Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16343 del 28/06/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16343 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: MELONI MARINA

SENTENZA

sul ricorso 15343-2010 proposto da:
PASSAGGIO OBBLIGATO SPA in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA GIAMBATTISTA VICO 22, presso lo studio
dell’avvocato SANTACROCE BENEDETTO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MILETO
2013

SALVATORE giusta delega a margine;
– ricorrente –

657

contro

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 28/06/2013

” STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 39/2009 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 16/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MELONI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MILETO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato ALBENZIO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udienza del 25/02/2013 dal Consigliere Dott. MARINA

Svolgimento del processo

A seguito di notifica di atto di revisione

delle Dogane di Milano in data 28/6/2006 nei
confronti della società Passaggio Obbligato spa,
relativo ad alcune operazioni di importazione a
dazio esente di capi di maglieria dichiarati
provenienti dalla Giamaica ed in realtà di origine
cinese, scortate da certificato EUR l attestante
l’origine preferenziale giamaicana, veniva disposto
il recupero dei dazi doganale in quanto risultava,
da un controllo a posteriori, che il certificato
EUR l non era valido, come dichiarato dalla stessa
autorità della Giamaica a seguito di indagine da
parte di una delegazione comunitaria presso il
detto Stato.
La società Passaggio Obbligato spa presentava
ricorso

avverso

dell’accertamento

l’avviso
davanti

di
alla

Tributaria provinciale di Milano,
lamentava
nonché

l’illegittimità
l’errore

commesso

1

dell’atto

revisione
Commissione
nel quale
impugnato

dall’Ufficio che

dell’accertamento nr.42702 emesso dall’Agenzia

giustificava l’applicazione dell’art. 220 codice
doganale comunitario.
provinciale di Milano

con sentenza nr.172/31/2007 respingeva il ricorso.
Su ricorso in appello proposto dalla Passaggio
Obbligato spa, la Commissione tributaria regionale
della Lombardia con sentenza nr. 39/4/09 depositata
in data 16/4/2009, confermava la sentenza di primo
grado. Avverso la sentenza della Commissione
Tributaria regionale della Lombardia ha proposto
ricorso per cassazione la società Passaggio
obbligato spa con sette motivi. Ha resistito con
controricorso più memoria l’Agenzia delle Dogane di
Milano.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo, terzo, quarto e quinto motivo di
ricorso la ricorrente Passaggio obbligato spa
lamenta insufficiente e omessa motivazione su un
fatto controverso e decisivo della controversia in
relazione all’art. 360 nr.5 cpc, in quanto la CTR
ha ritenuto correttamente motivato l’atto di
accertamento che rimandava al verbale della
missione svolta dall’OLAF in Giamaica nel marzo
2

La Commissione tributaria

2005,

senza

verificare

se

anche i capi di maglieria di cui all’avviso di
revisione impugnato fossero interessati dalle
indagini OLAF e se proprio i certificati di origine
utilizzati dall’odierna ricorrente fossero tra

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.9
Regolamento CEE nr.1073/99, del Parlamento europeo
e del Consiglio del 25/5/1999 in relazione all’art.
360 nr.3 cpc in quanto la CTR ha attribuito valore
probatorio non solo alla relazione finale dell’OLAF
ma anche a qualsiasi atto o documento precedente
endoprocedimentale, compreso il verbale di
indagini, privo della valenza probatoria attribuita
alla relazione avente peraltro valore meramente
indiziario.
Con il sesto motivo di ricorso la ricorrente
lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.15

quelli non validi.

dell’Accordo di COTONOU e della sentenza della
Corte di Giustizia C-204/07 del 25/7/2008 in
relazione all’art. 360 nr.3 cpc in quanto la CTR ha
ritenuto che le autorità giamaicane non erano
tenute ad adottare tutte le misure idonee a
verificare l’origine dei prodotti per i quali
doveva essere rilasciato il certificato.
3

e

Con il settimo motivo

di

ricorso

la

ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art. 220 par.2 lette. B) del cdc in relazione
all’art. 360 nr.3 cpc in quanto la CTR ha ritenuto
non sussistere i presupposti per l’applicabilità

