Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1634 del 23/01/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 1634 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: BOGHETICH ELENA

SENTENZA
sul ricorso 28257-2015 proposto da:
GEMMO S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato
FEDERICO HERNANDEZ, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GIOVANNI TRETTI, giusta
2017

delega in atti;
– ricorrente –

3498
contro

BESLIC NEDILJKO, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

Data pubblicazione: 23/01/2018

rappresentato e difeso dallAvvocato FRANCO FOCARETA,
giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

AVIVA ITALIA S.P.A., UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A.;

avverso la sentenza non definitiva n. 203/2015 della
CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 23/05/2015
R.G.N. 1025/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/09/2017 dal Consigliere Dott. ELENA
BOGHETICH;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato HERNANDEZ FEDERICO;
udito l’Avvocato ROSSI MARCO per delega verbale
Avvocato FOCARETA FRANCO.

– intimati –

n. 28257/2015 R.G.

FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata il 23.5.2015, la Corte d’appello di Venezia, in parziale
riforma della pronuncia del Tribunale di Vicenza, ha dichiarato la illegittimità del
licenziamento intimato, il 30.4.2008, a Nediljko Beslic per superamento del periodo di
comporto dalla società Gemmo s.p.a., con conseguente condanna alla reintegrazione
nel posto di lavoro ex art. 18 legge n. 300 del 1970 (nel testo antecedente la novella

danno per demansionamento e di pagamento dell’indennità di trasferta, nonché la
domanda del datore di lavoro di obblighi di manleva delle società Unipolsai
Assicurazioni s.p.a. e Aviva Italia s.p.a.
2. Il giudice d’appello ha, per quel che interessa, ritenuto che non erano stati raccolti
elementi probatori sufficienti a provare l’assenza del lavoratore, a causa di malattia, in
tutti i periodi considerati nella lettera di licenziamento a fronte della produzione, da
parte del datore di lavoro, delle sole buste paga (e non dei certificati medici).
3. La Gemmo s.p.a. ricorre per la cassazione di questa sentenza con tre motivi (il
primo articolato in più punti), illustrati da memoria. Il lavoratore resiste con
controricorso. Le società Unipolsai Assicurazioni s.p.a. e Aviva Italia s.p.a. sono
rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt.
2110 cod.civ., 14 e 19 della disciplina speciale, parte I, del c.c.n.l. settore
Metalmeccanico, 115 e 116 cod.proc.civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3,
cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, ritenuto di addossare al datore di lavoro
non solo la prova del superamento, da parte del lavoratore, del periodo di
conservazione del posto di lavoro previsto dal c.c.n.l. ma anche la ragione
dell’assenza. In particolare, con riferimento al periodo 8-19.8.2007, la Corte
distrettuale ha ritenuto giustificata l’assenza del lavoratore sul posto di lavoro a titolo
di ferie (e non di malattia) nonostante sussistessero evidenze istruttorie di segno
contrario (istanza generica di fruizione di ferie, assenza di espressa autorizzazione,
prospetto paga consegnato al lavoratore con indicazione del periodo di malattia e
dell’erogazione della relativa indennità, mancata contestazione dei singoli periodi di
malattia riportati nella lettera di motivazione del licenziamento).

legislativa n. 92 del 2012), respingendo la domanda del lavoratore di risarcimento del

n. 28257/2015 R.G.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo(in
relazione all’art. 360, primo comma, n.5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale,
trascurato, per qualificare l’assenza del periodo 8-19.8.2007 quale ferie, l’assenza di
qualsivoglia autorizzazione aziendale alla fruizione delle ferie.
3.

Con il terzo motivo il ricorrente denunzia nullità della sentenza per “totale

contraddittorietà e/o apparenza di motivazione o motivazione manifestamente illogica
avendo, la Corte

territoriale, omesso qualsivoglia motivazione circa la qualificazione del periodo 819.8.2007 quale ferie ovvero quale malattia, nonostante tale. Fosse stato controverso
tra le parti sin dal primo grado.
4.

