Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16342 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 11/06/2020, dep. 30/07/2020), n.16342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8868-2019 proposto da:

P.M.R., P.M.G., elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA PIEDILUCO 9 SCALA B INT 3, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO DI GRAVIO, rappresentate e difese dall’avvocato

GIANLUCA DI BLASIO;

– ricorrente –

contro

D.T.L., rappresentata e difesa dall’avvocato

DONATO DI CAMPLI;

– controricorrente –

e contro

BLU S.R.L., (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 37/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 10/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/06/2020 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

P.M.R. e P.M.G. hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza 10 gennaio 2019, n. 37/2019, resa dalla Corte d’appello di L’Aquila.

Resiste con controricorso D.T.L., mentre rimangono intimati, senza aver svolto attività difensive in questa sede, la Blu s.r.l. e il (OMISSIS), Pescara.

T.D.L. convenne davanti al Tribunale di Pescara il (OMISSIS), Pescara, per sentir dichiarare nulle le deliberazioni assembleari del 4 ottobre 2011 e del 10 luglio 2012, nella parte in cui le stesse avevano disposto di concedere a P.M.R. e P.M.G., proprietarie di immobile ubicato in edificio finitimo ed estraneo al condominio, le chiavi del portone di accesso all’edificio e del portoncino dell’appartamento del portiere. Rimasto contumace il Condominio, intervennero volontariamente la Blu s.r.l., P.M.R. e P.M.G., che domandarono in via principale di rigettare l’impugnativa, ponendo in via subordinata domande riconvenzionali per l’accertamento di una preesistente servitù di passaggio attraverso portone e portoncino, ovvero per la declaratoria dell’acquisto di siffatta servitù sulla base di usucapione o per la costituzione coattiva della stessa.

Il Tribunale di Pescara dichiarò nulle le delibere impugnate ed inammissibili gli interventi volontari spiegati da soggetti non aventi la qualità di condomini.

Sull’appello di P.M.R. e P.M.G., la Corte di L’Aquila ha affermato: che non vi fosse motivo di gravame circa la inammissibilità dell’intervento; che tale intervento fosse in ogni caso da qualificare come adesivo dipendente, ex art. 105 c.c., comma 2, rispetto alla posizione del convenuto condominio contumace, giacchè non volto a far valere un diritto autonomo delle intervenienti; che perciò le stesse non avevano legittimazione autonoma ad appellare, in difetto di gravame proveniente dal (OMISSIS); che, ove altrimenti qualificato l’intervento come adesivo autonomo, non essendo le intervenienti condomine, non vi sarebbe stata connessione tra la loro pretesa ed il titolo e l’oggetto del giudizio di impugnazione di delibera; che, pertanto, il merito della domanda restava assorbito dall’inammissibilità dell’intervento.

Il primo motivo del ricorso di P.M.R. e P.M.G. deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c., avendo le ricorrenti allegato nell’atto di intervento di essere comproprietarie degli immobili siti in (OMISSIS) di Pescara, ed essendo comunque provato “per tabulas” anche il possesso della qualità di condomine del *Condominio (OMISSIS)/18*, dal che la loro “piena ed indiscutibile legittimazione… di difendere il deliberato condominiale mediante intervento nel giudizio di impugnazione introdotto dalla condomina dissenziente D.”, e quindi l’ammissibilità dell’atto di intervento.

Il secondo motivo del ricorso di P.M.R. e P.M.G. denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè la “motivazione apparente” e l’omesso esame su un fatto decisivo, per aver il giudice di merito non ammesso le prove costituende, nè concesso i termini ex art. 183 c.p.c., e così non valutato il “consolidato ed usucapito diritto di passaggio”, nè accertato che la deliberazione condominiale del 4 ottobre 2011 avesse inteso solo ripristinare “lo status fattuale e giuridico preesistente, senza costituire alcun diritto in capo alle P., nè gravare il bene comune di alcuna servitù”.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I due motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, si rivelano inammissibili.

La sentenza della Corte d’appello di L’Aquila si connota per la sua adesione ad una pluralità di ragioni di decisione, alcune addotte al fine di sostenere la pronuncia anche nel caso in cui le precedenti potessero risultare erronee (cfr. Cass. Sez. 3, 07/11/2005, n. 21490), nel senso che: 1) non sarebbe stata esplicitamente impugnata in appello la dichiarazione di inammissibilità dell’intervento; 2) il motivo sull’ammissibilità dell’intervento sarebbe comunque infondato, trattandosi di intervento adesivo dipendente ex art. 105 c.p.c., comma 2; 3) sarebbe quindi inammissibile l’appello autonomo delle intervenienti adesive dipendenti, in difetto dell’impugnazione del Condominio adiuvato; 4) se si fosse trattato di intervento autonomo, esso sarebbe stato privo di connessione con l’oggetto ed il titolo del giudizio di impugnazione di delibera.

