Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16344 del 03/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/07/2017, (ud. 08/03/2017, dep.03/07/2017),  n. 16344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7061-2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale mandatario della CARTOLARIZZAZIONE CREDITI INPS

S.C.C.I. S.P.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.ME S.R.L., GERIT S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 82/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 10/03/2011 R.G.N. 699/2010;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza in data 20.1-10.3.2011 la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto la opposizione proposta dalla società SME srl avverso la cartella esattoriale emessa per il recupero dei contributi non versati nel periodo luglio 2002 – dicembre 2003 per indebita fruizione degli sgravi di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 3 richiamata dalla L. n. 448 del 2001, oltre somme aggiuntive ed interessi (complessivamente in Euro 17.910,70);

che avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso, affidato a tre motivi mentre SME srl ed il concessionario del servizio di riscossione GERIT spa sono rimasti intimati;

che il PG in data 3.2.2017 ha chiesto dichiararsi la inammissibilità ed in subordine rigettarsi il ricorso;

che l’INPS ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che l’INPS ha dedotto:

– con il primo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione alla L. n. 448 del 1998, art. 3, commi 5 e 6, per avere la Corte di merito ritenuto non assolto l’onere della prova circa la sostanziale identità della società SME srl rispetto alla società IMIT srl, già datrice di lavoro dei dipendenti per la cui assunzione la SME srl aveva fruito degli sgravi, ponendo tale onere a carico dell’INPS invece che a carico del datore di lavoro,soggetto tenuto a dimostrare la novità della sua impresa quale fatto costitutivo del diritto al beneficio contributivo;

– con il secondo motivo: ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. violazione della L. n. 448 del 1998, art. 3, commi 5 e 6, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, contraddittoria motivazione. Con il motivo l’INPS ha denunziato l’omesso esame della circostanza, risultante dalle visure camerali e non contestata, che entrambe le società facevano capo a D.S. e che sotto il profilo obiettivo, come dall’oggetto sociale, vi era una sostanziale coincidenza, almeno parziale, della attività delle due imprese, circostanza ostativa al godimento dei benefici ai sensi della L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 6, lett. b);

– con il terzo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione della L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 5 e 6. L’INPS ha esposto che i due lavoratori per i quali veniva contestato il diritto allo sgravio erano stati assunti pochi giorni dopo la cessazione del rapporto di lavoro con la società IMIT srl ( G.S. 13 giorni dopo e H.S. 23 giorni dopo) sicchè le due assunzioni costituivano un mero passaggio di personale tra due imprese succedutesi nella gestione della medesima attività, espletata negli stessi locali e con l’utilizzo delle medesime strutture, circostanza accertata nella stessa sentenza impugnata che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, infatti, il primo motivo è inammissibile, in quanto non conferente alla ratio decidendi della sentenza. La Corte di merito non ha applicato nella decisione la regola di giudizio fondata sull’onere della prova ma ha ritenuto positivamente provata la novità della impresa SME srl rispetto alla impresa IMIT srl; pertanto non hanno avuto influenza nella decisione le regole di riparto dell’onere probatorio e le conseguenze del mancato raggiungimento della prova. Il secondo ed il terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono in parte inammissibili, in parte infondati. In particolare, il vizio di inammissibilità ricorre laddove è dedotta la violazione delle norme di diritto giacchè le censure investono la ricostruzione del fatto materiale operata dalla Corte di merito e non l’applicazione o la interpretazione delle norme di legge evocate in rubrica. Le censure vanno dunque correttamente riqualificate in termini di vizio della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5. Sotto questo profilo va rilevato il difetto di specificità della censura, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, tanto rispetto alla allegazione della riconducibilità delle due società IMIT srl e SME srl al medesimo titolare (sig. D.S.) che quanto alla deduzione del decorso di un breve lasso temporale tra la cessazione dei due rapporti di lavoro con la società IMIT srl e la assunzione degli stessi lavoratori da parte della SME srl. Invero, a fronte della statuizione in sentenza della diversità degli assetti proprietari e dell’amministratore unico delle due società ( D.C.R. per la SME srl e D.S. per la IMIT srl: pagina 2 della sentenza impugnata), l’INPS si è limitato ad allegare che D.S. sarebbe “capofila della vicenda” senza specificare tale indicazione, senza precisare l’an ed il quando della produzione nei gradi di merito delle visure camerali a suo sostegno e senza neppure adempiere all’onere di produrre in questa sede i documenti a sostegno della censura (art. 369 c.p.c., n. 4). Analogamente, la deduzione della successione sotto il profilo temporale della società SME srl nei rapporti di lavoro già facenti capo alla società IMIT srl è priva di riferimento ai modi di allegazione di tale fatto nel giudizio di merito ed al momento di produzione dei relativi documenti. I motivi sono invece infondati nel punto in cui denunziano la parziale coincidenza dell’oggetto sociale delle due società e la identità della loro sede legale e struttura operativa. Trattasi di elementi di fatto esaminati in sentenza sia singolarmente che complessivamente e ritenuti non decisivi, con argomentazioni logicamente fondate sulla diversità degli assetti proprietari, sulla contemporanea operatività delle due società e sulla carenza di prova dell’eventuale trasferimento dall’una all’altra – o utilizzo promiscuo – di beni, attrezzi e personale. Il motivo, pertanto, si risolve in una non- consentita richiesta di riesame in questa sede di elementi di prova congruamente valutati dal giudice del merito;

che pertanto il ricorso deve essere respinto;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese per la mancata costituzione delle parti intimate;

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2017

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