I motivi di ricorso, che essendo strettamente connessi possono affrontarsi

congiuntamente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
In particolare, si deve ribadire, il consolidato orientamento di legittimità, per il quale
il licenziamento per superamento del periodo di comporto è assimilabile non già ad un
licenziamento disciplinare ma ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
così che “solo impropriamente, riguardo ad esso, si può parlare di contestazione delle
assenze, non essendo necessaria la completa e minuta descrizione delle circostanze di
fatto relative alla causale e trattandosi di eventi, l’assenza per malattia, di cui il
lavoratore ha conoscenza diretta. Ne consegue che il datore di lavoro non deve
indicare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più
complessive, idonee ad evidenziare un superamento del periodo di comporto in
relazione alla disciplina contrattuale applicabile, come l’indicazione del numero totale
delle assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo restando l’onere,
nell’eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi
del potere esercitato”: Cass. n. 11092/2005; in senso conforme Cass. n. 284/2017;
Cass. n. 23312/2010; Cass. n. 23920/2010.
Il licenziamento per superamento del periodo di comporto configura una causa di
impossibilità della prestazione lavorativa, di carattere temporaneo e implicante la
totale impossibilità della prestazione, che determina ai sensi dell’art. 2110 cod.civ., la
legittimità del licenziamento quando ha causato l’astensione dal lavoro per un tempo
superiore al periodo di comporto: discende dall’art. 5 della legge n. 604 del 1966
l’onere di provare, a carico del datore di lavoro, il requisito costitutivo dell’esercizio del
potere espulsivo ossia il superamento, da parte del lavoratore, di un numero di

e5-

2

(in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, cod.proc.civ.)”

n. 28257/2015 R.G.

assenze per malattia indicate – come nel caso di specie – dalla contrattazione di
settore quale limite massimo alla conservazione del rapporto di lavoro.
La Corte distrettuale ha, dunque, correttamente gravato il datore di lavoro della prova
della riconducibilità a malattie di tutte le assenze indicate nella lettera di
licenziamento, compreso il periodo 8-19.8.2007.
I motivi si presentano, altresì, inammissibili in quanto va precisato che il giudice del

dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, e di dare liberamente prevalenza
all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla
legge (ex plurimis Cass. SS.UU. 5802/1998 e 2418/2013, Cass. 1892/2002,
15355/2004, 1014/2006, 18119/2008, del 1998). Sicchè la violazione degli artt. 115
e 116 c.p.c., è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 360
c.p.c., comma 1, n. 5, e nei ristretti limiti oggi consentiti dalle modifiche apportate dal
D.L. 22 giungo 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modd. in L. 7 agosto 2012,
n. 134, applicabile “ratione temporis”

posto che la sentenza impugnata è stata

pubblicata dopo 1’11.9.2012 (Cass. 10075/2013, 15107/2013, 21234/2012; Ord.
6448/2017) e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal
riesame del merito della causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 14267/
2006; 2707/2004). Riesame che, in realtà, è sotteso alle doglianze che addebitano
alla sentenza impugnata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., posto che la
ricorrente ha denunciato l’incoerenza valutativa delle risultanze istruttorie deducendo
che la Corte territoriale avrebbe trascurato la mancanza di espressa autorizzazione
alla fruizione di un periodo di ferie che a suo dire confermerebbe che il lavoratore era
assente per malattia.
Nessuna omissione o contraddizione – nei termini precisati dalle Sezioni Unite n.
8053/2014 di tutela del minimo costituzional-f -, può ravvisarsi nella sentenza
impugnata che, richiamato il criterio di riparto dell’onere della prova nelle ipotesi di
licenziamento per superamento del periodo di comporto (così come affermato, in via
consolidata, da questa Corte), ha ritenuto che “la sola busta paga, documento di
provenienza datoriale, non è sufficiente, non potendosi fare derivare dalla mera
ricezione del prospetto alcun significato concludente circa l’accettazione dei titoli quindi, anche l’indennità di malattia – che determinano la sua liquidazione”.

3

merito è libero di scegliere le risultanze istruttorie ritenute maggiormente idonee a

n. 28257/2015 R.G.

5. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate in applicazione
del criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
6. Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in
vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma
17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il
comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è

proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis.
Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo
precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.
Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da
rigettarsi, deve provvedersi in conformità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese di lite a favore del
controricorrente, liquidate in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi
professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, da distrarre a favore
del procuratore dichiaratosi antistatario avv. Franco Focareta.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 settembre 2017.

respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha

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