E’ noto come il giudice, nella specie di appello, che emetta una statuizione di inammissibilità si spoglia della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, sicchè sono improprie le eventuali successive argomentazioni sul merito inserite nella sentenza, e la parte soccombente ha l’onere di proporre impugnazione rivolta alla sola statuizione pregiudiziale, non avendo, viceversa, interesse a gravare la motivazione sul merito svolta ad abundantiam (cfr. Cass. Sez. U, 20/02/2007, n. 3840). Ove, tuttavia, la sentenza d’appello aderisce a più rationes decidendi concorrenti, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la pronuncia adottata, è inammissibile il ricorso attinente ad una soltanto di esse, e ciò rende irrilevante l’esame dei motivi, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della decisione impugnata.

E’ allora determinante osservare subito come nessuno dei due motivi di ricorso di P.M.R. e P.M.G. contenga specifica censura della qualificazione come “adesivo dipendente” dell’intervento da loro spiegato nel giudizio ex art. 1137 c.c. introdotto da T.D.L.. Il giudicato si forma, invero, anche sulla qualificazione giuridica data all’azione dal giudice, quando essa abbia condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito e la parte interessata abbia omesso di impugnarla (Cass. Sez. 2, 01/08/2013, n. 18427; Cass. Sez. 2, 17/12/1993, n. 12499).

Invero, va osservato come, in un giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare, ai sensi dell’art. 1137 c.c., quale quello in esame, i singoli condomini possono volontariamente costituirsi mediante intervento adesivo autonomo (e quindi con la facoltà di coltivare il procedimento nei vari gradi anche in presenza di una rinunzia agli atti o di un’acquiescenza alla sentenza ad opera del condomino attore originario), purchè a loro volta dotati di legittimazione ad impugnare la delibera, giacchè, ove siano invece decaduti, gli stessi sono legittimati a svolgere soltanto intervento adesivo dipendente. A differenza di quanto affermato in motivazione dalla Corte di L’Aquila, peraltro, non appare astrattamente da escludere l’ammissibilità dell’intervento autonomo, in un giudizio di impugnazione di delibera condominiale, effettuato da un terzo (cioè, da un “non condomino”) che prospetti la titolarità di una situazione giuridica qualificata da una correlazione agli effetti della deliberazione adottata dall’assemblea. La facoltà di agire, ad esempio, in rivendicazione, o in negatoria o in confessoria servitutis, contro coloro che diano pratica attuazione ad un deliberato assembleare, utilizzando un bene in maniera da invadere la sfera patrimoniale individuale di un terzo, non elimina l’interesse di quest’ultimo spiegare intervento del giudizio di impugnazione di una delibera condominiale che abbia autorizzato quell’utilizzazione (cfr. Cass. Sez. 2, 28/04/1993, n. 5008). Va da sè che esula, comunque, dal contenuto tipico di un giudizio di impugnazione avverso una delibera assembleare, ex art. 1137 c.c., in cui la legittimazione passiva spetta in via esclusiva all’amministratore, la domanda che sia volta ad ottenere, ad esempio, l’accertamento con efficacia di giudicato dell’acquisto o della costituzione coattiva di una servitù su un fondo di proprietà dei condomini di un edificio, in quanto la stessa domanda va proposta nei confronti di ciascuno dei condomini.

E’ peraltro ammissibile anche un intervento dei singoli condomini a favore del condominio, e cioè per sostenere la validità della deliberazione impugnata, nel qual caso l’eventuale intervento è adesivo dipendente, ed è quello che sia la Corte d’appello, a pagina 3 di sentenza, sia le stesse ricorrenti, nel primo motivo, affermano essere avvenuto con la costituzione di P.M.R. e P.M.G..

Tuttavia, con l’intervento adesivo dipendente, previsto dall’art. 105 c.p.c., comma 2, i poteri dell’intervenuto sono limitati all’espletamento di un’attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata, potendo egli sviluppare le proprie deduzioni ed eccezioni unicamente nell’ambito delle domande ed eccezioni proposte da detta parte. Ne consegue, ancora, che, in caso di acquiescenza alla sentenza della parte adiuvata, l’interventore adesivo dipendente non può proporre alcuna autonoma impugnazione, nè in via principale nè in via incidentale (Cass. Sez. U, 17/04/2012, n. 5992).

Rimane perciò insuperata l’affermazione che P.M.R. e P.M.G. avessero svolto, nel giudizio di impugnazione di deliberazione assembleare proposto da D.T.L., un intervento adesivo dipendente a favore del (OMISSIS)Piazza della Rinascita 13(OMISSIS), avendo fatto valere non un proprio autonomo diritto, quanto una posizione più attenuata costituita da un loro interesse a sostenere la validità della delibera, sotto il profilo del danno riflesso che le interventrici avrebbero subito in dipendenza della soccombenza della parte adiuvata.

Stante, dunque, l’acquiescenza del Condominio, parte adiuvata, e non essendo stata formulata alcuna censura specificamente inerente alla qualificazione dell’intervento, le interventrici adesive dipendenti non avevano autonoma legittimazione ad appellare la sentenza di primo grado, come anche affermato dalla Corte di L’Aquila.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna in solido delle ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo. Non occorre provvedere al riguardo per gli altri intimati, i quali non hanno svolto attività difensive.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido le ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 11 giugno 2020.

Depositato in cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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