Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16346 del 28/06/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 16346 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 24251-2008 proposto da:
MADONNA ADRIANO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA DEI CONDOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato
PICOZZI ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

2013
1696

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA 2, AGENZIA
DELLE ENTRATE;

intimati

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

Data pubblicazione: 28/06/2013

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

VIA DEI CONDOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato
PICOZZI ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende
giusta delega a margine;
– controricorrente al ricorso incidentale nonchè contro

AGENZIA ENTRATE UFFICIO DI ROMA 2;

intimato

avverso la sentenza n. 97/2007 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 09/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/05/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato CELANI delega
Avvocato PICOZZI che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

MADONNA ADRIANO, elettivamente domiciliato in ROMA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 97/9/07, depositata il 9.7.2007, la CTR
del Lazio, confermando la decisione della CTP di Roma, ha

cartella di pagamento per imposta di registro, ipotecaria e
catastale emessa a seguito di una sentenza della Commissione
Tributaria Centrale che aveva accertato la decadenza dai benefici
di cui alla L. n. 408 del 1949 di tale Società Saneroi, di cui il
contribuente era liquidatore. I giudici d’appello, per quanto
ancora interessa, hanno affermato che era incontestata la
partecipazione a quel giudizio, da parte del contribuente, che era
responsabile del pagamento delle imposte dovute dalla Società, e
non aveva dedotto o documentato alcunché al riguardo.
Per la cassazione della sentenza, il contribuente ha
proposto ricorso, con tre motivi. L’Agenzia delle Entrate ha
depositato controricorso, con cui ha proposto ricorso incidentale
condizionato, affidato a due motivi, ai quali il ricorrente
principale resiste con controricorso. L’Agenzia delle Entrate ha,
inoltre, depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, il ricorrente deduce la nullità della
sentenza per violazione dell’arti 12 cpc, ai sensi dell’art. 360, 1°
co, n. 4 cpc, per non avere la CTR pronunciato sull’eccezione da
lui sollevata relativa al “mancato accertamento” ed “alla mancata
notificazione dell’accertamento tributario concernente il

i

rigettato il ricorso proposto da Adriano Madonna avverso la

ricorrente così come prescritto dall’art. 36 del DPR 602/73”. La
responsabilità del liquidatore di una società, prosegue il
contribuente, non dipende da solidarietà nel debito tributario, ma
ex lege

che dipende da elementi

obiettivi che devono esser contestati con apposito accertamento
da notificare ex art 60 del dPR n. 602 del 1973; peraltro egli
aveva fatto presente di non aver soddisfatto, in fase di
liquidazione, alcun credito di ordine inferiore rispetto a quelli
tributari. 2. Nel rigettare il suo appello, la CTR non aveva fatto
menzione di tali eccezioni -che, se esaminate, avrebbero
condotto a risultati diversi- così incorrendo nella contestata
violazione.
3. Rilevata l’idoneità dei due quesiti formulati a
conclusione del motivo, in quanto riferiti a due distinte omissioni
(cfr Cass. SU n. 5624 del 2009, che ha ritenuto possibile siffatta
deduzione limitatamente al caso, ricorrente nella specie, in cui ci
si trovi in presenza di un motivo formalmente unico, ma in realtà
articolato in più censure), le doglianze -che, imputando un
difetto di attività da parte del giudice di merito, sono
correttamente dedotte ex artt. 112 e 360, 10 co, n. 4 cpc- sono
inammissibili per la loro genericità. 4. Questa Corte ha, più
volte, affermato che quando si deduca, in sede di legittimità, un
vizio di omessa pronunzia è necessario, anzitutto, che venga
allegata la rituale ed inequivoca proposizione, innanzi al giudice
del merito, di domande o eccezioni autonomamente apprezzabili,

2

costituisce un’obbligazione

in relazione alle quali quella pronunzia fosse quindi dovuta, e,
poi, che tali istanze siano riportate nei loro esatti termini -e non
genericamente ovvero per riassunto- nel ricorso per cassazione,

udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde
consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la
tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni
con esse prospettate. 5. Infatti, l’esercizio del potere di diretto
esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Corte di
Cassazione nel caso, qui ricorrente, di deduzione di un error in
procedendo, è condizionato, non essendo detto vizio rilevabile
d’ufficio, all’osservanza, da parte del ricorrente, del principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione -che non consente,
come detto, un generico rinvio agli atti della fase di merito- e,
dunque, all’adempimento dell’onere della compiuta indicazione
degli atti stessi, non essendo questa Corte legittimata a procedere
ad una loro autonoma ricerca, ma, solo, alla relativa verifica
(Cass. n. 6361 del 2007; 23420 del 2011; 20405 del 2006). 6.
Nel motivo in esame viene fatto, per contro, solo un generico
riassunto delle eccezioni in tesi pretermesse, pure per relationem
ad atti del giudizio di merito, senza alcun puntuale riferimento ai
termini esatti delle censure dedotte nel corso del primo e del
secondo grado, precisazione tanto più necessaria, in quanto, in
narrativa il ricorrente riferisce che, in seno al ricorso
introduttivo, aveva contestato la fondatezza della pretesa, per

