Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16346 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 04/08/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 04/08/2016), n.16346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11337-2013 proposto da:

L.P.P.S., C.f. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato MARIA GRAZIA

SIRNA, (c/o STUDIO LEGALE CIVONE GIUSEPPINA), rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIA ANGELA CAPUTO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 795/2012 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 28/05/2012 R.G.N. 772/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato CAPUTO MARIA ANGELA;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega Avvocato GRANOZZI

GAETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 28.5.12 la Corte d’appello di Messina, in totale riforma della sentenza di accoglimento n. 535/10 emessa dal Tribunale di Patti, rigettava la domanda di L.P.P. intesa ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro da lui stipulato per il periodo 26.11.05 – 31.1.06 con Poste Italiane S.p.A. per esigenze sostitutive del personale addetto al servizio di recapito presso la filiale di (OMISSIS) assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, con assegnazione del nuovo assunto presso l’ufficio postale di (OMISSIS) con mansioni di recapito portalettere.

Per la cassazione della sentenza ricorre L.P.P. affidandosi a tre motivi.

Poste Italiane S.p.A. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, primi due commi e dell’art. 3 direttiva 1999/70/CE, per avere la sentenza impugnata considerato sufficientemente specifica la clausola di apposizione del termine nonostante che in essa non fossero stati indicati i nominativi e le mansioni dei lavoratori da sostituire.

Censura sostanzialmente analoga viene fatta valere con il secondo motivo, sotto forma di vizio di motivazione.

I due motivi, da trattare congiuntamente perchè connessi, sono infondati.

Questa Corte Suprema (cfr., in particolare, Cass. 2.5.11 n. 9602; Cass. 26.1.2010 n. 1577; Cass 26 gennaio 2010 n. 1576) ha più volte affermato il seguente principio di diritto, cui nella presente sede va data continuità: “In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità”.

Dunque, il concetto di specificità deve essere collegato a situazioni aziendali non più standardizzate, ma riferite alle realtà produttive in cui il contratto viene ad essere calato.

Invero, come questa S.C. ha già statuito proprio in controversie concernenti contratti di lavoro a termine stipulati da Poste Italiane S.p.A. per ragioni di carattere sostitutivo (cfr. Cass. n. 1246/16; Cass 16 11 2010 n. 23119; Cass. 26.1.2010 nn. 1576 e 1577), l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel corso del rapporto.

Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità.

Nè in senso contrario si pone Corte cost. n. 214/09 laddove, dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 e art. 11 afferma che l’onere di specificazione previsto dallo stesso art. 1, comma 2, impone che, tutte le volte in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.

Ora, come questa S.C. ha già chiarito nelle proprie precedenti sentenze, il passo della sentenza della Corte cost. sopra citato deve essere letto nel relativo contesto argomentativo, che individua la ratio lapis proprio nell’esigenza di assicurare trasparenza e veridicità della causa che si pone a monte dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel corso del rapporto.

Ne discende che, nell’ampia casistica offerta dall’esperienza concreta, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori deve passare necessariamente attraverso la specificazione dei motivi, mediante l’indicazione di criteri che, prescindendo dall’individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma.

In questi termini, le due opzioni interpretative (quella della cit. sentenza n. 214/09 della Corte cost. e quella accolta nella summenzionata giurisprudenza di questa S.C.) risultano coerenti, così come la normativa nazionale in oggetto è compatibile con la clausola 8.3 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CE (v. sentenza CGUE del 24 giugno 2010, in C-98/09).

In breve, l’apposizione del termine per ragioni sostitutive è legittima ove l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata, come in concreto avvenuto nel caso di specie, da elementi ulteriori (quali, l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato.

Nel caso In esame l’impugnata sentenza si è attenuta a tali principi, sicchè non merita censura.

2- Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto comprovate le ragioni sostitutive sottese alla stipula, confutandosi in ricorso le valutazioni di merito dei giudici d’appello relative alla disamina dei modelli di presenza dell’ufficio presso il quale il ricorrente ha prestato servizio, per individuare il nesso causale tra l’assunzione di L.P.P. e gli altri dipendenti assenti per ferie, malattia od altro motivo tale da importare la conservazione del posto di lavoro.

Il motivo va disatteso perchè in realtà suggerisce esclusivamente una rivisitazione del materiale istruttorio (documentale e testimoniale) affinchè se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.

In altre parole, il ricorso si dilunga nell’opporre al motivato apprezzamento della Corte territoriale proprie difformi valutazioni delle prove, ma tale modus operandi non è idoneo a segnalare un vizio di motivazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo, applicabile ratione temporis, previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134).

Infatti, i vizi argomentativi deducibili con il ricorso per cassazione alla luce del previgente testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non possono consistere in apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti, perchè a norma dell’art. 116 c.p.c. rientra nel potere discrezionale – come tale insindacabile – del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, apprezzare all’uopo le prove, controllarne l’attendibilità, l’affidabilità e la concludenza e scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti, con l’unico limite di supportare con congrua e logica motivazione l’accertamento eseguito (v., ex aliis, Cass. n. 2090/04; Cass S U n. 5802/98).

Le differenti letture ipotizzate in ricorso scivolano sul piano dell’apprezzamento di merito, che presupporrebbe un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in punto di fatto, incompatibili con il giudizio innanzi a questa Corte Suprema, cui spetta soltanto il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione delle risultanze probatorie, nonchè la verifica sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute, senza che ciò possa tradursi in un nuovo accertamento, ovvero nella ripetizione dell’esperienza conoscitiva propria dei gradi precedenti.

3- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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