Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16352 del 28/06/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16352 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 453-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
1724

FLESSOFAB

SRL

in

persona

dell’Amministratore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA
CONCILIAZIONE 44, presso lo studio dell’avvocato
PERILLI MARIA ANTONIETTA, rappresentato e difeso
dall’avvocato COPPOLA PIETRO giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 28/06/2013

- controricorrente

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

n.

di SALERNO,

191/2007

della

depositata il

05/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato PERILLI delega
Avvocato COPPOLA che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 16/05/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 191/4/07, depositata il 5.11.2007, la CTR
della Campania, sez. Staccata di Salerno, confermando la

dalla S.r.l. Flessofab avverso l’avviso di recupero del credito
d’imposta per l’incremento dell’occupazione, di cui all’art 4
della L. n. 449 del 1997. I giudici d’appello hanno ritenuto che la
contribuente aveva documentato i presupposti per godere
dell’agevolazione, i cui requisiti erano stati accertati dall’Ufficio,
che aveva solo lamentato di non esser stato posto in condizione
di accertare la tipologia dei contratti di lavoro, per la scarsa
collaborazione della contribuente, in sede di verifica.
Per la cassazione di tale sentenza, ricorre l’Agenzia delle
Entrate con tre motivi. La contribuente resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va, anzitutto, disattesa l’eccezione d’inammissibilità del
ricorso, che è tempestivo, essendo stato consegnato all’Ufficiale
giudiziario per la notifica il 19.12.2008 (data alla quale va fatto
riferimento, per il noto principio della scissione fra il momento
di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il
destinatario, cfr. Corte cost. n. 477/2002) entro il termine di cui
all’art. 327 cpc.
2. Con il primo motivo, ex art 360, 10 co, n. 3, cpc, la
ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art 52,
co 5, del dPR n. 633 del 1972, per avere la CTR esaminato

i

decisione della CTP di Salerno, ha accolto il ricorso proposto

documentazione che non era stata esibita dalla contribuente in
sede di verifica, e sottopone il seguente quesito di diritto: “Dica
l’Ecc.ma Corte di Cassazione se viola l’art. 52 comma 5 del DPR

dell’Agenzia prendendo in considerazione documentazione la
cui utilizzabilità era preclusa a seguito della mancata esibizione”.
3. Col secondo mezzo, si deduce la nullità della sentenza
violazione dell’art 112 cpc, e si formula il seguente quesito:
“Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se viola l’art 112 cpc,
configurando l’ipotesi di nullità della sentenza in relazione
all’art 360 cpc n. 4, il Giudice di secondo grado che, nel
respingere l’appello dell’Agenzia delle Entrate confermando la
decisione di primo grado, ha omesso di pronunciare su un
motivo di gravame dedotto in appello”.
4. Col terzo motivo, la ricorrente denuncia l’insufficienza
e la contraddittorietà della motivazione, per non avere la CTR
esposto le ragione della ritenuta spettanza del credito d’imposta,
nonostante la sussistenza degli inadempimenti lamentati
dall’Ufficio.

5. Il primo motivo è inammissibile Z sua genericità. La
ricorrente, che invoca la disciplina di cui al dPR n. 633 del 1972,
non precisa, anzitutto, se il controverso credito d’imposta sia
stato fatto valere ai fini del versamento dell’IVA e, ad ogni
modo, non trascrive, in violazione del principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, il contenuto del

2

n. 633/72 il Giudice di secondo grado che ha respinto l’appello

processo verbale d’accesso -al quale si riporta nel corpo del
motivo e nell’atto d’appello, riportato in ricorso- sicchè non è
chiaro quale documentazione sia stata richiesta e non consegnata

dunque, se i documenti prodotti dalla contribuente e valutati dal
giudice tributario siano proprio quelli di cui si assume esser stata
rifiutata l’esibizione; precisazione tanto più necessaria, in
quanto: a) l’impugnata sentenza espone che, in prime cure, la
Società aveva affermato di aver esibito ai verbalizzanti le lettere
di assunzione e che l’Ufficio aveva sostenuto l’inidoneità della
documentazione esibita (e non l’assenza di esibizione) a provare
le assunzioni; b) il divieto di utilizzo in sede giudiziaria previsto
dal richiamato art. 52, co 5, del dPR n. 633 del 1972, si riferisce,
appunto, ai documenti specificamente richiesti in sede
amministrativa e non esibiti dal contribuente, o per rifiuto, o per
dichiarazione, contraria al vero, di non esserne in possesso, o per
sottrazione all’ispezione, a causa di un errore non scusabile, di
diritto o di fatto (cfr. Cass. n. 21768 del 2009).
6. Il secondo ed il terzo motivo sono, anch’essi,
inammissibili, per violazione dell’art 366 bis cpc, nella specie
applicabile ratione temporis, in base al quale la censura con cui
si deduce un vizio ex art. 360, 1° co, numeri 1, 2, 3 e 4, cpc deve,
all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto,
mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360
cpc, è richiesta l’esposizione chiara e sintetica del fatto

3

in sede d’accesso e quale sia quella depositata in giudizio, e,

controverso, in relazione al quale la motivazione si assume
omessa, o contraddittoria, ovvero inidonea a giustificare la
decisione (cfr. Cass. n. 4556 del 2009). 7. Questa Corte ha, poi,

censura in diritto, il quesito assolve alla funzione di integrare il
punto di congiunzione tra la soluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico generale, sicchè lo stesso
non può essere generico e teorico, ma deve essere calato nella
fattispecie concreta, onde far comprendere, dalla sua sola lettura,
l’errore asseritamente compiuto dal giudice di merito e la regola
applicabile. 8. Ne consegue che esso non può consistere nel
mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della
propugnata petizione di principio o della censura così come
illustrata nello svolgimento del motivo, né può ancora, risolversi,
proprio come quello a corredo del secondo motivo, in un
interrogativo c.d. circolare, che già presuppone la risposta
ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso “sub
iudice” (cfr. Cass. SU n. 28536 del 2008). 9. Il c.d. quesito di
fatto volto a consentire l’immediata individuazione del fatto
decisivo e controverso, non è stato, invece, affatto formulato,
non essendo sufficiente che lo stesso sia rilevabile dal complesso
della censura proposta (cfr. Cass. n 24255 del 2011), senza dire
che il preteso vizio motivazionale attiene a questione di diritto
(in tesi, sulla rilevanza della mancata esibizione dei documenti in
sede di verifica, ai fini del riconoscimento del credito

4

precisato (Cass. n. 3530 del 2012) che, in relazione ad una

/SENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL DPR. 2N”4/ 914
N. 131 TA8. ALI_ H. – N. 5
MATElili4,.”11,43VrAtOA

d’imposta), inidoneo, in quanto tale, a provocare la cassazione
della sentenza.
10. Il ricorso va, in conclusione, rigettato.

da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità,
liquidate in € 3.200,00, oltre ad accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2013.

11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come

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