Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16343 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 10/06/2021), n.16343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 32266/2020 R.G. proposto da:

D.F.G., D.A. e F.M., rappresentati

e difesi dagli Avv. Antonio Ramera e Andrea Giliberto, con domicilio

eletto in Roma, via di Porta Pinciana, n. 4, presso lo studio

dell’Avv. Fabrizio Imbardelli;

– ricorrenti –

contro

CASSA DI RISPARMIO DI ASTI S.P.A. e LINK FINANZIARIA S.R.L., in

qualità di procuratore speciale della CRIO SPV II S.R.L.;

– intimate –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del Tribunale di

Asti depositata l’11 novembre 2020;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 20 aprile

2021 dal Consigliere Mercolino Guido;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale CARDINO Alberto, che ha chiesto la

dichiarazione d’inammissibilità del regolamento di competenza.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto ingiuntivo del 4 dicembre 2018, n. 1571/18, il Tribunale di Asti ha intimato a F.G. e D.A. e a F.M., in qualità di fideiussori della D. Costruzioni S.r.l., il pagamento in favore della Cassa di Risparmio di Asti S.p.a. della somma complessiva di Euro 138.653,79, oltre interessi, dovuta a titolo di saldo debitore di due aperture di credito in conto corrente dell’importo rispettivamente di Euro 20.000,00 ed Euro 150.000,00, concesse alla debitrice principale con contratti stipulati il 4 gennaio 2013 ed il 24 febbraio 2014.

1.1. Avverso il decreto ingiuntivo hanno proposto opposizione i fideiussori, ed hanno eccepito in via pregiudiziale l’incompetenza per territorio del Giudice adito, affermando l’inapplicabilità dell’art. 15 delle condizioni generali di contratto, che individuava come unico foro competente quello di Asti, in quanto, rivestendo essi opponenti la qualità di consumatori, la competenza spettava al Tribunale di Brescia, quale giudice del luogo in cui essi avevano la loro residenza; nel merito, hanno eccepito l’infondatezza della pretesa creditoria, della quale hanno chiesto il rigetto.

Si è costituita la Cassa di Risparmio di Asti, ed ha resistito all’opposizione, della quale ha chiesto il rigetto.

Ha spiegato intervento nel giudizio la Link Finanziaria S.r.l., in qualità di procuratrice speciale della Crio SPV II S.r.l., succeduta a titolo particolare nel credito azionato dalla Cassa di Risparmio.

1.2. Con ordinanza dell’11 novembre 2020, il Tribunale di Asti ha rigettato l’eccezione d’incompetenza, escludendo, in riferimento alle posizioni dei D., l’operatività della competenza funzionale prevista dalla disciplina in materia di tutela del consumatore, in virtù della diretta connessione esistente tra il rapporto controverso e la posizione di soci ed amministratori rivestita dai predetti opponenti nella società debitrice, ed affermando, in riferimento alla posizione della F., la legittimità del cumulo di cause, ai sensi degli artt. 40 e 103 c.p.c., in considerazione della derogabilità della predetta competenza.

3. Avverso la predetta ordinanza i D. e la F. hanno proposto istanza di regolamento di competenza, per un solo motivo, illustrato anche con memoria. Le intimate non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Premesso che l’art. 15 delle condizioni generali di contratto da loro sottoscritte, nell’individuare il foro convenzionale, faceva salva l’ipotesi in cui i fideiussori rivestissero la qualità di consumatori, in tal modo prevedendo l’applicabilità del foro del consumatore, i ricorrenti insistono sulla competenza del Tribunale di Brescia, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. u), assumendo di aver rilasciato le fideiussioni al di fuori dello svolgimento di attività professionale. Richiamano in proposito l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che, conformemente a quanto statuito dalla Corte di Giustizia UE in sede d’interpretazione dell’art. 2, lett. b), della direttiva 93/13/CE, impone di valutare la sussistenza dei requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina consumeristica con riferimento alle parti del contratto di fideiussione, anzichè a quelle del contratto principale, nonchè di conferire rilievo ai collegamenti funzionali tra il fideiussore e la società debitrice, precisando che, mentre F.G. e D.A. rivestivano la qualità di soci ed amministratori della D. Costruzioni, F.M. non aveva alcun legame con la società o con l’impresa dalla stessa condotta. Rilevano che, nell’affermare la derogabilità del foro del consumatore, l’ordinanza impugnata non ha considerato che la stessa è subordinata ad una rinuncia unilaterale del consumatore, nella specie mai intervenuta, ovvero alla dimostrazione che la deroga convenzionale abbia costituito oggetto di una specifica trattativa, nella specie neppure dedotta. Sostengono infine l’erroneità del richiamo all’art. 103 c.p.c., concludendo per la radicale incompetenza del Tribunale di Asti a giudicare sull’intero rapporto processuale tra la Cassa di Risparmio ed essi ricorrenti.