3

con l’indicazione specifica dell’atto difensivo e/o del verbale di

non avere, mai, “acquistato o venduto dal fallimento”, e perché
la cartella era “carente di motivazione”, e cioè per ragioni affatto
diverse da quelle (sopra riassunte sub. 1), oggetto della

7. Col secondo motivo, il ricorrente lamenta, ex art 360, 1°
co, n. 5, cpc, vizio di motivazione della sentenza, che: a)
contiene argomenti contrastanti; b) richiama la decisione della
Commissione Tributaria Centrale, che non era stata depositata ex
adverso in sede di merito; c) non considera che il liquidatore di
una società non partecipa ai provvedimenti del giudice delegato,
d) lo aveva ritenuto responsabile in virtù di una mera ipotesi. 8.
Il motivo, come non ha mancato di eccepire la controricorrente, è
inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cpc, applicabile
ratione temporis. 9. In base a tale norma, la censura con cui si
deduce un vizio ex art. 360, 10 co, numeri 1, 2, 3 e 4, cpc deve,
all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito, finalizzato
all’enunciazione dell’afferente principio di diritto, mentre, ove,
come nella specie, venga in rilievo il motivo di cui al n. 5
dell’art. 360, comma 1, cpc, è richiesta l’esposizione chiara e
sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la
motivazione si assume omessa, o contraddittoria, o inidonea a
giustificare la decisione (cfr. Cass. n. 4556 del 2009), non
essendo, in particolare, sufficiente che lo stesso sia rilevabile dal
complesso della censura proposta (cfr. Cass. n 24255 del 2011).
10. Nella specie, il ricorrente avrebbe dovuto specificare in una

4

composita doglianza in esame.

parte del motivo a ciò deputata, e non lo ha fatto, quali decisivi
elementi di fatto sarebbero stati valutati in modo insufficiente e
contraddittorio dalla CTR nell’affermare la sua responsabilità in

neppure allegato che, dall’esame della sentenza della
Commissione Tributaria Centrale (relativa, beninteso, alla
vicenda qui controversa -decadenza dai benefici della L n. 408
del 1949, in relazione a tre decreti di trasferimento fabbricati- a
prescindere dall’indicazione dei suoi estremi) richiamata dai
giudici d’appello, potesse escludersi la sua partecipazione (in
ogni veste) al relativo giudizio.
11. Col terzo motivo, il ricorrente lamenta, ex art 360, 10
co, n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 cpc,
2697 cc, anche in relazione agli ara. 36 del dPR n. 602 del 1973
e 60, dPR n. 600 del 1973, per avere la CTR rigettato il suo
appello, onerandolo della prova negativa relativa alla fonte della
sua responsabilità, e, cioè, della sua mancata partecipazione al
processo, conclusosi con la più volta citata sentenza della
Commissione Tributaria Centrale. 12. Tale prova, prosegue il
ricorrente, incombeva alla controparte ed avrebbe dovuto esser
fornita mediante la produzione della sentenza stessa, ovvero
mediante l’esibizione dell’atto d’accertamento motivato e
notificato.
13. Il motivo è, in parte, infondato ed in parte
inammissibile. 14. Se la questione relativa alla mancata

5

relazione al credito portato dalla cartella impugnata, e non ha

emissione e notifica di un atto d’accertamento ad hoc esula dai
temi del presente processo- in quanto la questione stessa non è
stata affrontata nella sentenza impugnata, in parte qua esente da

va rilevato che la CTR ha accertato la partecipazione del
contribuente al giudizio innanzi alla Commissione Tributaria
Centrale, affermando che tale fatto “risulta(va) incontestato in
atti”. 15. Così opinando, i giudici d’appello non hanno sovvertito
l’onere della prova relativo al titolo della responsabilità del
contribuente, in ordine alla somma portata dalla cartella, ma
hanno, semplicemente, ritenuto che tale fatto non richiedeva una
specifica dimostrazione, in applicazione del principio generale di
non contestazione, che informa il sistema processuale civile, ed è
applicabile, anche, al processo tributario, che a quello rinvia,
caratterizzato dalla necessità della difesa tecnica e da un sistema
di preclusioni (cfr. Cass. n. 1540 del 2007). 16. Resta da
aggiungere che l’idoneità delle acquisizioni processuali a
sorreggere siffatta conclusione attiene al giudizio di fatto
riservato al giudice del merito, censurabile, in questa sede, solo,
per vizio di motivazione, nella specie inammissibilmente dedotto
col secondo motivo.
17. Il ricorso va in conclusione rigettato, restando
assorbito l’esame dei motivi del ricorso incidentale condizionato,
coi quali l’Agenzia delle Entrate aveva dedotto la violazione
dell’art. 112 cpc e dell’art. 57 del dPR 546 del 1992 in

6

vizi, secondo quanto esposto nella valutazione del primo motivo-

JYik3NTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4119*6
N. 13! TA 31 A.1.1 r4 . – N. 5
1.kkiA

riferimento all’omesso esame dell’eccezione d’inammissibilità,
per la loro novità, di alcune doglianze mosse all’atto impugnato
con il ricorso in appello.

da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale; e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 2.500,00, oltre
a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2013
Il Consigliere estensore

Il

sident

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA