, sotto il profilo della violazione delle regole processuali in ragione della successione al provvedimento presidenziale del provvedimento della Corte, poichè il suddetto rimedio, anche quando è esperito contro un preteso provvedimento abnorme per la violazione di quelle regole, è pur sempre ammissibile solo se esso ha carattere di decisorietà e definitività”. Si veda anche, per l’ipotesi egualmente analoga di un diniego dell’istanza di sospensione dell’esecuzione richiesta ex art. 373 c.p.c. allo stesso giudice che abbia pronunciato la sentenza impugnata con ricorso per cassazione, Cass., Sez. un., 18 giugno 2008, n. 16537 secondo la quale: “Contro il provvedimento adottato ex art. 373 c.p.c., che respinge l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata per cassazione, non può essere proposto ricorso in sede di legittimità, trattandosi di provvedimento di natura ordinatoria che non contiene alcuna decisione in senso tecnico-processuale”. Si veda, ancora, con riguardo al ricorso per cassazione proposto avverso un’ordinanza del Tribunale di rigetto dell’istanza di sospensione della esecutorietà della sentenza pronunciata dal Giudice di Pace, Cass. 3 marzo 2009, n. 5154 secondo cui: ” Non è impugnabile l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 35 c.p.c., comma 1, sull’istanza dell’appellante di sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza di primo grado; infatti il difetto del carattere della decisorietà (trattasi di provvedimento destinato ad operare in via meramente temporanea, producendo effetti che si esauriscono con la successiva sentenza) di tale ordinanza ne esclude la ricorribilità per cassazione ex art. 111 Cost. (confronta, per tutte, Cass. Sez. 3^, n. 5011 del 2005)”.

In conclusione, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

4 – In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

5 – La regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità segue la soccombenza.

6 – Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

La suddetta condizione sussiste nel caso in esame.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed 2.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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