suddetto articolo.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
I primi cinque motivi di ricorso,ad eccezione del
secondo, tutti inerenti alla insufficiente ed
omessa motivazione su un fatto controverso e
decisivo della controversia in relazione all’art.
360 nr.5 cpc, possono essere trattati
congiuntamente e devono tutti essere respinti.
Infatti in ordine alla motivazione dell’avviso di
accertamento, deve anzitutto essere precisato che
“L’atto teso al recupero dei diritti doganali, ai
sensi degli art. 81 e 82 del d.P.R. 23 gennaio
1973, n. 43, è congruamente motivato con la sola
indicazione della causale e della somma richiesta.
(Nella specie, la S.C. ha ritenuto congruamente
motivato un avviso di rettifica della dichiarazione
doganale che indicava quale causale le falsità dei
certificati di importazione utilizzati ai fini
della dichiarazione doganale ed il ruolo assunto
4

dell’esimente della buona fede prevista dal

dal

destinatario

— nell’operazione

doganale medesima)” (Sez. 5, Sentenza n. 1574 del
03/02/2012).
Inoltre

risulta pacifico

che

“In tema di

contenzioso tributario, l’avviso di accertamento

dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,
ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il
contribuente in grado di conoscere la pretesa
tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi,
di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum
debeatur”. Pertanto deve ritenersi correttamente
motivato l’avviso che faccia riferimento, per
esempio, ad un processo verbale di constatazione
della Guardia di Finanza regolarmente notificato o
consegnato all’intimato, con la conseguenza che
l’Amministrazione non è tenuta ad includere,
nell’avviso di accertamento notizia delle prove
poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti,
né di riportarne, sia pur sinteticamente, il
contenuto.” (Sez. 5, Sentenza n. 7360 del
31/03/2011).
Quanto poi al vizio di insufficiente ed omessa
motivazione della sentenza di cui all’art.360 nr.5
cpc, ritiene anzitutto la Corte che la sentenza
impugnata risulti conforme al disposto dell’art. 36
5

soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi

del D.Lgs. 31 dicembre

1992, n. 546 in

tema di contenzioso tributario, secondo cui la
sentenza deve contenere, fra l’altro, la concisa
esposizione dello svolgimento del processo e la
succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto.

sufficiente ed adeguato a dar conto del rigetto
dell’appello attraverso la concisa esposizione dei
fatti rilevanti della causa, rendendo possibile
l’individuazione del “thema decidendum” e delle
ragioni che stanno a fondamento del dispositivo.
Deve essere precisato, a tal riguardo, che
l’obbligo di esame e di motivazione del giudice non
implica risposta ad ogni singola eccezione, specie
se la domanda non espressamente esaminata risulta
incompatibile con l’impostazione logica e giuridica
della pronuncia. In ordine ai singoli motivi di
ricorso per vizi motivazionali, relativi il primo
all’integrazione dell’atto impugnato con il verbale
della missione OLAF), il terzo alla possibilità di

Il contenuto della sentenza risulta infatti

trarre conclusioni diverse rispetto alle fonti
OLAF, il quarto riguardo alla conservazione di
documenti e alla collaborazione investigativa da
parte del Gruppo AFASIA e il quinto riguardo alla
consapevolezza delle autorità giamaicane circa la
frode delle società esportatrici e all’affidavit

6

e

sul punto di tale mr.

Owens,

responsabile del settore operazioni doganali delle
società del Gruppo Afasia, può essere rimandato
alle argomentazioni e considerazioni, del tutto
condivise

dal

Collegio,

di

motivi di ricorso assolutamente uguali. Essi devono
essere disattesi, in primo luogo, perché sconfinano
largamente in un insindacabile giudizio di fatto.
Invero, come già esposto, il giudice d’appello,
una volta ricostruita la vicenda, per un verso non
è tenuto a motivare sulla valutazione di ogni
singola prova, per un altro è sufficiente che
giustifichi razionalmente l’apprezzamento
probatorio, mentre non può essere chiesto al
giudice di legittimità di sostituirlo, come nella
specie, con un altro ritenuto semplicemente più
appagante. La ricorrente poi, oltre a portare
erroneamente la sua attenzione (art.360 n.5 c.p.c.)
più sull’atto impositivo che sulla sentenza
d’appello, non indica neppure le ragioni del
carattere decisivo di taluni elementi indiziari
(es. affidavit rilasciato da tale mr Owens),
invocati per la risoluzione della controversia. Di
essi, non solo non emerge l’efficacia dimostrativa
diretta, ma neppure la stretta inerenza temporale,