2. Il ricorso è inammissibile.

L’ordinanza impugnata, pronunciata in udienza, pur concludendosi con un chiaro dispositivo di rigetto dell’eccezione d’incompetenza, non contiene infatti una presa di posizione definitiva ed inequivocabile in ordine alla relativa questione, caratterizzandosi per una motivazione estremamente stringata, nella quale il Giudice si astiene dall’affrontare le complesse problematiche riguardanti l’interpretazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2, lett. u), sollevate dai ricorrenti con l’atto di opposizione, limitandosi ad escludere l’operatività della competenza funzionale prevista da tale disposizione, in virtù della posizione rivestita dai D. nell’ambito della società debitrice e della connessione riscontrabile tra la domanda proposta nei confronti degli stessi e quella avanzata nei confronti della F., che ne consentirebbe la proposizione cumulativa dinanzi al giudice competente per la prima, in deroga al foro del consumatore. Sebbene il riferimento alla qualità soggettiva dei D. e la differenziazione introdotta tra la posizione degli stessi e quella della F. implichino logicamente il richiamo all’orientamento giurisprudenziale citato dai ricorrenti, la sommarietà delle indicazioni fattuali fornite in proposito, unita anche all’assenza di qualsiasi cenno alle modalità di proposizione dell’eccezione d’incompetenza, delle quali la convenuta aveva contestato la ritualità, ed alle condizioni cui la legge subordina la derogabilità del foro del consumatore, anch’esse oggetto di discussione tra le parti, lascia chiaramente intendere l’intento di limitare la decisione ad una sommaria delibazione dell’eccezione d’incompetenza, funzionale alla prosecuzione dell’istruttoria, rinviando all’esito della stessa l’approfondimento della questione pregiudiziale. Risolutiva appare d’altronde, come correttamente rilevato dal Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte, la considerazione che la pronuncia dell’ordinanza impugnata non è stata preceduta dalla formulazione dell’invito alle parti a precisare le rispettive conclusioni, anche di merito, come richiesto dall’art. 189 c.p.c., comma 1, secondo periodo, anche in riferimento all’ipotesi di cui all’art. 187 c.p.c., comma 3: nell’udienza in cui è stata pronunciata, come risulta dal relativo verbale, le parti si sono infatti limitate a discutere dell’incompetenza, senza neppure riportarsi ai propri atti difensivi, mentre nell’udienza precedente la causa è stata rinviata “per discussione anche ex art. 38 c.p.c.”, formula questa giuridicamente equivoca, in quanto potenzialmente riferibile tanto alla fissazione dell’udienza di cui all’art. 281-sexies c.p.c., quanto alla mera trattazione della questione di competenza.

Trova pertanto applicazione il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di regolamento di competenza, secondo cui, pur a seguito delle innovazioni introdotte dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, con riguardo alla forma della decisione sulla competenza (da adottarsi ora con ordinanza, anzichè con sentenza, il provvedimento con cui il giudice, nel disattendere la corrispondente eccezione di parte, abbia affermato la propria competenza ed abbia disposto la prosecuzione del giudizio dinanzi a sè, non è suscettibile d’impugnazione con il mezzo in questione, ove non sia stato preceduto dalla rimessione della causa in decisione e dal previo invito alle parti a precisare le rispettive conclusioni anche di merito, a meno che quel giudice, così statuendo, non abbia manifestato, in termini di assoluta e oggettiva inequivocità ed incontrovertibilità, la natura decisoria della propria pronuncia, evenienza questa che ricorre allorquando risulti, in modo appunto inequivoco ed oggettivo, che egli, nell’esprimersi sulla questione di competenza, ha inteso far luogo ad una valutazione che reputa non più discutibile ai sensi dell’art. 187 c.p.c., comma 3, e dell’art. 177 c.p.c., comma 1 (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 29/09/2014, n. 20449; Cass., Sez. VI, 3/02/2020, n. 2338; 7/03/2018, n. 5354).

3. La mancata costituzione delle intimate esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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