Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16356 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 10/06/2021), n.16356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9901-2020 proposto da:

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MAURO CECI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 315/2020 del TRIBUNALE di L’AQUILA,

depositato il 5/2/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

9/3/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI ALBERTO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di L’Aquila, con decreto del 5 febbraio 2020, rigettava il ricorso proposto da M.N., cittadino del Niger, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale.

In particolare, il Tribunale rilevava che eventuali vizi dell’atto amministrativo non imponevano una declaratoria di nullità dello stesso o il suo annullamento, in quanto il sindacato giudiziale ha ad oggetto la sussistenza del diritto affermato dal ricorrente e non l’atto impugnato. Il collegio di merito, esclusa la credibilità del migrante, osservava poi che la sua zona di provenienza non presentava una situazione caratterizzata da violenza indiscriminata, rilevando inoltre come il M. non avesse riferito particolari condizioni di vulnerabilità nè avesse dimostrato di aver intrapreso un serio percorso di integrazione.

2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso M.N. prospettando tre motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 Il primo motivo di ricorso denunzia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5, perchè il Tribunale ha erroneamente rigettato l’eccezione proposta in sede di merito in ordine alla mancata traduzione del provvedimento amministrativo.

3.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione della L. n. 15 del 1968, art. 14, dato che il provvedimento emesso dalla commissione territoriale era stato comunicato al migrante in una copia priva di attestazione di conformità all’originale.

Oltre a ciò, il decreto impugnato sarebbe carente della sottoscrizione del presidente del collegio in originale e riporterebbe la dicitura attestante l’apposizione della firma digitale del presidente supplente non accompagnata dal codice identificativo.

4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili.

4.1 Il Tribunale ha rilevato che, nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto non l’atto impugnato, ma la sussistenza del diritto fatto valere dal richiedente asilo, la nullità del provvedimento amministrativo per omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato non esonera il giudice dall’esaminare il merito della domanda, venendo in rilievo soltanto eventuali conseguenze sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa, che nel caso di specie non erano state neppure dedotte.

Il primo motivo e la prima parte del secondo motivo tornano a riproporre questioni attinenti a vizi formali dell’atto amministrativo emesso dalla commissione territoriale, senza curarsi delle spiegazioni offerte dal giudice di merito e non premurandosi di censurarle in qualche modo.

Ne discende la loro inammissibilità, poichè l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata. Queste ultime, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che non rispetti questo requisito. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 (v. Cass. 6496/2017, Cass. 17330/2015, Cass. 359/2005).

4.2 La contestazione relativa alla sottoscrizione del provvedimento impugnato non è poi riferibile al decreto in esame, che contiene la firma digitale del presidente (Riviezzo e non Amabile) e del giudice relatore, firma che è equiparata alla sottoscrizione autografa in base ai principi previsti dal D.Lgs. n. 82 del 2005, resi applicabili al processo civile dal D.L. n. 193 del 2009, art. 4, convertito dalla L. n. 24 del 2010 (Cass. 22871/2015).

5. Il terzo motivo di ricorso si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, del T.U.I., art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3: il Tribunale – in tesi di parte ricorrente – ha disatteso la richiesta di protezione internazionale in tutte le sue possibili forme in ragione della non credibilità dei fatti narrati, a dispetto del tenore delle informazioni internazionali sulla situazione di violenza diffusa esistente in Nigeria, del ricorrere delle condizioni necessarie per ravvisare la credibilità del racconto e dell’esistenza in quel paese di una situazione di violenza generalizzata e non controllata.

Il Tribunale, inoltre, ha negato la protezione umanitaria senza fornire alcuna reale motivazione, malgrado il richiedente asilo avesse descritto la sua precaria e vulnerabile situazione personale e sociale e avesse precisato che nel paese di origine non poteva contare sull’aiuto della sua famiglia.

6. Il motivo è inammissibile.

6.1 Risultano di nessuna rilevanza tutti i riferimenti alla situazione esistente in Nigeria, dato che il migrante proviene dallo Stato, diverso, del Niger.

6.2 Il giudice di merito si è ispirato ai criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, laddove, all’esito dell’esame delle dichiarazioni rese dal migrante nelle varie sedi, ha rilevato che il racconto offerto dal richiedente asilo non era stato adeguatamente circostanziato nè risultava plausibile in diversi punti sotto il profilo della credibilità razionale della concreta vicenda narrata.

Una volta constatato come la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo sia il risultato di una decisione compiuta alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sufficiente aggiungere che la stessa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Si deve invece escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, nel senso proposto in ricorso, trattandosi di censura attinente al merito.

Censure di questo tipo si riducono, infatti, all’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che però è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce invece alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019).

6.3 A fronte degli accertamenti compiuti dal collegio di merito riguardo al mancato ricorrere dei presupposti per il riconoscimento delle diverse forme di protezione il mezzo si limita a deduzioni astratte e di principio, che non scalfiscono la ratio decidendi e si limitano, nella sostanza, a sollecitare una nuova valutazione, nel merito, della domanda, senza muovere alcuna specifica critica agli argomenti offerti per disattendere la stessa, come il ricorso per cassazione deve invece necessariamente fare.

7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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