7

Sez. 5, Sentenza n. 15758 del 19/09/2012 che tratta

logica

e

fattuale,

all’obiettività delle

rispetto

risultanze dell’indagine

compiuta da un organismo specializzato e
soprattutto indipendente come l’OLAF (Reg. CE
1073/99, 17 ° e 18 ° considerando). Manca,inoltre,

ad

esempio,

se

l’ipotizzata

consapevolezza/conoscibilità in capo alle autorità
giamaicane potesse ritenersi acquisita al momento
del rilascio degli specifici certificati EUR.1
utilizzati dalla società ricorrente, tenuto conto
che l’Accordo di Cotonou (art.32 delprotocollo 1)
non tipizza alcuna modalità di verifica, ma rimette
alla discrezionalità del Paese di esportazione
l’individuazione di forme e modi dei controlli
doganali da eseguire. Infine, la ricorrente
trascura che, nel vigore dell’art. 366 bis c.p.c.,
il motivo per vizio di motivazione, a completamento
della relativa esposizione, deve indefettibilmente
contenere la sintetica e riassuntiva indicazione:
a) del fatto controverso (e non della questione);
b)

degli elementi di prova la cui valutazione

avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c)
degli argomenti logici per i quali tale diversa
valutazione sarebbe stata necessaria. Nulla di
quanto effettivamente necessario è leggibile nelle

8

qualsiasi riferimento che consenta di verificare,

articolazioni

finali

dei suddetti mezzi

(Cass. 918/12).
Il secondo motivo di ricorso è del pari infondato.
Premesso infatti che, in ordine alla specifica
doglianza relativa al verbale OLAF, la CTR non

decisiva ad atti endoprocedimentali o documenti
prodromici al verbale OLAF, richiamati casomai solo
a scopo illustrativo, appare necessario precisare
che l’Ufficio si è riferito al rapporto OLAF solo
come elemento indiziario e che comunque, come anche
recentemente ribadito da questa sezione (Sez.
Tribut. Sent. n. 5892 dell’8 marzo 2013 emessa il
29 gennaio 2013) “Gli accertamenti compiuti dagli
organi esecutivi dell’OLAF, ai sensi del
Regolamento n. 1073/99, per la loro formazione e
per il valore di atti pubblici ad essi attribuibile
(artt. 2699 e 2700 c.c.), hanno piena valenza
probatoria nei procedimenti amministrativi e
giudiziari, e ben possono essere posti, anche da
soli, a fondamento degli avvisi di accertamento per
il recupero dei dazi sui quali siano state
riconosciute esenzioni o riduzioni, spettando al
contribuente che ne contesti il fondamento fornire
la prova contraria in ordine alla sussistenza delle
condizioni di applicabilità del regime agevolativo.
9

risulta aver attribuito alcuna valenza probatoria

Inoltre tenuto conto

del disposto degli

artt.9, co. 1, 2 e 3 e 10, co. l del Regolamento
cit.,sono utilizzabili quali fonti di prova
emergenti dalle indagini svolte dall’OLAF, anche i
documenti acquisiti e la comunicazione di qualsiasi

espletate, compresi i verbali delle operazioni di
missione”.
Pertanto (Cassaz.sez.V nr. 15758 del 19/9/2012) a
nulla rileva quanto al documento dell’OLAF
richiamato nell’avviso (e allegato ex art.11 c.5bis
d.lgs. 374/90), che non si tratti della relazione
finale del direttore (Reg. CE 1073/99, art.9 ma,
come eccepisce la contribuente, che si tratti di
atti o verbali ispettivi (art.8), atteso che anche
questi ultimi, come tutte le informazioni acquisite
ex art.45, comma 3, Reg. CE 515/1997 (Regolamento
del Consiglio relativo alla mutua assistenza tra le
autorità amministrative degli Stati membri e alla
collaborazione tra queste e la Commissione per
assicurare la corretta applicazione delle normative
doganale e agricola) possono essere utilizzati
dall’amministrazione nei procedimenti giudiziari
per inosservanza della regolamentazione doganale
(Cass. 23985/08). Il che spiega perché agli Stati
membri debba lO> essere trasmesso dall’OLAF anche
10

informazione ottenuta nel corso delle indagini

”ogni documentV utile”

pertinente

all’indagine esterna compiuta (Reg. CE 1073/99,
art.9 c.3).
Il sesto motivo di ricorso, con il quale la
ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione

sentenza della Corte di Giustizia C-204/07 del
25/7/2008 ed il settimo motivo di ricorso relativo
all’art. 220 cdc in relazione all’art. 360 nr.3
cpc, possono essere trattati congiuntamente in
quanto connessi tra loro.
Risulta dagli atti e dai documenti di causa che la
Passaggio Obbligato spa, pur non avendo partecipato
alle irregolarità o falsità in ordine alle
dichiarazioni di origine EUR provenienti dalla
società esportatrice e presentate all’atto
dell’esportazione, ha comunque goduto indebitamente
dei benefici daziari utilizzando proprio le false
attestazioni che indicavano l’origine non veritiera

dell’art.15 dell’Accordo di COTONOU e della

della merce.
A tale proposito, in ordine alla violazione

e

falsa applicazione dell’art. 220 CDC, occorre
premettere che “in tema di imposizione fiscale
delle importazioni, l’esenzione prevista dall’art.
220, secondo comma, lett. b), del Reg. CEE n. 2913
11

r

del 1992 (cosiddetto

Codice ,— doganale

comunitario), che preclude la contabilizzazione a
posteriori dell’obbligazione doganale in presenza
di un errore dell’autorità doganale e della buona
fede dell’operatore, intende tutelare il legittimo

elementi che intervengono nella decisione di
recuperare o meno i dazi. Per essere applicata,
essa richiede un compiuto esame da parte del
giudice sulla ricorrenza della buona fede che deve
essere dimostrata dal soggetto che intende
avvalersi dell’agevolazione, attraverso la prova
della sussistenza cumulativa di tutti i presupposti
indicati dalla norma perchè resti impedito il
recupero daziario, ed in particolare: a) un errore
imputabile alle autorità competenti; b) un errore
di natura tale da non poter essere riconosciuto dal
debitore in buona fede, nonostante la sua
esperienza e diligenza, ed in ogni caso determinato
da un comportamento attivo delle autorità medesime,
non rientrandovi quello indotto da dichiarazioni
inesatte dell’operatore; c) l’osservanza da parte
del debitore di tutte le disposizioni previste per
la sua dichiarazione in dogana dalla normativa
vigente. (Sez. 5, Sentenza n. 15297 del 10/06/2008).
A tale proposito correttamente la CTR non ha

12

affidamento del debitore circa la fondatezza degli

ravvisato

nella

fattispecie

un

errore commesso in via autonoma dalle Autorità
Doganali locali mentre, nel caso in esame, l’errore
è

stato

indotto dalle

inesatte

indicazioni

(scoperte in un momento successivo

consegnati alle predette autorità, della cui
regolarità resta comunque responsabile
l’importatore che li ha prodotti, nel caso in cui
se ne accerti la mancata corrispondenza al vero del
contenuto.
La giurisprudenza comunitaria, per parte sua,
ritiene che il rilascio di certificati EUR

4

inesatti non può [di per sé stesso] essere
considerato un errore commesso dalle stesse
autorità” (cfr., in causa C-409/10, dec. 15/12/2011
554) e che l’invalidità di tale certificato
d’origine fa parte dei rischi professionali
connessi all’attività dell’importatore” (cfr., in
causa T-290/97, dec. 18/01/2000 §83 e, in causa T239/00, dec. 04/07/2002 555), il quale “non può
nutrire un legittimo affidamento quanto alla
validità dei certificali” (cfr., in cause riunite

13

all’assoggettamento daziario) fornite nei documenti

T-10/97
§60).

e

T-11/97,

Sicché,

in

dec.
presenza

di

09/06/1998
utilizzazione

certificati EUR.1 non veritieri e conseguente
fruizione di benefici daziari indebiti, era lecito
presumere che ciò fosse conseguenza d’insufficiente

ai doveri imposti dalla legge fiscale e dalla
normativa comunitaria.
Tale approdo interpretative è confermato, su rinvio
pregiudiziale tedesco, dalla Corte di Giustizia,
con la sentenza del 15 dic. 2011 in causa C-40910, riguardante il Gruppo AFASIA, in rapporti anche
con l’odierna Soc.contribuente.
Tale pronunzia ha testualmente stabilito: “47.L’importatore può utilmente invocare il legittimo
affidamento ai sensi dell’art. 220, n. 2, lett. b),
del codice doganale e così beneficiare della deroga
al recupero a posteriori prevista da detta
disposizione solo qualora ricorrano tre condizioni
cumulative. Occorre, anzitutto, che il rilascio
irregolare dei errore delle autorità competenti
stesse, poi, che l’errore commesso dalle medesime
sia di natura tale da non poter essere
ragionevolmente rilevato dal debitore di buona fede
e, infine, che quest’ultimo abbia osservato tutte
le prescrizioni della normativa in vigore (v.,
14

