Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16345 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 04/08/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 04/08/2016), n.16345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4100-2015 proposto da:

D.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA POMPEO MAGNO, 23/A, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ROSSI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LEONELLO AZZARINI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

VELA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del Legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TRITONE, 102,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO CONTE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALBERTO BIANCHI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 748/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 02/12/2014 r.g.n. 374/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/04/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito l’Avvocato AZZARANI LEONELLO;

udito l’Avvocato BERNARDINI NICOLETTA per delega Avvocato BIANCHI

ALBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 2 dicembre 2014, la Corte d’Appello di Venezia, pronunziando in sede di reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 58, confermava la decisione resa dal Tribunale di Venezia e rigettava la domanda proposta da D.G. nei confronti di Vela S.p.A., società esercente attività di trasporto pubblico nell’area di Venezia e laguna, alle cui dipendenze la predetta lavorava in qualità di addetta alla biglietteria, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole per una pluralità di infrazioni commesse tra il (OMISSIS), attinenti, uno, a comportamenti inurbani nei confronti della clientela, gli altri al ritardo nella presa di servizio, nonchè per la recidiva in mancanze, ben 23, tutte fatte oggetto di provvedimenti disciplinari, di analoga natura.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’idoneità degli addebiti contestati, tutti qualificabili in termini di inadempimento per inconsistenza delle giustificazioni addotte dalla ricorrente, a determinare, in quanto nel loro complesso indicativi di una renitenza alla disciplina aziendale, il venir meno dell’affidamento del datore nell’esatto adempimento delle prestazioni future integrando l’invocata giusta causa di recesso.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la D., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., la ricorrente lamenta da parte della Corte territoriale il mancato espletamento della prova sui capitoli non ammessi in prime cure relativi alle circostanze che, qui originariamente ritenute pacifiche dal giudice, erano state fatte poi dallo stesso oggetto di esame istruttorio, con lesione del diritto di difesa della ricorrente in ordine alla rilevanza delle denunciate disfunzioni aziendali rispetto alle vicende lavorative della stessa dalla Società datrice invocate a motivo del recesso, lesione così perpetuatasi in sede di gravame.

Il secondo motivo, rubricato con riferimento all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, è inteso a censurare l’iter valutativo seguito dalla Corte territoriale basato, a detta della ricorrente, su dichiarazioni testimoniali, in particolare relative all’esistenza di codificate norme comportamentali che l’operatore di vendita sarebbe stato tenuto ad osservare, che non trovano riscontro nella documentazione (e, segnatamente, nei manuali operativi) versata in atti.

I due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati Congiuntamente, devono ritenersi infondati atteso che la ricorrente con essi si limita a riproporre le medesime censure sollevate in sede di gravame che la Corte territoriale ha fatto oggetto di specifico esame, motivando il loro rigetto sulla base di puntuali e diffuse argomentazioni da ritenersi immuni da vizi logici e giuridici, dovendosi considerare che quelle argomentazioni, anche per quel che riguarda la non ravvisabilità delle disfunzioni nell’organizzazione del servizio che la ricorrente adduce a giustificazione delle proprie condotte inadempienti, trovano sicuro fondamento nelle risultanze istruttorie, di cui, si noti, la ricorrente non contesta il tenore e gli esiti, sostenendo, viceversa – senza che da ciò possa evincersi alcun pregiudizio al diritto di difesa, non adducendo che l’indagine istruttoria svolta a riguardo, sebbene non sugli specifici capitoli dalla stessa articolati, non fosse stata estesa ai testi da Ella indotti – di essere stata fuorviata nella scelta dei propri testi dall’iniziale assunzione di quelle circostanze come pacifiche e non oggetto di prova da parte del primo giudice, per sfociare poi in una valutazione della rilevanza disciplinare delle condotte addebitate, riguardate nella corretta prospettiva dell’affidabilità della dipendente quanto all’esatto adempimento delle prestazioni future, che, contrariamente a quanto qui asserito dalla ricorrente, non assume a parametro soltanto quei regolamenti aziendali, di cui la ricorrente medesima contesta l’esistenza o l’esaustività rispetto alle prassi da seguire nel suo ruolo di operatore di vendita, ma fa riferimento a quelle normali regole di buon senso e di convivenza civile generalmente invalse, per di più considerate in relazione alle peculiari mansioni di vendita al pubblico che ne sollecitano una più rigorosa osservanza.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della tnie sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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