Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16347 del 03/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/07/2017, (ud. 23/03/2017, dep.03/07/2017),  n. 16347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11001-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.G.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

D.G.A. C.F. (Ndr: testo originale non comprensibile)

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e difende, giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1482/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/04/2010 R.G.N. 1452/07.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE la Corte d’appello di Roma con sentenza depositata in data 19/4/2010, in riforma della pronuncia di prime cure, dichiarava l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato dal 3 luglio al 30 settembre 2002. Poste Italiane s.p.a. con D.G.A. e, conseguentemente la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, condannando la società al pagamento del risarcimento del danno corrispondente alle retribuzioni maturate dal 31 marzo al 30 settembre 2005;

per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. proponeva ricorso sostenuto da sei motivi; la lavoratrice resisteva con controricorso proponendo ricorso incidentale affidato ad otto motivi, illustrato da memoria ex artt. 378 e 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. La lavoratrice è stata assunta con contratto a termine, stipulato per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di ristrutturazione ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento di assenza per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo”;

2. con il primo motivo del ricorso principale la società Poste Italiane denuncia contraddittoria ed insufficiente motivazione in ordine ad una circostanza rilevante ai fini del decidere ed in relazione all’art. 1372 c.c., comma 1, artt. 1175, 1375, 2697, 1427 e 1431 c.c., art. 100 c.p.c., ex art. 360, comma 1, n. 3 e 5, lamentando che la Corte di merito abbia disatteso l’eccezione di mutuo consenso;

2.1 il motivo è inammissibile, giacchè nella pronuncia impugnata manca ogni riferimento alla trattazione della questione e la ricorrente ha omesso di indicare le modalità e i tempi nei quali la stessa sia stata sollevata nel corso del giudizio di merito (vedi ex plurimis, Cass. 22/04/2016, n. 8206 secondo cui qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata nè indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare “una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa);

3. con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 12 Prel., artt. 1362 e 1325 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non avendo la Corte di merito considerato lo specifico riferimento in contratto, agli accordi sindacali di mobilità del personale, argomentandosi altresì che la prova circa la sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive di cui al citato D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, graverebbe sulla società datrice di lavoro solo con riferimento alla proroga del contratto, D.Lgs. citato ex art. 4;

4. con il terzo motivo si denuncia omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 sulla inidoneità della compresenza di più ragioni in seno ad un medesimo contratto;

5. con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. art. 4, comma 2, art. 2697 c.c., artt. 115, 116, 244 e 253 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, argomentandosi che la prova circa la sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive di cui al citato D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, graverebbe sulla società datrice di lavoro solo con riferimento alla proroga del contratto, D.Lgs. citato ex art. 4;

6. con il quinto motivo si deduce omessa ed insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento al ritenuto mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico della società, circa la sussistenza delle esigenze poste a fondamento della assunzione;

7. i suddetti motivi, il cui esame congiunto è giustificato dalla connessione che li connota, risultano infondati; nel caso in esame il contratto di assunzione conteneva l’espresso richiamo agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002″, in base ai quali le parti si erano date atto, fra l’altro, che la Società avrebbe continuato a fare ricorso all’attivazione di contratti a tempo determinato per sostenere il livello del servizio di recapito durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità;

8. la questione dedotta è già stata affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte e risolta con l’affermazione del principio secondo cui l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare, e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa;

spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3325/2014, 21008/2014, 2279/2010; 10033/2010; 16303/2010); l’esplicitazione delle ragioni dell’apposizione del termine può risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro, attraverso il riferimento ad altri testi scritti accessibili dalle parti, in particolare nel caso in cui, data la complessità e la articolazione del fatto organizzativo, tecnico o produttivo che è alla base della esigenza dell’assunzione a termine, questo risulti analizzato in specifici documenti, specie a contenuto concertativo, richiamati nella causale di assunzione;

per ciò che riguarda l’incombenza dell’onere probatorio, deve ancora essere richiamata la già ricordata sentenza di questa Corte n.2279/2010, la quale, sviluppando argomentazioni già adottate in precedenti pronunzie (Cass., nn. 12985/2008; 14011/2004; 7468/2002), ha rilevato che detto onere, contrariamente all’assunto della ricorrente, deve essere posto a carico del datore di lavoro.

9. nello specifico la Corte territoriale, in coerenza con detti principi, ha preso espressamente in considerazione il contenuto degli accordi sindacali richiamati, evidenziando che dimostravano solo la sussistenza di esigenze di riposizionamento sul territorio nazionale delle risorse da destinarsi al servizio di recapito, ma che ciò non configurava l’allegazione che tali esigenze avevano determinato, con nesso causale, la specifica necessità di assumere con un contratto di lavoro a termine proprio il lavoratore interessato;

10. quanto alla mancata ammissione dei capitoli di prova, la ricorrente non censura quanto accertato al riguardo dalla sentenza impugnata, e cioè la genericità dei capitoli stessi. A ciò va aggiunto che Poste non trascrive interamente i capitoli di prova richiesti nè in quale atto processuale, quando ed in qual modo essi sarebbero stati sottoposti al giudice del gravame (cfr. Cass. ord. 16.3.12, n. 4220; Cass. 9.4.13, n. 8569); deve infatti rimarcarsi che la censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente, oltre a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare – elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto, e nella specie insussistenti – non alleghi e indichi, inoltre, la prova della tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione e la fase di merito a cui si riferisce, al fine di consentire “ex actis” alla Corte di Cassazione di verificare la veridicità dell’asserzione, ex aliis, cfr. Cass. 23.4.2010 n. 9748. Ne consegue che anche l’invocato esercizio dei poteri ufficiosi non avrebbe potuto trovare ingresso in giudizio, stante la sua natura, a questo punto, meramente esplorativa (cfr. Cass. n. 4412/2015, Cass. n. 11864/2004); con riferimento agli esposti profili la pronuncia risulta quindi conforme a diritto ed altresì congruamente motivata, onde resiste alle censure all’esame;

11. per quanto concerne le conseguenze economiche derivanti dalla dichiarazione di illegittimità della clausola appositiva del termine, si pone il problema dell’applicabilità al caso di specie dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010; le censure concernenti il profilo suddetto sono contenute nel sesto motivo del ricorso principale, con il quale si invoca espressamente l’applicazione della richiamata disposizione;

12. sulla delibata questione rinviene applicazione il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui in tema di ricorso per cassazione, la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, atteso che non richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico (vedi Cass. S.U. 27/10/2016 n. 21691);

13. pertanto, il ricorso principale va accosto in relazione al sesto motivo, restando assorbito il ricorso incidentale (ove viene censurata la statuizione della sentenza impugnata con la quale Poste Italiane s.p.a. è stata condannata al risarcimento del danno liquidato secondo valutazione equitativa nei limiti del triennio dalla cessazione del contratto) e rinvio, alla Corte d’Appello designata in dispositivo, la quale provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte rigetta i primi cinque motivi del ricorso principale, accoglie il sesto, assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2017

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