attenzione o d’inadeguata organizzazione rispetto

segnatamente, sentenze

Faroe Seafood e

a., cit., punto 83; 3 marzo 2005, causa C-499/03 P,
Biegi Nahrungsmittel e Conynonfood/ Commissione,
Racc. pag. 1-1751 punto 46, nonché 18 ottobre 2007,
causa C-173/ 06, Agrover, Racc. pag. sent 201019626

causa principale, le autorità dello Stato
d’esportazione abbiano rilasciato certificati EUR.1
inesatti tale rilascio deve essere considerato, in
forza di detto ad. 220, n. 2, lett. b), secondo e
terzo comma, un errore commesso da dette autorità,
a meno che non risulti che siffatti certificati
siano stati redatti sulla base di una presentazione
inesatta dei fatti da parte dell’esportatore.
Qualora tali certificati siano stati redatti sulla
base di false dichiarazioni dell’esportatore, la
prima delle tre condizioni cumulative suddette non
è soddisfatta e il recupero a posteriori dei dati
all’importazione deve, quindi, avere luogo, a meno
che, in particolare, non sia evidente che le
autorità che hanno rilasciato i certificati in
parola sapevano o avrebbero dovuto sapere che le
merci non soddisfacevano le condizioni richieste
per beneficiare del trattamento preferenziale “.

Conclusivamente osserva il Collegio che, in tema di

15

20 7 1-8783, punto 30). 48.-Qualora, come nella

tributi doganali, le

Autorità doganali

devono procedere alla contabilizzazione a
posteriori dei dazi doganali, a meno che sussistano
contemporaneamente tutte le condizioni poste
dall’art. 220, n. 2, lett. b), del Regolamento CEE

come sopra richiamate; in particolare, detto errore
non può consistere nella mera ricezione di
dichiarazioni inesatte dell’esportatore, dato che
l’Amministrazione non deve verificarne o valutarne
la veridicità, ma richiede un comportamento attivo,
perché il legittimo affidamento del debitore è
protetto solo se le autorità competenti hanno
determinato i presupposti su cui si basa la sua
fiducia,

mentre la Comunità non è tenuta a

sopportare
comportamenti

le conseguenze pregiudizievoli di
dei

scorretti

fornitori

degli

importatori ( sez.5 nr. 15758 del 19/9/2012; nr.

n. 2913/1992 del Consiglio del 12 ottobre 1992,

4022 del 14/3/2012; nr. 1583 del 3/2/2012, Cass.
2012/4022). Inoltre l’esenzione prevista dall’art.
220, secondo comma, lett. b), del Codice doganale
comunitario, che preclude la contabilizzazione a
posteriori dell’obbligazione doganale in presenza
di un errore dell’autorità doganale e della buona
fede dell’operatore, presuppone la genuinità del
16

V'”\

certificato

di

– origine, cioè la

sua regolarità formale e sostanziale. Di
conseguenza spetta all’importatore che intende
usufruire dell’esenzione dimostrare l’origine della
merce che importa e, in ogni caso, il suo stato

sussistenza cumulativa di tutti i presupposti
indicati dalla citata norma, mentre all’Autorità
doganale incombe esclusivamente l’onere di dare
dimostrazione delle irregolarità delle
certificazioni presentate, atteso che qualsiasi
certificato che risulti inesatto autorizza il
recupero a posteriori, senza necessità di alcun
procedimento intermedio che convalidi la non
autenticità, provvedendo gli stessi organi
dell’esecutivo comunitario a fornire tramite le
disposte commissioni di inchiesta le conclusioni
cui debbono attenersi le Autorità nazionali (Cass.
2009/13680).
Il ricorso della società deve quindi essere
respinto e confermata la sentenza impugnata con
condanna alle spese della società soccombente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso

e condanna la ricorrente

Passaggio Obbligato spa al pagamento delle spese si
17

soggettivo di buona fede, mediante la prova della

ESENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.R’,7t. 21916

N. 131 TAB. AL i ..
N. 5
MATE::;JA TA131;!Aik1A

a

giudizio

che

si

liquidano

in

4.500,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della

V sezione civile il 25/2/2013

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